Attualità
Carciofi, 7 kg per comprare un caffè
Quotazioni in discesa fino al 70%
Non è un buon momento per coltivare carciofi. Chi lo fa vede aumentare tutto: energia, materie prime, carburante. Tutto tranne il prezzo pagato per il suo prodotto, che anziché crescere, crolla. Meno 70%, circa 0,15 euro a capolino, un importo che non copre neppure i costi di imballaggio e il trasferimento delle produzioni nei mercati. Significa più o meno che per poter prendere un caffè al bar è necessario vendere 7 chilogrammi di carciofi.
A denunciare il continuo ribasso dei prezzi sono Cia Cagliari Sud Sardegna e Coldiretti Puglia. "Nonostante l'inflazione galoppante, con le difficoltà economiche e di mercato che stanno affrontando gli agricoltori, con i costi di produzione fuori controllo, con una minore disponibilità di carciofi determinata dalla riduzione delle superfici coltivate, il prezzo riconosciuto ai produttori per i loro prodotti continua a calare, generando una situazione ormai insostenibile" ha sottolineato l'organizzazione degli agricoltori sardi.
Le piante prodotte nel Medio Campidano e nel Sud Sardegna sono in gran parte destinate ai mercati laziali e del Nord Italia con le qualità violetto, thema e romanesco. Prodotti di elevata qualità che oggi non generano reddito. “È una situazione inaccettabile, indebolita anche dalla crisi complessiva dell'economia sarda - ha proseguito Cia Cagliari - e dalla preoccupazione per la situazione meteorologica: dopo il caldo eccessivo dell'ultimo periodo, si rischia un periodo di gelate che produrrebbero danni irreparabili alle produzioni”.
In Puglia, per i produttori di carciofi, la situazione non è migliore. "È inaccettabile il crollo dei prezzi di oltre il 70% per il carciofo violetto di Brindisi, il francesino, un prodotto pregiato che oggi vede le quotazioni a picco sino a 0,18 euro, anche per la concorrenza spietata delle importazioni selvagge dall'estero di prodotto di dubbia qualità da Tunisia ed Egitto", ha sottolineato il presidente di Coldiretti Brindisi, Filippo De Miccolis Angelini.
“Il prodotto di pregio, già all'inizio di gennaio, sta finendo all'industria di trasformazione se no verrebbe buttato. Ripeto: è una situazione inaccettabile in uno scenario di crisi che andrebbe affrontata con maggiore serietà senza speculare sugli anelli più deboli della filiera, gli agricoltori e i consumatori”.
Fonte: Italia Oggi