Think Fresh 2025: meglio il ‘sentito dire’ o la conoscenza?

L’ortofrutta vive questo dramma esistenziale da prima che si parlasse di fake news

Think Fresh 2025: meglio il ‘sentito dire’ o la conoscenza?

Verosimile o vero? Tante volte l’apparenza inganna e se non si approfondisce con metodo si rischia di prendere fischi per fiaschi. Il mondo dell’ortofrutta, tradizionalista da sempre, spesso accantona opportunità straordinarie sull’altare del ‘finora si è fatto sempre così’, per cui tutto ciò che si discosta dal main stream è sbagliato. Pensate alla marca: ho passato una vita professionale a ripetere nella quasi totale indifferenza che Melinda e Chiquita non erano eccezioni che confermano la regola che in ortofrutta non si può fare branding, ma progetti di marca ben costruiti e, per questo, di successo. Poi, però, sono arrivate Selenella, Perla Nera e, ora, anche Orsero e Ruggiero (perdonate il gioco di parole), solo per citare gli esempi più emblematici, e la tv pullula di spot dedicati a tante marche di frutta e verdura, alcune ancora in embrione, che provano a seguire la scia, che non è solo di notorietà ma anche di redditività. Quanto tempo si è perso? Quanto valore si è lasciato sul campo, partendo dalle fake news che in ortofrutta la marca non funziona e che la pubblicità televisiva non serve? Sarebbe bastato conoscere che per fare marca, in qualunque campo, è necessario:

  1. interpretare le esigenze dei consumatori (non le necessità di chi produce),
  2. fornire qualità costante in linea con le loro esigenze in modo distintivo e percepibile,
  3. mantenere le promesse fatte con perseveranza,
  4. avere un pizzico di creatività (che però non fa la differenza se mancano le altre componenti)

Se queste esigenze vengono soddisfatte si può fare marca, anche in ortofrutta, anche dei produttori, tenendo testa alla Gdo. Oramai è acclarato, su una scala che non può più essere confusa con l’eccezione. Dove la marca in ortofrutta non funziona è perché mancano i presupposti: è dunque un problema di conoscenza non di settore.

 

Anche nel comunicare la nostra frutticoltura abbiamo peccato in conoscenza, l’abbiamo chiamata ‘intensiva’ e non ‘specializzata’, confondendo efficienza con efficacia, e così ci siamo così convinti (convincendo anche l’opinione pubblica) che con il nostro operare si riducesse la biodiversità a causa dell’impiego della chimica nei frutteti. Impieghiamo sostanze chimiche per contenere malattie e parassiti; queste, per quanto selettive, uccidono anche organismi “buoni”; è un effetto collaterale che si può limitare ma non eliminare. L’impatto, però, è di gran lunga minore della biodiversità generata dalla disponibilità di ‘cibo’ che genera un frutteto per animali e piante. Lo abbiamo scoperto poco tempo fa nei meleti delle valli alpine che possiedono una maggior biodiversità dei corrispondenti pascoli presenti nel territorio, proprio perché questi ultimi sono molto meno ricchi di ‘cibo’. Avremmo potuto arrivarci prima, bastava pensare che il primo esempio noto di economia circolare - dove si è alzato il livello di biodiversità - si realizzò nel 1997 nella foresta del Guanacaste in Costa Rica, proprio portando bucce di arance (nutrimento) in tre ettari disboscati della foresta primaria. Queste, la trasformarono in un’area lussureggiane e con nuove specie, prima sconosciute, in meno di un ventennio.

Ancora una volta, la mancanza di conoscenza, ci ha fatto dubitare a lungo della bontà del nostro lavoro, permettendo che le vigne a filare allevate in Chianti divenissero patrimonio dell’umanità e i frutteti in parete delle valli alpine, invece, uno scempio della natura. Una differenza non da poco per due coltivazioni realizzate con tecniche analoghe.

A Think Fresh 2025 approfondiremo quanto la conoscenza (knowledge) possa migliorare i risultati dell'ortofrutticoltura, dagli aspetti tecnici – TEA e tecnologie post raccolta in testa – fino al rapporto con il consumatore, capendo ciò che per lui è rilevante e ciò che non fa la differenza. Su questo ultimo aspetto mi permetto una piccola anticipazione: per un tarocco è più importante che sia con buccia edibile o che la polpa sia rossa e non bionda striata? Stando a quanto si vede nei supermercati la risposta non è così scontata. Vi aspettiamo a Think Fresh, il 5 Maggio al Grand Hotel di Rimini, per svelarvi l’arcano. Non mancate.

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