Glifosate, la proroga decennale appesa a un filo

Tra i Paesi dell’Ue non si è raggiunta la maggioranza qualificata

Glifosate, la proroga decennale appesa a un filo

A settembre l’esecutivo Ue ha presentato agli Stati Membri la bozza di regolamento che prevede l’approvazione del rinnovo per l’utilizzo del Glifosate. Il 13 ottobre, i rappresentanti dei Paesi comunitari hanno avuto la possibilità di discutere la bozza di regolamento.

Risultato? non è stata raggiunta la maggioranza qualificata necessaria. Se, da una parte, 18 Stati membri su 27 hanno votato sì, dall’altra non si è raggiunta la rappresentatività necessaria in termini di popolazione (65%): Paesi come Austria, Lussemburgo e Croazia hanno votato contro l’approvazione mentre Bulgaria, Belgio, Germania, Malta, Paesi Bassi e Francia si sono astenuti.

A questo punto, l'esecutivo della Ue sottoporrà la proposta al comitato d’appello, che la esaminerà nuovamente il documento nella prima metà di novembre. Se, in questa fase, non ci sarà ancora una maggioranza qualificata, la Commissione avrà il compito di decidere da sola il futuro dell’erbicida, sulla base degli elementi a sua disposizione.

Gli agricoltori, sul tema, sono in apprensione perché hanno più volte ribadito di non avere un’alternativa valida per il diserbo.
“In Europa c'è una discussione serrato", ha affermato il ministro Lollobrigida all’Ansa. "Come esecutivo siamo contrari all'abrogazione del suo utilizzo perché il sistema potrebbe non reggere. Va proibito solo nella fase di essiccazione. Ci siamo affidati, come per le carni sintetiche, al ministero della Salute che condivide questo percorso e tenteremo di farlo valere in Europa, precisando che l'utilizzo deve essere compatibile con la salute dell'essere umano".

Uno studio di Areté - commissionato da Bayer - ha esaminato le implicazioni per gli agricoltori italiani in caso di bocciatura della proroga.
“Lo studio ha analizzato gli impatti che un eventuale mancato rinnovo dell’autorizzazione (ovvero, un ipotetico scenario “senza Glifosate”) avrebbe sugli agricoltori italiani. Nello scenario “senza Glifosate” si avrebbero consistenti riduzioni dei volumi di produzione su scala nazionale, specialmente per la soia (-18,2%), il riso (-17,7%), ed il frumento duro (-12,2%). Il passaggio a questo scenario sarebbe inoltre particolarmente penalizzante in termini di costi aggiuntivi di produzione per le stesse colture.

viceversa, l’analisi degli impatti ambientali derivanti dall’impiego di erbicidi contenenti Glifosate e, soprattutto, queli del passaggio allo scenario “senza Glifosate”, è molto complessa dal punto di vista scientifico. Per questo motivo, le implicazioni ambientali dell’ipotetica adozione su vasta scala di tecniche per il controllo delle erbe infestanti alternative all’erbicida (basate sull’impiego di altre sostanze chimiche e/o sull’intervento di macchine agricole) sono ancora di difficile ed incerta lettura. 

Occorre quindi estrema cautela per non sottovalutare l’impatto ambientale negativo, potenzialmente anche elevato, delle alternative oggi disponibili, e le possibili implicazioni ambientali positive associate all’impiego del Glifosate stesso rispetto a tali alternative. Infine, per quanto riguarda gli impatti sul sistema economico nazionale di un possibile divieto all’uso di Glifosate, va considerato che, se l’agricoltura rappresenta solo il 2,2% del PIL nazionale, l’intero sistema agroalimentare italiano (agricoltura, agroindustria, servizi legati al cibo) rappresenta più del 15% del PIL.

Date le diminuzioni delle rese per ettaro e, potenzialmente, delle superfici coltivate (a causa della minore redditività delle colture), nello scenario “senza Glifosate”, la conseguente diminuzione della produzione agricola nazionale avrebbe di fatto l’effetto finale di aumentare la dipendenza del settore agro-industriale italiano (ed europeo) dalle importazioni di prodotti agricoli da paesi non-UE. 

Questo rischio è lo snodo di cui tenre conto, tanto più alla luce della situazione degli anni recenti, caratterizzata da forti rialzi dei prezzi dei prodotti agricoli nel periodo post-Covid, a cui si sono aggiunte ulteriori tensioni sui mercati agricoli e dei prodotti energetici, seguite allo scoppio del conflitto russo-ucraino. Il rischio di un deterioramento ulteriore della sicurezza complessiva di approvvigionamento del sistema agro-industriale italiano (ed europeo) appare quindi concreto, e meritevole di grande attenzione.