Il meglio di IFN
L’ortofrutta è sempre fuori tempo massimo
Il cancello si chiude quando i buoi, pardon i frutti, sono già scappati
Riflettevo in questi giorni sulla velocità di reazione del nostro comparto alle dinamiche del clima, dell’economia e del mercato e mi sono venuti alla mente diversi esempi di situazioni divenute critiche solo perché non si è intervenuti per tempo, malgrado si conoscesse il male e fosse possibile immaginare la cura. Gli ultimi casi a cui mi riferisco, che sono balzati agli onori della cronaca, attengono a mele e pere ma è dall’inizio dello scorso anno che sottolineo la criticità di un’altra filiera strategica per il sistema ortofrutticolo, come la IV gamma.
Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, autorevoli esponenti del mondo produttivo (Clicca qui per approfondire) e distributivo (Clicca qui per approfondire) hanno convenuto che ci sono troppe varietà di mele in commercio e che la situazione necessita di un approccio strutturato per governare il sistema. Da una parte, bloccando gli investimenti sulle nuove varietà e, dall’altra, limitando gli assortimenti e restringendo gli spazi a disposizione. Questa soluzione, peraltro forse l’unica possibile oggi, determinerà alcuni effetti indesiderati al sistema. Il primo, nel breve periodo, sarà un aumento della competizione per occupare gli spazi, già insufficienti, a gestire un panorama varietale da far impallidire per ampiezza e profondità i produttori di profumi e rossetti. Più competizione porterà a più tensione sui prezzi e, senza segmentazione percepita, anziché costruire valore il rischio è perderne. Il secondo effetto atterrà agli investimenti in innovazione, che rischiano di essere ridimensionati a seguito delle modalità di applicazione delle potenziali innovazioni che sono state sviluppate nel corso del tempo. La regola del “1.000 a 1” vale anche per l’ortofrutta: di mille idee, cento potranno trovare una realizzazione, di queste dieci avranno i requisiti per arrivare sul mercato ma, alla fine, solo una resterà. Mi pare che, guardando le proporzioni nelle prime fasi del processo, sulle mele forse sarebbe stato opportuno usare più prudenza. Nel 2016 era già chiaro dove si sarebbe arrivati senza adeguati correttivi (Clicca qui per approfondire) ma fino a poco fa si è proceduto facendo finta di nulla. Ora, però, la necessaria terapia d’urto avrà le sue controindicazioni.
Sempre riprendendo la cronaca, oggi si parla di come rilanciare la pericoltura, dopo che per anni si è atteso invano che il clima tornasse a essere favorevole alla sua coltivazione nella pianura padana, mentre la comunità scientifica, escluso qualche negazionista, era concorde nell’affermare un progressivo riscaldamento del globo che, proprio nelle aree temperate e continentali, avrebbe portato gli impatti maggiori. Gelo, malattie, siccità e insetti si sono così progressivamente accaniti sul pero (per la verità anche l’Unione Europea ha fatto la sua parte), mentre - presi dal bisogno - i produttori hanno finalmente coordinato la messa in mercato del prodotto, seppur in grave ritardo, proprio quando la produzione è venuta meno, mettendo così a rischio anche l'effetto questo salto epocale. Ora che, coordinando le competenze e aggregando le forze, si comincia a capire cosa fare anche sul piano tecnico, serve però un intervento esterno straordinario per il recupero, perché avviene fuori tempo massimo e con agricoltori allo stremo. Anche qui il quadro era noto dal 2015 (Clicca qui per approfondire) ma è mancata la forza di fare in tempo i passi giusti.
Concludo con la IV gamma, perché sottende la situazione più critica. Qui è dal 2009 (Clicca qui per approfondire) che appare chiaro il destino della “gallina dalle uova d’oro”, senza cambiare paradigmi. La situazione, fra alti e bassi, ha avuto un trend chiaro e i fondamentali continuano, purtroppo, a confermarlo: nel 2023 si è venduto l’1% in meno di buste d’insalata rispetto al 2022, sebbene l’inflazione della categoria (2,3%) sia stata meno di un quarto di quella dell’ortofrutta e dell’alimentare (Clicca qui per approfondire). La redditività delle imprese di produzione è così passata dalla zona rossa al “profondo rosso”, ma nulla a livello strutturale ancora si è mosso, nell’attesa di non si sa cosa, visto che senza mettere mano all’organizzazione complessiva della filiera, a partire dalla sua capacità produttiva, questa lenta agonia proseguirà, sfruttando la resilienza del sistema, soprattutto della parte agricola. Una lunga e dolorosa agonia da cui nessuno però trarrà beneficio, nemmeno i consumatori, visto che - pur contenendo l’inflazione - non hanno premiato la categoria in un contesto di prezzi fuori controllo.
Non dimentichiamoci perciò del fattore tempo nei nostri progetti, poiché se la natura ha i suoi tempi, questo vale anche per le attività governate dall’uomo.