Il meglio di IFN
400 gr di ortofrutta al giorno? Contrordine, ne bastano la metà
Gli italiani si fanno lo sconto e, senza comunicazione, i consumi precipitano
Quando le tendenze di consumo sono così nette e durature nel tempo, come accade per frutta e verdura, sono di certo gli elementi che in gergo di marketing chiamiamo “fondamentali” a essere carenti. Che per l’ortofrutta i “fondamentali”, ovvero le conoscenze e le percezioni che guidano il comportamento d’acquisto e le abitudini di consumo, siano deboli non è per me una novità, ma sono rimasto davvero sorpreso di scoprire che il 47% dei nostri connazionali collochino la dose giornaliera di ortofrutta per una corretta alimentazione a 200 gr e non ai 400 consigliati dall’OMS e ripresi in ogni dove.
Fatto ancor più inquietante è che, sempre secondo le ultime rilevazioni del Monitor Ortofrutta di Agroter, un ulteriore 10% indichi 80 gr e, solo un 14% centri il target dei 400 gr, mentre il 20% confessi candidamente di non averne un’idea. Se, poi, ci focalizziamo sui 18-35enni, il partito dei 200 gr raggiunge la metà del campione, lasciando presagire che, se non si interviene in fretta, ben presto questa convinzione spazzerà via anni di lavoro e di ricerca scientifica.
Dopo anni di 5 porzioni, 5 colori, 5 occasioni, metà del piatto da riempire con frutta e verdura e altri stratagemmi ispirati dalle iniziative avviate oltremare nella metà degli anni ’80 e riprese un po’ dovunque in tutta Europa, questa è la sintesi odierna: manca la benché minima conoscenza tecnica sulle dosi ottimali per una sana alimentazione per una categoria di prodotti, come l'ortofrutta, su cui la percezione delle quantità è già di per se difficile.
Se il problema si limitasse alla carenza di conoscenza tecnica e almeno i nostri connazionali mangiassero frutta e verdura tutti i giorni la cosa sarebbe meno grave, ma – purtroppo – non è così, perché il 31% della popolazione adulta, che sale al 47% fra i 18-35enni, non la mangia nemmeno tutti i giorni e il dato è in peggioramento di ben 7 punti negli ultimi due anni.
Considerando che oltre l’80% dello stesso campione ritiene che un terzo della spesa alimentare dovrebbe essere costituito da ortofrutta e praticamente all’unanimità vota la categoria stessa come la più salutare, qualche problema di comunicazione nell’orientare l’acquisto e il consumo ci deve essere stato. Non è il caso di cercare colpe e colpevoli ma almeno di acquisire la consapevolezza che investendo lo 0,1% del fatturato in comunicazione – al di là dei messaggi – molto di più non si poteva e si può fare.
“Mancano i margini”, è la giustificazione più gettonata. Mi permetto di evidenziare che, secondo me, è invece sbagliata la costruzione dei costi. I comparti che funzionano nell’alimentare – e non solo – sanno che inserire la comunicazione nel costo di produzione è vitale quanto gli ammortamenti, se non si può sostenerla alle volte è addirittura meglio non produrre. All’ortofrutta, prima che la quantità e la qualità del messaggio, manca soprattutto questa consapevolezza.