Il meglio di IFN
Ortofrutta simbolo dell’inflazione. È ora di finirla!
Nell’attuale contesto di mercato è, a dir poco, offensivo per gli attori della filiera
Non è una novità ma oramai si è abbondantemente superato il limite. Mi riferisco all’uso distorto dell’ortofrutta come simbolo dell’inflazione. A questo proposito rimane vivo nella mia memoria il ridicolo riferimento all’aggiotaggio teorizzato in una puntata di “Porta a Porta” di tanti anni fa per giustificare i rincari sulle zucchine. Ma erano altri tempi e non si poteva negare un fondo di verità nel denunciare la volatilità dei prezzi dell’ortofrutta in momenti di scarsa disponibilità di prodotto.
Vedere, però, che - nel contesto attuale - il più importante quotidiano economico nazionale, il 22 luglio usa la foto di un reparto ortofrutta per accompagnare un articolo sul “patto per i consumatori” voluto dal Ministro Urso per combattere gli effetti nefasti dell’inflazione sui consumi e che, esattamente una settimana dopo, per dare l’aggiornamento sulla questione, lo stesso quotidiano ripropone un'esposizione di frutta e verdura inizia a farmi ribollire il sangue. Non ho citato il Sole 24 Ore per portare alla luce un caso isolato - è solo la punta dell'iceberg di un sistema di comunicazione dove l'ortofrutta è per tutti la “regina” dell'inflazione - ma perchè, da quotidiano economico di qualità, ha - più di altri - gli strumenti tecnici per valutare la bontà dell'accostamento.
Nei primi sei mesi dell’anno, infatti, l’ortofrutta è stata nel nostro paese fra i comparti dell’alimentare meno responsabili dell’aumento dell’inflazione. Anzi, con un + 7% di aumento dei prezzi (per approfondimenti clicca qui) ha generato effetti inflattivi pari a poco più della metà dei prodotti del Largo Consumo in complesso (+12,7% l’inflazione teorica e +11,5% quella reale nell’LCC misurata nel periodo da Nielsen).
Fin qui, però, portare l'ortofrutta a simbolo dell’inflazione sarebbe “solo” sbagliato. Diventa però più grave se pensiamo che, secondo quanto evidenziato dalla Global Coalition of Fresh Produce (GCFP), nel 2023 oltre il 57% delle imprese della filiera ortofrutticola non sarebbe stato in grado di trasferire a valle i maggiori costi sostenuti per i noti aumenti dei listini delle materie prime e dei servizi, per cui lavora senza guadagno o in perdita (per approfondimenti clicca qui ).
Le carenze in termini di aggregazione, visione manageriale e politiche di marca nella filiera ortofrutticola non sono più fredde analisi da specialisti ma stanno determinando collassi economico-finanziari a ripetizione, a partire dal settore della IV gamma, quello dove è più elevato il ruolo della marca privata e il potere della distribuzione (per approfondimenti clicca qui). Gran parte delle responsabilità di questo stato sono della parte a monte della filiera che, però, più che aver ha generato inflazione, l'ha subita.
Nel frattempo, le aziende di altri comparti dell’alimentare – pasta, prodotti da forno e bevande su tutti - stanno facendo risultati record non solo nelle vendite ma, soprattutto, a livello di guadagni, con margini ed Ebitda mai visti prima (per approfondimenti clicca qui). Buon per loro, che riescono a mantenere i listini, ma che gli organi di stampa puntino il dito sull’ortofrutta - anche se solo con immagini – come simbolo della lenta discesa dell’inflazione è, in questo momento critico, inaccettabile.
L’idea dei prodotti con la bandierina tricolore che sta prendendo corpo in questi giorni per il progetto del Mimit non mi entusiasma per molte ragioni, ma avremo modo di ritornarci. In questo momento vorrei solo portare all’attenzione delle rappresentanze sindacali del settore e delle Istituzioni la necessità di intervenire per scoraggiare questo uso scorretto – per non dire altro - delle immagini sull’ortofrutta.
Da giornalista so che l’effetto di associazione che generano sull’opinione pubblica le immagini è di gran lunga superiore ai contenuti sia sulla carta stampata che sl web. Se proprio vogliamo parlare d’inflazione nel Largo Consumo negli ultimi sei mesi sarebbe più corretto usare foto di altri reparti dei negozi, che non credo manchino nelle banche dati dei mezzi di comunicazione. Perché non usarle?
Se ritenete che il nostro pensiero meriti un seguito, noi siamo a disposizione.