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Uva: le varietà tradizionali non mollano la presa
Spazi e numeriche sono a loro favore, salvo eccezioni. Il confezionato guadagna quota
Nel passaggio tra settembre a ottobre, l'uva da tavola rappresenta senza dubbio uno dei prodotti chiave nei supermercati. Questi due mesi, da soli, contribuiscono a oltre la metà delle vendite annuali della categoria, raggiungendo picchi di incidenza nel reparto del 8-9% in termini di valore.
Per capire meglio le scelte assortimentali delle insegne in questo periodo di alta stagionalità, abbiamo visitato cinque supermercati di grandi dimensioni nella piazza di Parma.
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Come variabili guida per valutare gli assortimenti abbiamo considerato quattro macro elementi che creano segmentazione nella categoria dell’uva da tavola, ovvero:
1. Il numero delle referenze complessive, che in genere sono proporzionate allo spazio dedicato,
2. Il rapporto tra sfuso e confezionato, con attenzione a come è declinato nella sequenza espositiva,
3. Il numero di colori e la presenza o meno dei semi, ultime due variabili come evidenza per il cliente, poiché è necessario leggere la descrizione sulla confezione o sul cartellino prezzi.
Le numeriche complessive rilevate sono abbastanza ampie e pari a 13 referenze nel negozio più grande (Ipercoop) e tra le 9 e le 11 negli altri. In generale, lo spazio dedicato ci è sembrato di rilievo rispetto alla superficie del reparto, nel caso di Pam forse sovradimensionato (quasi 8,5 mq di superficie di vendita su circa 200 mq di superficie di reparto), considerata la numerica, ma è un po' la prassi per categorie importanti e in piena stagione, come l’uva da tavola nel periodo considerato. Ci sono anche casi di negozi con spazi in assoluto decisamente più limitati (Conad e Lidl), ma questo dipende più che altro dalla superficie complessiva di vendita del negozio e del reparto.
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Tuttavia, se si considera l’incidenza media delle vendite di uva sul reparto nel periodo (8-9%) e il gettato che la categoria mediamente porta a fare (anche in intorno al 15-17%), la sovra esposizione rischia di inficiare le rotazioni e incidere ulteriormente sullo sfrido. Per esempio, se guadiamo le mele, che hanno un’incidenza sulle vendite del reparto simile all’uva tra settembre e ottobre, il gettato ha una dimensione molto più ridotta (3-5%) e questo aiuta a consolidare gli spazi.
A livello di modalità di vendita, si nota un certo predominio del prodotto confezionato, se si considera la numerica, che arriva intorno al 70-80% nella maggior parte dei casi. In termini di spazio dedicato, in alcuni negozi (Pam ma, soprattutto, Lidl), la quota dello sfuso sale rispetto alle numeriche e anche in modo sensibile, ma questo dipende dalla volontà di enfatizzare questa modalità di vendita che, per il cliente italiano, attira nell’acquisto d’impulso.
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Passiamo ora ad analizzare la tipologia, identificata con il colore delle uve. Come da tradizione, le varietà bianche la fanno da padrone, coprendo ben oltre la metà dell’assortimento, con casi che eguagliano o superano il 70%. In questo periodo, però, l’ingresso di uve con vendite consolidate legate alla tradizione, principalmente con semi, moltiplicano le prestazioni offerte e gli spazi dedicati. In alcune insegne era proposta l’uva bianca Italia sia di produzione siciliana IGP che pugliese, diversificate tra di loro oltre che dal pack, anche da prezzi diversi.
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Chiudiamo con l’analisi a nostro avviso più interessante, perché legata alla caratteristica che, negli ultimi anni, sta offrendo alla categoria uva una connotazione di prodotto snack, ovvero la presenza o meno dei semi.
Inutile sottolineare come la presenza dei semi sia un elemento che riduce la praticità, particolarmente sentito dalle nuove generazioni, tanto che tutta l’innovazione nella categoria si concentra sulle varietà apirene.
Tuttavia, le uve apirene non hanno ancora superato quelle con i semi, con una quota di assortimento superiore solamente nell’unico retailer internazionale, ovvero Lidl (60%). Negli altri casi si arriva da un massimo del 50% a un minimo del 22%. Elemento di disturbo nella valutazione è però il piano promozionale che, nel giorno della rilevazione prevedeva promozioni specifiche su referenze con semi su alcuni operatori e può aver influito sull’equilibrio delle due tipologie di varietà.
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Inoltre, poiché le varietà senza semi sono sempre confezionate (modalità di vendita generalmente sotto esposta a livello di spazi), in due negozi la quota dello spazio dedicato è risultata inferiore rispetto a quella delle numeriche, in ragione di una gestione più massificata per il prodotto sfuso.
A onore del vero, ci saremmo aspettati un ruolo più importante per le varietà senza semi, quantomeno in termini di numerica, vista tutta l’attenzione che c’è per le innovazioni; infatti, le varietà classiche coi semi dominano ancora la scena soprattutto, in termini di spazi espostivi.
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Sul tema prezzi, abbiamo notato l'assenza di un prodotto da primo prezzo tra le uve tradizionali, che viene proposto solo con promozioni spot su cartoni con acquisti minimi di 2,5/3 kg. Questa mancanza si fa sentire anche nel segmento delle uve seedless, nonostante la domanda crescente. È fondamentale mantenere un’alta qualità organolettica, ma è altrettanto importante considerare la segmentazione e le fasce di prezzo, dato che l’assortimento rimane disponibile per oltre 6 mesi.
Hanno collaborato Alfonso Bendi e Fabrizio Pattuelli