Attualità
Caro-spesa, esplode la protesta europea: tensione nei punti vendita
Dalla Grecia alla Svezia, passando per l’Italia: i cittadini insorgono

Negli ultimi tre anni i prezzi sugli scaffali dei supermercati sono cresciuti di oltre il 10%, mentre nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea i salari sono rimasti sostanzialmente fermi. Un binomio che ha portato a un sensibile calo del potere d’acquisto delle famiglie e che sta dando origine a una serie di proteste in diversi Stati europei. L’ultimo episodio in ordine di tempo si è verificato a Salonicco, in Grecia, dove una manifestazione organizzata da cittadini, studenti e pensionati si è trasformata in uno scontro con le autorità. I partecipanti hanno bloccato un supermercato del centro, esponendo uno striscione con la richiesta di una riduzione immediata dei prezzi dei beni di prima necessità. L’iniziativa si è conclusa con tensioni, vetrine distrutte e 21 persone fermate dalla polizia. Secondo quanto riportato da money.it, le forze dell’ordine hanno presidiato numerosi supermercati della città per contenere le proteste. Gli organizzatori hanno già annunciato nuove mobilitazioni per tutta l’estate, promettendo che le azioni continueranno finché non verranno intrapresi provvedimenti concreti per abbassare i prezzi.
Dall’Est Europa alla Svezia: il malcontento si diffonde
La protesta greca rappresenta solo l’ultimo capitolo di una mobilitazione iniziata a inizio 2025 in altri Paesi dell’Est Europa, in particolare in Serbia e Croazia, dove cittadini hanno contestato gli aumenti nei prezzi alimentari e promosso il boicottaggio delle principali catene. Nel tentativo di contenere il malumore sociale, alcuni governi stanno prendendo misure specifiche: la Lituania, ad esempio, ha creato un ente per monitorare l’andamento dei prezzi dei beni di consumo, mentre in Ungheria le autorità hanno rivolto un appello ai produttori e trasformatori affinché evitino rincari coordinati. Sorprendentemente, la protesta si è estesa anche a Paesi tradizionalmente più stabili economicamente, come la Svezia. Dal 17 marzo, un numero crescente di cittadini svedesi ha cominciato a disertare le grandi catene della distribuzione organizzata, criticando l’aumento incontrollato dei prezzi. Anche in questo caso, il dissenso ha preso forma attraverso i social media, attirando rapidamente l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica nazionale.

L’Italia non è immune: proteste in 12 città
Anche nel nostro Paese la questione dei prezzi alimentari è tornata al centro del dibattito. Solo pochi giorni fa, il movimento ambientalista Ultima Generazione ha dato vita a una protesta pacifica all’interno di supermercati in 12 città italiane, attirando l’attenzione su rincari significativi per prodotti di uso quotidiano come pane, pasta, olio e riso. Gli attivisti chiedono che il governo mantenga l’impegno di ridurre l’IVA sui beni di prima necessità, attualmente compresa tra il 4% e il 10%. Inoltre, propongono che questa misura venga finanziata attraverso una tassazione straordinaria sugli extraprofitti delle grandi imprese che hanno un impatto ambientale e sociale negativo. L’onda lunga delle proteste, partita dall’Est Europa, si sta dunque diffondendo anche in Italia. Una situazione che il mondo dell’agroalimentare – e in particolare il comparto ortofrutticolo – non può permettersi di ignorare. In un momento in cui i consumatori fanno sempre più fatica a riempire il carrello, è urgente riflettere su filiere più eque, trasparenti e sostenibili. (aa)



















