Export ortofrutta 2022, il record mascherato

Al trasformato che è cresciuto a due cifre si contrappone il fresco in profondo rosso

Export ortofrutta 2022, il record mascherato

A Berlino Coldiretti ha provato a lanciare un segnale di ottimismo al settore, non solo con la presenza del Presidente e del Segretario Generale, ma anche con l’annuncio della proiezione dell’export ortofrutticolo nazionale nel 2022 per la prima volta oltre i dieci miliardi di euro. Apprezziamo lo sforzo, perché ci evidenzia che, a partire dalla comunicazione, a palazzo Rospigliosi hanno davvero messo l’ortofrutta al centro dell’attenzione e devo riconoscere all’organizzazione anche la delicatezza nel non aver sottilizzato più di tanto che questo record avverrà con una crescita a due cifre dei prodotti trasformati e un calo di quelli freschi, mentre l’import – sempre del fresco – aumenterà a due cifre e si confermerà per il secondo anno consecutivo superiore alle esportazioni in termini quantitativi.

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Mentre i nostri trasformati si avviano nell'intorno dei 5 miliardi di euro di export come valore complessivo 2022, con una crescita dell'ordine del 20%, l’ortofrutta fresca nel cumulato ad ottobre (ultimo dato definitivo disponibile) segna un -3,1% a quantità e -2,6% a valore rispetto al 2021, a testimoniare che, oltre alla riduzione, non è nemmeno avvenuta una qualificazione tangibile del prodotto esportato, soprattutto se consideriamo che nel medesimo periodo i prezzi delle importazioni sono aumentati del 10%.

Perciò, il tentativo di dare una scossa al sistema ortofrutticolo nazionale raccolto nella kermesse di Fruit Logistica è lodevole ma, proprio sul terreno dei numeri, il nostro sistema mostra tutta la sua fragilità. Numeri davvero impietosi, per non dire imbarazzanti. L’agroalimentare italiano vola all’estero con un vero record di spedizioni, solo l’ortofrutta fresca non riesce a fare il salto di qualità e continua a perdere smalto, mentre il vino - con cui si contendeva il primato meno di dieci anni fa - si avvia ora a doppiarne i valori, malgrado le difficoltà non manchino soprattutto nei mercati maturi - come Stati Uniti, Germania e Regno Unito - e anche nel segmento retail.

Una debacle non spiegabile solo con il contesto in cui avviene, perché anche tutti gli altri comparti scontano le deficienze infrastrutturali del nostro Paese ma pare riescano comunque a superarle. Solo per l’ortofrutta sono uno scoglio insuperabile. Credo che, pur dovendo senza dubbio lavorare con forza al miglioramento del sistema paese come ha più volte ricordato Prandini, qualche riflessione interna vada fatta. La prima è che se non si riesce a trovare la quadra per fare un’operazione come quella di Madrid, almeno a Berlino si vada facendo sistema e sviluppando sinergie per darci maggiore visibilità e rilevanza. La seconda riguarda gli aspetti operativi, su cui vorrei fare solo un esempio emblematico. La disponibilità di manodopera è stata citata da tutti come “il problema”. Vorrei far notare che è sicuramente così ma lo è anche per gli altri settori economici, visto che dall’ultimo rapporto di Confartigianato risulta che mancherebbe il 57% della domanda di operai nel settore tessile, senza che questo, però, comprometta più di tanto i risultati del settore, visto che nel 2022 ha realizzato un balzo di quasi il 30% del fatturato, superando i risultati ottenuti prima della pandemia; dell’export, per pudore, non vi dico. Forse dovremmo imparare a superare il solito elenco di cosa non va nell'ortofrutta italiana e pensare a far funzionare quello che abbiamo, che non è poco. Non credete?