Le cipolle costringono Erdogan al ballottaggio

L’inflazione galoppante su un simbolo della cucina turca base della strategia dell’opposizione

Le cipolle costringono Erdogan al ballottaggio

Dopo vent’anni di dominio incontrastato, Recep Tayyip Erdogan dovrà andare al ballottaggio nelle elezioni presidenziali in Turchia. Al primo turno, domenica scorsa, oltre 60 milioni di elettori gli anno tribuito solo poco più del 49% dei voti, per cui la coalizione dei sei partiti dell’opposizione, guidata da Kemal Kiliçdaroglu - “il Gandhi turco” - ora lo attende al ballottaggio a fine maggio. Fra i tanti elementi usati dagli avversari del “Sultano” nella campagna elettorale spicca l’inflazione che ha colpito i prodotti alimentari nell’ultimo anno. Le cipolle, che costavano 5 lire turche il kg, ora sono a 20 lire ma il prezzo può lievitare fino a 30. Altrettanto accade alle patate, due prodotti simbolo della cucina turca che stanno mettendo in croce le classi meno agiate, soprattutto se vivono in città, bacino dove l’opposizione sta cercando di fare breccia. È diventato virale il video in cui Kiliçdaroglu evidenzia gli effetti della politica di Erdogan stringendo una cipolla fra le dita. L’inflazione al 50%, seppur in riduzione dall'85% dell’anno precedente, spaventa i più, che non si accontentano dei grandi passi fatti nelle infrastrutture, nella difesa e nell’energia da Erdogan e lamentano, invece, che lo sviluppo dell’importazione sta facendo decollare i prezzi dei beni di prima necessità. Che dire, al di là del risultato, almeno stavolta l’ortofrutta sta diventando un affare di stato.