L'anello chiuso CO.N.I.P. è più sostenibile rispetto a ogni altra forma di riutilizzo

Uno studio del consorzio presentato a Macfrut con Prandini e De Meo

L'anello chiuso CO.N.I.P. è più sostenibile rispetto a ogni altra forma di riutilizzo

Il nuovo Regolamento Europeo sugli Imballaggi, appena approvato dal Parlamento Europeo (l’ok è arrivato a fine aprile, nell’ultima seduta prima della fine della legislatura), segnerà una rivoluzione per l’intero settore, fissando limiti e scadenze stringenti, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale.
Non sempre la stessa ricetta, però, garantisce i medesimi risultati virtuosi su tutti i fronti.
È il caso del comparto delle casse in plastica. Secondo il nuovo Regolamento, entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore, gli imballaggi per il trasporto o per la consegna dei prodotti nell’ambito di uno Stato membro dovranno essere riutilizzabili, salvo una deroga da parte dello Stato qualora l’Italia raggiunga il 55% di riciclo di tutti gli imballaggi in plastica.

Ma l’anello chiuso di riciclo gestito da CO.N.I.P. per le casse Usa e Recupera risulta essere meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di un loro riuso secondo i nuovi indirizzi.

È quanto emerge dallo studio comparativo condotto dalla società Valore Sostenibile ESG Consulting per CO.N.I.P., con l’intento di quantificare e valutare gli impatti ambientali relativi alla fase d’uso e di rigenerazione di una cassetta riutilizzabile rispetto all’impatto dell’intero ciclo di vita delle casse 100% riciclate dal Consorzio. Per analizzare i risultati dello studio e discutere di questi temi, CO.N.I.P. ha organizzato all’interno di Macfrut una tavola rotonda che si è svolta la settimana scorsa.
All’incontro sono intervenuti il Presidente CO.N.I.P. Domenico D'Aniello, il Direttore Generale CO.N.I.P. Fabiola Mosca, l’Ing. Massimo Lombardi di Valore Sostenibile ESG Consulting, l’eurodeputato on. Salvatore De Meo, il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini.

Pioniere dell’economia circolare CO.N.I.P. da oltre venticinque anni, è il primo Consorzio autonomo di produttori di casse di plastica, riconosciuto fin dal 1999 dal Ministero dell’Ambiente. È stato il primo sistema collettivo in Europa a produrre casse e pallet in materiale poliolefinico riciclabile e riciclato al 100% grazie all’adozione del sistema ad ‘anello chiuso’ che garantisce l’approvvigionamento, la ripresa, il recupero e l’avvio a riciclo delle casse del circuito consortile, ed è stato il primo anche a realizzare una propria rete di raccolta a livello nazionale, riuscendo così a eliminare i costi di logistica per gli operatori. Nel dettaglio, il percorso virtuoso disegnato da CO.N.I.P. prevede la raccolta delle casse e dei pallet dagli utilizzatori finali (grande distribuzione, mercati rionali, fruttivendoli, ecc.), il loro avvio al riciclo e l’utilizzo della materia prima seconda risultante per la produzione di nuove casse e nuovi pallet.
Solo nel 2023 in questo modo è stato recuperato ed avviato a riciclo il 75% delle casse immesse sul territorio nazionale.


Lo studio comparativo

Nello studio sono stati messi a confronto gli impatti del ciclo di vita delle casse Usa e Recupera a marchio CO.N.I.P., con gli impatti delle fasi d’uso e rigenerazione di casse in PP a pareti abbattibili. Per la determinazione degli impatti dei prodotti CO.N.I.P: si è fatto riferimento al LCA (Life Cycle assessment) 2023 alla relativa EPD di Settore S-P-09896 Cassette in PP riciclato “Usa e Recupera” 360g. Per le casse a pareti abbattibili, invece, è stata utilizzata la “Mappatura delle pratiche di riutilizzo degli imballaggi in Italia: valutazione LCA della pratica di riutilizzo delle cassette a sponde abbattibili per il settore ortofrutticolo”, realizzato dal Gruppo di ricerca AWARE del Politecnico di Milano.

Lo studio comparativo ha dimostrato come l’impatto GWP (climate change) della sola fase d’uso e rigenerazione delle casse a pareti abbattibili risulta maggiore dell’intero ciclo di vita delle casse a marchio CONIP (0,401kg CO2e). Nel dettaglio, risulta superiore del 32,9% per lo Scenario 1 (dati dello Studio Aware integrati in maniera conservativa per le fasi del ciclo di vita non considerate dallo Studio del Politecnico) e addirittura del 139,9% per lo Scenario 2 (dati studio Aware integrati con dati primari di azienda utilizzatrice delle casse che opera la rigenerazione). I risultati di impatto mostrano come questi dipendano principalmente dai trasporti, dai consumi energetici e dal reintegro delle casse disperse.

Secondo questi risultati il ciclo chiuso di riciclo gestito da CONIP per le casse Usa e Recupera risulta essere meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di loro riuso.
Accanto agli impatti ambientali, però, vanno considerati molti altri fattori che guidano i fruitori a scegliere un imballaggio piuttosto che un altro (ad es. la necessità di conservare nella giusta modalità un alimento per evitare spreco alimentare e rischi per la salute pubblica; la necessità di servire un mercato polverizzato dove non è possibile recuperare in maniera efficiente i contenitori per un eventuale rigenerazione e riuso).

Casse Usa e Recupera vs Casse riutilizzabili a pareti abbattibili: due mercati molto diversi

Confrontare gli impatti ambientali di packaging differenti per valutarne la sostenibilità, è condizione necessaria ma assolutamente insufficiente se nessuno dei materiali considerati può costituire una valida alternativa all’altro per caratteristiche richieste, sicurezza e mercati serviti.

Nel nostro caso, ad esempio, da tempo i produttori e gli utilizzatori di casse per ortofrutta già differenziano, a ragione, il tipo di casse utilizzate in funzione dei mercati serviti. Mentre le casse a pareti abbattibili vengono impiegate per servire clienti grandi e centralizzati (packers, Gdo), le casse Usa e Recupera hanno un mercato completamente diverso fatto di distributori e mercati generali che, a loro volta, distribuiscono il prodotto a dettaglianti, piccoli supermercati e a tutto il mondo ho.re.ca, senza considerare tutta l’ortofrutta che viene esportata in tali casse.

Sarebbe difficile sostituire le casse Usa e Recupera con quelle riutilizzabili in un mercato così capillare, dove si sovrappongono diverse figure e dove il loro ritiro per la rigenerazione diventerebbe alquanto improbabile con il rischio che vadano in gran parte disperse.
Infatti, il mercato delle casse a pareti abbattibili è contraddistinto da:
• bassi tassi di dispersione (circa 2% dell’immesso al consumo) grazie alla preponderanza del rapporto one to one con il cliente che favorisce una corretta logistica e gestione delle casse
• percorrenze elevate per raggiungere i clienti (soprattutto packers), che spesso sono lontani dalle aree di produzione ortofrutticola e spesso all’estero.
All’opposto, il mercato delle casse Usa e Recupera si caratterizza per:
• elevati tassi di dispersione (circa 25% dell’immesso al consumo)
• basse percorrenze.

In uno scenario così delineato dove, a causa della tipologia di clienti serviti, un alto tasso di dispersione della casse è fisiologico, immaginare l’ipotesi del loro riuso, anche al di là dei risultati di impatto ambientale definiti dallo studio, paradossalmente porterebbe a conseguenze poco ‘virtuose’.
Infatti, ad ogni ciclo di rigenerazione almeno il 25% delle casse immesse al consumo dovrebbe essere prodotto ex novo per ricostituire lo stock iniziale e, trattandosi di casse destinate al riuso, non sarebbero realizzate come le attuali Usa e Recupera ma sarebbero molto più pesanti e impiegherebbero plastiche vergini, con un conseguente aumento dell’impatto ambientale complessivo, di certo assai meno sostenibile rispetto al ciclo attuale di riciclo gestito da CO.N.I.P.

La tavola rotonda

Come ricordato dal presidente D’Aniello e dalla direttrice Mosca, l’attività di CO.N.I.P. è orientata al riciclo degli imballaggi, l’adozione del sistema “ad anello chiuso”. Il problema rilevato dai vertici CO.N.I.P. è che, almeno nelle prime fase, il Regolamento Europeo appena approvato si basava solo sul riuso, escludendo quasi del tutto l’attività di riciclo dei materiali, che pure da decenni è stata intrapresa anche con l’incoraggiamento della stessa Unione Europea.

Una posizione per fortuna in parte rientrata nel corso dei vari passaggi di confronto sul Regolamento Europeo, e il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha sottolineato l’importanza di questo risultato, ottenuto grazie al dialogo continuo con gli europarlamentari anche di altri Paesi per il miglioramento complessivo delle nuove direttive. 
“Siamo riusciti a ottenere buoni risultati – ha dichiarato Prandini – ma sarà indispensabile riprendere il confronto sul Regolamento con la prossima Commissione Europea, concentrandoci in particolare proprio sull’ortofrutta”.

Anche l’onorevole De Meo, che ha seguito da vicino l’iter della normativa come membro della Commissione Agricoltura, ha rimarcato la rigidità delle regole iniziali e il chiaro approccio antiplastica. 
L’Italia è riuscita a fare sistema e a mitigare queste posizioni, arrivando a una mediazione che ha portato alla concessione di deroghe per i singoli Stati. Ma sul tappeto rimangono ancora possibili criticità, come il rischio i frammentazione del mercato interno UE
“Per questo – ha concluso l’onorevole - nella prossima legislatura dovremo tornare su questi temi”.(gc)

Fonte: Ufficio Stampa CO.N.I.P.