Il futuro dell'agroalimentare è degli imprenditori

Le suggestioni del Forum di Impresa Persona Agroalimentare tenutosi a Milano Marittima

Il futuro dell'agroalimentare è degli imprenditori

Nei giorni scorsi avevamo anticipato gli argomenti principali del Forum di Impresa Persona Agroalimentare (clicca qui per approfondire) e ora vi proponiamo un riassunto delle tematiche più salienti affrontate durante la due giorni dello scorso weekend (venerdì 26 e sabato 27 gennaio, ndr).

Il riassunto della seconda giornata (sabato 27 gennaio, ndr): "Il futuro dell'agroalimentare è degli imprenditori, i fondi di investimento sono un ottimo strumento"

 “Il futuro dell’agroalimentare è degli imprenditori, i fondi di investimento possono essere un ottimo strumento per portare liquidità e competenze finanziarie nel settore agroalimentare, aiutando le aziende a crescere. Gli interessi dei fondi infatti non collimano con quelli degli imprenditori agricoli, si possono però intrecciare lungo un percorso condiviso per un certo periodo”. Così Michele Falzetta, direttore generale di Latteria Soresina, è intervenuto alla seconda giornata del Forum di Impresa Persona Agroalimentare a Milano Marittima che ha messo al centro del dibattito il futuro del settore agroalimentare. 
“L’interesse dei fondi di investimento per l’agroalimentare è cresciuto in particolare dopo la pandemia, quando si è resa ancora più evidente la resilienza del settore e la sua tenuta. La stessa crescita dell’agroalimentare italiano, con l’export arrivato a 60 miliardi e la previsione di una transizione ecologica che richiederà importanti risorse, hanno accresciuto questa appetibilità. Questo settore – ha aggiunto Falzetta – può consentire ai fondi di bilanciare le proprie attività con investimenti meno rischiosi”. Il dg di Latteria Soresina ha poi messo in evidenza tre aspetti che gli imprenditori agricoli devono considerare nella relazione con i fondi, i quali “solitamente non hanno una visione a lungo termine e prevedono una exit strategy in 5-7 anni, potrebbero prendere la maggioranza in caso di necessità di ricapitalizzazione, sono comunque a scadenza mentre l’imprenditore agricolo anche riunito in cooperativa, come nel nostro caso, ragiona guardando al futuro come se la sua azienda non dovesse finire mai”. 

A raccontare un esempio piuttosto inedito di collaborazione virtuosa tra produzione agricola e fondi di investimento è stato poi Cristian Moretti, direttore generale di Agrintesa, cooperativa ortofrutticola romagnola che nel 2020 ha costituito la società AgroGold insieme a IDeA Agro (fondo italiano riservato a investimenti in aziende della filiera agricola che fa parte di DeA Capital Alternative Funds) per la produzione di kiwi giallo (varietà G3, marchio commerciale SunGold-Zespri) in un areale di 110 ettari in provincia di Latina. “Per la nostra cooperativa si è trattato di un’esperienza del tutto nuova, che inizialmente un po’ spaventava la base sociale, motivo per cui abbiamo costituito un veicolo ad hoc, una società agricola insieme al fondo nella quale siamo presenti al 10% - ha raccontato Moretti - Parliamo di un frutteto altamente specializzato con un prodotto a forte valore aggiunto e una coltivazione imperniata sulle tecniche di agricoltura digitalizzata e di precisione; la direzione tecnica e operativa è in mano ad Agrintesa e puntiamo ad arrivare dal 2025 ad una produzione a regime di 3500 tonnellate. Questa operazione è stata fatta non con un fondo qualunque, ma con un fondo specializzato nel settore agroalimentare, che sta investendo in alcuni progetti su produzioni di eccellenza e di nicchia in Italia, un fondo che conosce il settore e interviene con tempi più lunghi del solito, in quanto parlando di un frutteto ci aspettiamo una importante remunerazione ma con tempi a medio termine. È un progetto sartoriale e win-win, senza garanzia di ritorno sul capitale e dove i due partner rischiano ognuno per quanto gli compete, quindi noi al 10 e il fondo al 90%. In un arco temporale medio siamo convinti che questo progetto generi importanti benefici in termini di remunerazione anche per la nostra cooperativa, che avrà così l’opportunità di creare maggiore valore da redistribuire e investire in innovazione”.

L'intervento di Matteo Bonù, global client business partner di NielsenIQ

Il riassunto della prima giornata (venerdì 26 gennaio, ndr): "I consumi degli italiani, il gioco d'azzardo batte il cibo"

Volatilità dei prezzi alla produzione, inflazione e consumi alimentari che cambiano. La ventunesima edizione del Forum Impresa Persona Agroalimentare si è aperta venerdì scorso (26 gennaio, ndr) a Milano Marittima (Ravenna) alla presenza di oltre 450 imprenditori e manager di una delle più importanti filiere produttive italiane, per ragionare insieme di come gestire le sfide con approcci innovativi. 
Il titolo dell'evento era infatti “Solo tu puoi farcela. Ma non da solo” e dopo l'apertura affidata ad Alessio Mammi, assessore all'agricoltura della Regione Emilia-Romagna, ha visto nelle prime cinque sessioni in programma gli esperti analizzare consumi e consumatori, prezzi e strategie, avversità in agricoltura e possibili soluzioni, politiche ambientali e di sostenibilità.

La riflessione è partita dalla grande attenzione mediatica sui prezzi al dettaglio e la provocazione di Matteo Bonù, global client business partner di NielsenIQ, è stata che gli italiani spendono di più per giocare d'azzardo che per mangiare. “In Italia il giro d'affari annuo del Largo consumo confezionato è di 134 miliardi di euro, mentre per il gioco d'azzardo si parla di 136 miliardi – commenta l'esperto – Veniamo da una narrazione che ha messo la spesa alimentare sotto i riflettori, ma la sua componente è assolutamente minoritaria nel panorama degli aumenti generali. Pensiamo a un mutuo a tasso variabile di 100.000 euro per 15 anni: con il rialzo dei tassi chi lo ha contratto si è trovato a spendere 141 euro al mese in più, quasi 1700 euro all'anno. Prendiamo invece la pasta di semola, consideriamo un consumo medio annuo per famiglia di 33 kg, l'impatto degli incrementi è stato di 9,90 euro all'anno. In ogni caso messi tutti assieme, gli incrementi del paniere alimentare impattano per un 10% sui rincari complessivi, ma la quota di comunicazione non è stata certo questa”. 
In questo scenario il consumatore va aiutato. NielsenIQ registra volumi di vendita in calo per una serie di prodotti. Ci sono vittime incolpevoli come frutta fresca, succhi, nettari e spremute. Poi ci sono referenze che sono state sostituite per l'aumento dei prezzi, come il caso dell'ittico; inoltre ci sono state le cosiddette “facili rinunce”, come liquori, aperitivi, gelati e surgelati. “Ma non tutte le categorie hanno il segno rosso – aggiunge Bonù – Chi ha aumentato le vendite risponde a tre bisogni fondamentali: nuovi stili di vita, quindi alimentazione sportiva, energy drink, frutta secca sgusciata e yogurt greco; proteine a basso costo come uova, pollo e tonno al naturale; gratifica, come caramelle, gomme, wafer, snack dolci e salati, specialità salate surgelate. Gli italiani tendono quindi a mangiare meno frutta e ad assumere più integratori e caramelle”.

Ismea ha invece presentato la mappa della volatilità dei prezzi agricoli e Fabio Del Bravo, responsabile Direzione servizi per lo sviluppo rurale, ha ricordato come pandemia prima e tensioni geopolitiche poi, abbiano spinto al rialzo i prezzi dei prodotti agricoli: + 34% tra il 2019 e il 2023. 
“L'incertezza è la nuova normalità. I mercati agroalimentari si complicano e si moltiplicano i fattori di variabilità da tenere sotto controllo. Le avversità meteo non potranno che peggiorare nei propri effetti. In termini di prospettiva lo scenario – sia sul fronte geopolitico che climatico – non appare rassicurante, ma se lo straordinario diventa ordinario, è necessario poter contare su strumenti di intervento tarati sulla nuova normalità, con scelte più data-based. Se la volatilità dei prezzi, delle rese e dei costi è ormai un fattore strutturale, anche la gestione aziendale deve adeguarsi di conseguenza”.

Fonte: Ufficio stampa 20° Forum IPA Orma Comunicazione