Il kiwi neozelandese non teme l'inflazione

Trend opposto per il prodotto nazionale: l'aumento dei prezzi è impensabile

Il kiwi neozelandese non teme l'inflazione

I consumi in ortofrutta languono e l’inflazione che attanaglia il nostro Paese da oltre un anno è ritenuta una delle cause di questa crisi (clicca qui per approfondire). Quindi, il rischio è che non tornino i conti nel reparto ortofrutta, perché i prezzi alti dovrebbero scoraggiare gli acquisti dei consumatori. Usiamo il condizionale perché per alcuni prodotti nonostante i prezzi siano diminuiti, da un anno all’altro, i volumi invece di crescere sono calati ulteriormente.
Protagonista di questo capitombolo è il kiwi italiano, come dimostrano le analisi condotte dal monitor ortofrutta di Agroter che ha messo a confronto le vendite sviluppate in GDO dal kiwi prevalentemente italiano, durante aprile/maggio, con quelle per del kiwi neozelandese fra giugno/luglio (a parità di settimane), per capire se anche il prodotto straniero fosse stato colpito da questo fenomeno.

Il dato è eloquente: fra aprile e maggio il kiwi nazionale è calato sia a volume (-8%) e soprattutto a valore (-13%) e quindi per forza di cose il prezzo medio di vendita è stato inferiore. Viceversa, il prodotto neozelandese mantiene un valore decisamente superiore, in quanto è venduto a quasi il doppio del prezzo rispetto all’Italia (e fin qui nulla di nuovo) e da un anno all’altro ha incrementato ulteriormente le quotazioni alla vendita del 26% che ha determinato un calo dei volumi del 10% ma con una crescita complessiva a valore del 12%.

In pratica il consumatore è talmente fidelizzato al kiwi neozelandese che, a fronte di un significativo aumento del prezzo, i volumi scendono (ma di poco), a dimostrazione di come il rigore nel mantenere dei parametri qualitativi elevati, alla lunga paghi. Viceversa, per un prodotto che non certo brilla per consistenza qualitativa come l’actinidia italiana (nonostante diversi big player abbiano alzato l’asticella), il consumatore non è disposto a pagare un centesimo in più del dovuto, anzi, anche se gli si abbassa il prezzo i volumi non ne risentono positivamente, in completa contraddizione con la teoria economica.

È chiaro ed evidente che una filiera in grado di garantire una qualità costante nel tempo, fidelizza il consumatore e risente meno delle negative congiunture economiche. Nuova Zelanda docet.
 

Ha collaborato Fabrizio Pattuelli