Il meglio di IFN
«L’articolo sulla GDO mi ha intossicato la giornata»
Lo sfogo di un produttore mi permette di mettere in luce cosa si dovrebbe cambiare nelle relazioni con la Distribuzione moderna
Caro direttore, leggere sul suo giornale l’articolo che riguarda il rapporto fra produttori e Grande distribuzione organizzata (per leggere l'articolo completo clicca qui) mi ha "intossicato la giornata” come si dice giù da noi. Come ben sa è particolare la sensibilità che noi agricoltori abbiamo nei confronti dell'argomento. Già dal titolo possiamo dire che per noi agricoltori è una vera pugnalata da fare passare la voglia di andare al lavoro. Non sto qui a spiegarle il mio punto di vista che vale nulla. Ma le voglio porre delle domande alle quali, se le farà piacere rispondere, noi agricoltori le saremo grati.
1. Non credo che noi agricoltori, per quanto un po' “ignorantelli”, pensiamo che il nostro nemico sia il cliente, che sia la piccola bottega, il supermercato autonomo o la Grande distribuzione.
2. Nell' articolo si fa riferimento a mercati generali, in quanto non sarebbero adeguati per fornire la grande distribuzione, cosa totalmente falsa e dimostrata dal fatto che nei mercati generali comprino i fornitori della grande distribuzione, agevolati dalla presenza di un infinita varietà di prodotti al prezzo migliore.
3. Non crede che in Italia ci sia un vero problema legato alla Grande distribuzione proprio dovuto al loro tipo di business e che avendo loro molto più potere economico e – soprattutto – potendo, attraverso le lobby, abbiano modificato il modo produttivo per il loro tornaconto?
4. A dare forza a questa ipotesi credo vi sia la ritirata dal mercato italiano di Auchan, dovuta al fatto che in Italia le imprese siano PMI e che era difficile per la Grande distribuzione interfacciarsi.
Non per presunzione, ma io credo che i problemi dell'agricoltura in Italia siano dovuti proprio al fatto che si è voluto calare dall'alto un modello di produzione che non era compatibile con il nostro paese.
La saluto e la ringrazio anticipatamente consapevole che anche se non mi risponderà pubblicamente mi leggerà con molto interesse.
Lettera firmata
Carissimo lettore, seppur con un po’ di ritardo – di cui mi scuso – rispondo pubblicamente alle Sue considerazioni sull’articolo di Giampaolo Ferri di qualche settimana fa, perché trovo che i temi che ha sollevato siano di grande interesse e molti produttori condividano le Sue osservazioni. Seguo il suo ordine logico anche se mi permetterò qualche accorpamento e qualche divagazione.
1. Gli agricoltori non sono certo ignoranti, almeno per ciò che attiene il loro lavoro, con le difficoltà produttive che ci sono non raccoglierebbero nulla dai campi. Viceversa, capita, che ignorino – o fingano di ignorare - il funzionamento dei meccanismi a valle del sistema produttivo, per cui è “sentir comune”, come Lei stesso evidenzia più avanti, che la Gdo si approfitti dei produttori appena può – cioè quasi sempre – pagando prezzi irrisori e facendo valere il suo potere sul mercato (riprendo qui il suo punto 3.). Le rispondo con una domanda: Lei pensa che qualcuno si preoccupi quando compra un prodotto venduto sottocosto dalla distribuzione o ritiene che pensi al suo tornaconto e, visto che viene proposto, non si faccia poi tante domande? Eppure in un’economia di mercato come la nostra, per vendere sottocosto occorre che qualcuno paghi prezzi iniqui o che taluni prodotti – magari gli stessi ma in periodi diversi – siano venduti con margini gonfiati, per cui la cosa dovrebbe far riflettere ma non accade. È più o meno il ragionamento che fa la Gdo, negozia il prezzo migliore che può senza preoccuparsi delle conseguenze per i produttori, grandi o piccole che siano. Eticamente fa tanta differenza ma, purtroppo, dell'etica protestante nello spirito del capitalismo di Max Weber pare non interessarsi più nessuno.
Per tentare di rispondere compiutamente anche al punto 4. Le evidenzio che le eventuali “lobby” della Gdo – dico eventuali, perché in realtà le catene distributive sono in una sanguinosa competizione orizzontale fra loro – potrebbero essere contrastate da pari organizzazioni della produzione che concentrassero prodotti e servizi facendo valere il loro potere negoziale. Il motivo per cui Auchan se ne è andato dall’Italia, infatti, è l’eccessiva competizione presente sul mercato nazionale e il fatto che il loro format di riferimento, l’ipermercato, è quello più in sofferenza. Dall’altra parte, sul fronte produttivo, l’esempio dell’aggregazione delle mele nell’arco alpino potrebbe essere un bel modello per contrastare lo strapotere della Gdo e, se, come paventa qualcuno, fosse possibile solo per i prodotti conservabili, non si capisce perché non ci sia per il kiwi e, per le pere, sia arrivato solo pochi anni fa, con UNAPera, quando la situazione era già disperata. Anzi, forse il motivo per cui si è fatta UNAPera è proprio questo: per organizzarsi i produttori hanno bisogno di essere alla disperazione, se no preferiscono fare da soli.
Sempre per rimanere al punto 4., Lei ha ragione quando dice che il modello di base dell'ortofrutticoltura italiana, quello più adatto alla nostra situazione orografica e di uso del territorio, è la piccola impresa. Questo però a patto che non voglia arrivare da sola al mercato terminale. Se no è un suicidio. Oggi oltre il 75% del mercato è controllato dalla Gdo che non saprebbe come gestire le forniture di agricoltori singoli.
2. A questo si lega il ragionamento sui mercati ortofrutticoli. Come strutture per il commercio di frutta e verdura all’ingrosso avevano un ruolo primario fino agli anni ’90, quando la Gdo controllava meno del 30% del mercato dell’ortofrutta, poiché permettevano di mettere in relazione tanti piccoli produttori con tanti piccoli dettaglianti, attraverso i grossisti. Di anno in anno questo lavoro si è via via ridotto, lo dicono i numeri, perché l’intermediazione è divenuta sempre meno necessaria e la logistica sempre più decisiva nelle relazioni fra produzione e Gdo, che nel frattempo aveva preso il posto dei fruttivendoli, come canale di vendita di riferimento dell’ortofrutta. I mercati potrebbero oggi recuperare centralità se avessero la capacità di riorganizzarsi, puntando sulla logistica anziché sulla commissione, sul servizio anziché sull’orario notturno e sulle certificazioni di prodotto anziché sulla sola qualità del prodotto. Con questi adattamenti potrebbero far valere quel vantaggio competitivo che Lei ben evidenzia, la competenza sul prodotto, che da solo però oggi non basta a farli preferire dalla distribuzione ma solo dai loro fornitori. Ma questo allunga di un passaggio la filiera disperdendo il già misero valore che genera, per cui - erroneamente - si cerca di evitarlo.