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Salvi: “Ci piace la nuova EU VISION ma attendiamo la prova dei fatti”
Green Deal e Climate Change al centro della 76esima assemblea di Fruitimprese con tutto l'arco istituzionale

Nella 76esima assemblea annuale di Fruitimprese, il Presidente Marco Salvi ha voluto portare al dibattito l’intero arco istituzionale, dal ministro Lollobrigida al commissario europeo Fitto, passando per il ministero della salute, con il suo direttore generale al dipartimento igiene e salute, al fine di esaminare in profondità le criticità del settore, messo a confronto con il presidente di Agrofarma.
Nella sua relazione introduttiva, Salvi ha sottolineato il record raggiunto dalle esportazioni italiane di ortofrutta fresca ma ha anche tracciato un quadro delle criticità del settore ortofrutticolo tra guerre, tensioni internazionali, nuovo corso della Commissione Europea e alcuni problemi ormai atavici di questo comparto, in primo luogo quello della progressiva riduzione delle sostanze a disposizione per contrastare i danni provocati dal cambiamento climatico e dall’attacco dei parassiti.
L’anno 2024 ha segnato un nuovo record per le esportazioni italiane di ortofrutta fresca che superano per la prima volta i 6 miliardi di euro di valore (6,056 mld di euro per la precisione) con un incremento del 5.3% rispetto al 2023, risultato confermato anche dai dati in volume con un export di 3.751.017 tonnellate (+9% rispetto all’anno precedente).

Si tratta di dati importanti che testimoniano di un settore in buona salute che continua a creare occupazione e produrre valore aggiunto, nonostante una situazione internazionale molto complicata; se infatti le manovre protezionistiche di Trump non incideranno in modo decisivo sul nostro export (per il prodotto fresco le nostre esportazioni valgono circa 42 mln di euro di kiwi), il conflitto in Medio Oriente e gli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso stanno minando pesantemente le nostre spedizioni verso l’India e il Sud Est Asiatico di mele e kiwi, prodotti che mal si prestano a soluzioni alternative troppo lunghe e costose, come la circumnavigazione dell’Africa o il trasporto misto mare-terra.
Come si accennava nel titolo, per quanto riguarda la politica europea, Salvi, riprendendo due frasi dalla “Vision”, il documento che rappresenta il punto di vista della Commissione UE per il settore agricolo e alimentare (“La Commissione valuterà con attenzione ogni ulteriore divieto di pesticidi se non saranno disponibili alternative in tempi e costi ragionevoli”; ai pesticidi dannosi vietati nella UE non dovrebbe essere consentito di rientrarvi con le importazioni”), sottolinea che “queste sono le prime frasi di buon senso ed a favore dell’agricoltura europea che abbiamo sentito da un po’ di tempo”.
“Solamente il domani ci dirà se anche queste parole, come i principi enunciati nella strategia Farm to Fork, di cui stavamo per vedere applicati solamente quelli di matrice ideologica, si concretizzeranno o meno in fatti concreti; ma, mentre si compiono importanti passi avanti per le TEA, le premesse perché questa estate gli agricoltori europei possano restare a coltivare i propri campi, anziché fare una trasferta non programmata a Bruxelles ci sono tutte”.
Salvi ha sottolineato che, senza dubbio, il cambiamento climatico e le politiche in tema di difesa ambientale segneranno il futuro del nostro settore, sia nell’immediato che a lungo termine. “L’approccio della precedente legislatura europea all’argomento si è dimostrato senza dubbio fallimentare, Il taglio lineare proposto all’uso degli agrofarmaci, dapprima imposto e poi frettolosamente ritirato, sotto le pressioni di chi di agricoltura vive ogni giorno, ha lasciato un foglio bianco che dobbiamo scrivere tutti assieme. La difesa della salute delle persone e le politiche di contrasto all’inquinamento devono essere i pilastri su cui costruire la politica economica e quella agricola in particolare, ma non a tutti i costi, bisogna tenere in considerazione tutte e tre le declinazioni della sostenibilità, che oltre che ambientale deve essere economica e sociale”.

“Da alcuni anni si è deciso di mettere sul banco degli imputati quelli che noi preferiamo chiamare agrofarmaci anziché pesticidi, perché, analogamente all’azione dei farmaci per l’uomo, servono alle piante per combattere e prevenire le fitopatie e l’attacco degli insetti. Da questo punto di vista posso affermare senza tema di smentita – dice Salvi - che nessun agricoltore ha piacere ad usare gli agrofarmaci, ne farebbe sicuramente a meno, se non altro per una motivazione economica. La strategia Farm To Fork aveva individuato nel ricorso al biologico la soluzione del problema; premesso che, come Fruitimprese, non abbiamo nulla contro questo metodo di coltivazione, anzi molti di noi lo utilizzano come punto di forza della propria gamma di prodotti, i fatti stanno dimostrando che di solo bio non si può vivere, per una questione di rese e di terreni idonei disponibili”.
Continua Salvi: “Noi italiani siamo i pionieri della lotta integrata e non siamo mai stati per l’uso indiscriminato degli agrofarmaci, lo dimostrano ogni anno i dati dell’EFSA: nel nostro Paese il 99,5% dei prodotti risultano a norma, con il 65,6% che non presenta residui rilevabili. Insomma, la carta di identità dei produttori italiani è chiara, come deve essere chiaro che questo comparto per continuare ad esistere ha bisogno di imprenditori che investano in nuovi impianti e nuove varietà. In economia non esiste un settore dove le regole del gioco cambiano così rapidamente come quello agricolo, non possiamo chiedere di investire in impianti che ci mettono mediamente 3-5 anni ad andare in produzione quando non sappiamo su quali molecole potremo fare affidamento”.
“La parola d’ordine delle politiche europee in questo ambito deve essere reciprocità”, ha proseguito Salvi “sia nei confronti dei prodotti di importazione, a cui, in caso di messa al bando degli agrofarmaci vengono concessi due anni di tempo per adeguarsi, sia per quanto riguarda le autorizzazioni in deroga. Se un prodotto è autorizzato e utilizzato in uno Stato Membro, lo deve essere automaticamente anche in quelli in cui si pratica la stessa coltivazione”.
“Il futuro del nostro settore è molto incerto, quello che sta succedendo nel comparto pere, un tempo nostro fiore all’occhiello, potrebbe accadere anche per altri prodotti, è tempo di mettere mano con serietà e responsabilità al dossier agrofarmaci”. “Dobbiamo evitare una delocalizzazione della nostra produzione ortofrutticola, verso paesi come la Grecia, dove gli italiani stanno già investendo nella coltivazione del kiwi con l’acquisto di aziende agricole o joint venture con imprese locali e dove la manodopera costa una frazione di quanto viene pagata in Italia, per non parlare del Nord-Africa, con gli agrumi, i pomodori e le fragole marocchine che si presentano sul mercato nel bel mezzo delle nostre campagne”.
Il Presidente di Fruitimprese ha posto poi l’attenzione su alcune problematiche che da anni interessano il settore: in primo luogo quella dei consumi, che, seppur sostanzialmente stabili nel 2024, non riescono a recuperare i 15 punti percentuali perduti negli ultimi 5 anni. Qui, accanto alla importante iniziativa per il sostegno del consumo della frutta a guscio organizzata da ISMEA assieme alla nazionale di rugby, ne serve una istituzionale che riporti frutta e verdura sulle tavole delle famiglie, perché, ricorda Salvi, ogni euro speso in cibo spazzatura, ne costa due per il sistema sanitario nazionale.
Parlando di logistica e imballaggi, Marco Salvi, ha sottolineato la delusione per la definitiva approvazione del regolamento sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, conosciuto come PPWR che, salvo deroghe, vieta l’uso di imballaggi in plastica al di sotto del chilo e mezzo per l’ortofrutta. Il testo della nuova norma non solo penalizza inspiegabilmente un settore che rappresenta solamente l’1,5% dell’imballaggio in plastica utilizzato nel settore agroalimentare, ma promette di diventare, se non vi si pone rimedio, una barriera interna al commercio tra i paesi dell’Unione Europea. Se infatti ogni Stato stabilirà deroghe diverse al divieto per la plastica, saremo costretti a cambiare tipologia di imballo in base al paese di destinazione.
Il Presidente di Fruitimprese ha concluso il suo intervento parlando della crisi della manodopera. “L’agricoltura italiana, che per tanti anni ha potuto contare sulla manodopera specializzata nazionale o proveniente dall’Est, sta perdendo progressivamente e inesorabilmente personale, i fattori sono molteplici, sicuramente non siamo un settore con un grande appeal tra i giovani, inoltre le maestranze rumene, bulgare e polacche ora preferiscono i paesi del Nord Europa dove la tassazione è più chiara e immediata. Tante aziende si sono rivolte ai lavoratori provenienti dall’Africa, a cui stiamo insegnando il mestiere tra mille difficoltà linguistiche e religiose, ma anche culturali e di rispetto del prodotto, tanto che non è raro sentire di aziende che rinunciano a certe pratiche agronomiche per la mancanza di personale in grado di portarle a termine nel modo corretto. Probabilmente bisogna affrontare la questione abbandonando i soliti steccati che dividono datori di lavoro e sindacati”.
Una cosa è certa – conclude Salvi – “il problema va affrontato, ne va del futuro di uno dei settori a più alta concentrazione di fattore umano”.

Dopo Salvi è intervenuto il Ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida che ha approfondito punto per punto le criticità evidenziate dal presidente di Fruitimprese, ribadendo l’impegno del governo di ”dare agli agricoltori voglia di tornare a produrre in Italia” e sottolineando che “nessuno dei governi precedenti aveva mai investito tanto in agricoltura e agroindustria in un così breve lasso di tempo”. Rilevante è anche l’incremento di importanza nella politica internazionale: “a Bruxelles siamo passati dall’ottavo all’undicesimo piano con l'On. Fitto, sopra c’è solo il Presidente della Commissione”.

Da parte sua, proprio Raffaele Fitto, vicepresidente della Commissione, in un videomessaggio fatto pervenire, ha evidenziato il distacco della nuova politica europea in materia di agricoltura dal vecchio Green Deal, basata ora su 4 punti cardine: attrattività e stabilità, competizione e resilienza, simbiosi con la natura, legame fra cibo e consumatori, “poiché gli agricoltori sono parte della risoluzione della crisi ambientale e non la causa”.

Approccio ribadito anche dall’on. Salvatore De Meo, parlamentare europeo, che ha però invitato a “tenere alta la guardia sul cambio di strategia dell’Unione su cui c’è ancora qualche perplessità e che dovrà essere verificata a partire dall’OCM ortofrutta che è uno dei temi caldi del momento”. De Meo ha portato anche all'attenzione della platea il tema delle risorse idriche, evidenziando che necessità di maggiore attenzione e, sopratutto, dello sviluppo di modelli sostenibili da finanziare e implementare.

È stata poi la volta del Dott. Ugo Della Marta, direttore generale del dipartimento di igiene e sicurezza alimentare del ministero della salute, che ha rivendicato la scelta nazionale di attribuire la competenza anche sui fitofarmaci al suo ministero, evidenziando però la necessità di collaborazione con quello dell’agricoltura come è avvenuto nel recente rinnovo del captano, dove – inizialmente – la proposta era di limitare l’uso alle sole colture protette, mentre poi – grazie al gioco di squadra fra istituzione e rappresentanze delle imprese – si è potuto rinnovarlo anche per il pieno campo vista la sua rilevanza nel comparto delle mele. “il vero problema è che gli alti costi di registrazione e rinnovo tendono a far desistere le imprese se l’importanza delle molecole è per loro modesta e, in questo senso, va anche letta la riduzione dei presidi a soli 400 in pochi anni”.

Quadro confermato anche dal Presidente di Agrofarma-Federchimica, Paolo Tassani, che – da parte sua - ha però rimarcato l’assenza di certezza nel medio periodo sul destino delle molecole a livello europeo come uno dei principali fattori di riduzione degli investimenti del settore, a cui si aggiunge, come aggravante, "tempi di registrazione più che doppi rispetto a quelli previsti una volta completato l’iter tecnico. A livello di ricerca e sviluppo, le imprese del settore investono comunque il 3% del fatturato, più del doppio della media dell’industria”.

Gli interventi sono stati conclusi da Angelo Benedetti, Presidente di Unitec, che ha evidenziato come, fino a ora, il settore non abbia prestato la giusta attenzione alle opportunità di selezione sia della qualità esterna che di quella interna dei frutti, che il suo gruppo ha messo a punto in 100 anni di storia, ritenendole più un costo che un beneficio. “Viceversa è facilmente dimostrabile come, proprio grazie alla selezione non distruttiva, si possa far fronte a campagne produttive falcidiate dal clima, selezionando ciò che è adatto al mercato del fresco e dando nuova vita nella trasformazione a ciò che non lo è”. Inoltre, la nuova frontiera delle tecnologie è nella robotizzazione, sia in magazzino che in campo, per far fronte al sempre più consistente problema della manodopera.
Nel corso dell’assemblea si è svolta anche un’interessante tavola rotonda di cui vi daremo conto nella newsletter di lunedì.



















