Agricoltura, il 25% dei lavoratori è irregolare

L’Osservatorio Placido Rizzotto: 230 mila addetti senza contratto

Agricoltura, il 25% dei lavoratori è irregolare

Dati preoccupanti quelli raccontati dal VI rapporto Agromafie e Caporalato dell'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil: un quarto dei lavoratori agricoli – secondo il sindacato – non ha un contratto regolare, questo vuol dire che in Italia ci sono 230mila addetti in nero. Lo sfruttamento e il lavoro irregolare in agricoltura non si arrestano, anzi si rivoluzionano e trovano nuova linfa. Quasi due quinti delle ore effettivamente lavorate annualmente dai dipendenti agricoli sono irregolari, pari a oltre 300 milioni di ore sul totale di 820 milioni, secondo il rapporto Flai Cgil.
"Si mostra un’ulteriore crescita rispetto alle 180 mila unità indicate nel rapporto precedente in base a una stima prudenziale", così analizza i numeri in crescita Jean Renè Bilongo, presidente dell'Osservatorio Placido Rizzoto.

Le percentuali salgono e i livelli di irregolarità si stanno conformando in tutta la Penisola: sino a qualche anno fa a portare la maglia nera erano le regioni agricole del Sud, ma nel 2021 anche gli areali del Centro-Nord hanno toccato picchi di irregolarità del 30%. Queste statistiche mettono in luce anche un’evoluzione del caporalato, che non si limita al reclutamento della manodopera e al controllo della stessa. La criminalità che alimenta il fenomeno ha creato una fitta ragnatela di appalti fittizi e di imprese costituite ad hoc per gestire in modo illecito i lavoratori: il risultato è un sistema con connotati schiavistici con a capo colletti bianchi senza scrupoli. Ad evidenziare l’evoluzione dello sfruttamento è Matteo Bellegoni, dell'Osservatorio Placido Rizzotto che parla di caporalato industriale.

“Ci induce anche ad aprire una luce sui nuovi meccanismi di sfruttamento che si dipanano lungo tutta la filiera di produzione, coinvolgendo l’intera filiera agricola - continua il rapporto - scopriamo pertanto che pezzi o interi settori di produzione vengono ‘delegati’ ai caporali, attraverso la creazione di cooperative spurie e l’apertura di finte partite Iva, strumenti attraverso i quali i caporali, a loro volta, ‘subappaltano’ pezzi di produzione, irrimediabilmente incardinata sullo sfruttamento e l’intermediazione illecita di manodopera. Appare pertanto chiaro che lo sfruttamento lavorativo e il caporalato viene perpetrato attraverso nuovi e più complessi meccanismi che vedono il coinvolgimento di attori qualificati ed in generale figure in grado di mascherare l’illegalità attraverso un gioco di scatole cinesi, che rende ancor più complicata la prevenzione, l’individuazione e la conseguente repressione del fenomeno”.

Dall’Osservatorio emergono casi di redditi personali e familiari che sono molto al di sotto dei valori medi, circa 300 mila lavoratori agricoli mostrano redditi bassissimi che si aggirano sugli 8000 euro annui. Sono stati analizzati dalla Cgil diversi areali produttivi da nord a sud ed emerge il profondo squilibrio tra il valore aggiunto prodotto dall’economia agricola territoriale e la compresenza di lavoro sfruttato. Il lavoro povero – come lo definisce l’Osservatorio – si crea perché avvengono delle proprie estorsioni ai danni dei lavoratori che sono costretti a stipulare accordi verbali, che insabbiano quanto scritto nei contratti di facciata, per pattuire illecitamente nuove dinamiche salariali e durata del monte ore.