Uva da tavola, ecco come variano i prezzi

Tengono le varietà apirene. Per Vittoria e Italia pesanti contrazioni

Uva da tavola, ecco come variano i prezzi

"La campagna 2022 delle uve da tavola italiane è caratterizzata da un’offerta di ottimo profilo qualitativo ma, nonostante ciò, il mercato sta riservando scarsissime soddisfazioni economiche ai produttori a causa di un andamento dei consumi delle famiglie europee molto negativo, condizionato dalla crisi energetica internazionale e dalla guerra in Ucraina, e dall’aumento dei costi in tutte le fasi della filiera". L'ultimo Report di Ismea sulla frutta fresca fotografa così lo stato dell'uva da tavola italiana.

C'è una produzione sopra la media - valutata in circa 1.045.000 tonnellate, +3% su base annua e +2,3% rispetto alla produzione del triennio precedente - ma i consumi sono fermi al palo: i dati delle vendite al dettaglio di uve da tavola nel periodo gennaio-agosto 2022 indicano una netta flessione degli acquisti a volume, pari a circa il 10% su base annua.

E per il futuro non si prevede nulla di buono. "Il prosieguo della campagna 2022 non sembra prospettare alcun miglioramento - scrive Ismea - I quantitativi di prodotto disponibile sono ancora ingenti, i consumi ristagnano e di conseguenza i prezzi all’origine appaiono destinati a mantenersi sugli attuali valori, che non sono particolarmente elevati. Anche le previsioni relative al saldo della bilancia commerciale delle uve da tavola non sono ottimistiche, in quanto il contesto europeo e internazionale non appare particolarmente recettivo".

A proposito di prezzi per l'istituto "la prima parte dell’attuale campagna commerciale delle uve è stata caratterizzata da un’offerta abbondante e i prezzi all’origine, ossia al cancello dell’azienda agricola, sono in flessione sia rispetto al 2021 sia rispetto al prezzo medio del triennio 2018-2020, ma non mancano eccezioni per alcune varietà o alcune piazze che mostrano variazioni positive rispetto alle campagne precedenti". Dal punto di vista dei prezzi, Ismea registra una riduzione delle quotazioni di Vittoria siciliana tra il 16 e il 39% nei mesi estivi; mentre in Puglia è andata leggermente meglio. Tengono i prezzi le varietà apirene, mentre il settembre dell'uva Italia è stato nero, con quotazioni in Puglia tra i 40 e i 50 centesimi il chilo, vale a dire il 35% in meno dello scorso anno. 

Quest’anno i flussi di prodotto in uscita dal nostro Paese sono attesi in contrazione rispetto a quelli degli ultimi anni a causa sia della riduzione dei consumi in molti Paesi europei sia della maggiore pressione competitiva di Grecia e Spagna. E questo non è certo una bella notizia per il comparto, dal momento che sul tutale dell'uva coltivata in Italia, appena il 38% viene assorbita dal consumo interno, mentre la quota preponderante (45% circa) è destinata alle esportazioni. "La parte di prodotto avviata alla trasformazione in succo è stimata invece nell’ordine del 15% - riporta Isema - mentre la quota residua è costituita dalle perdite lungo la filiera e dal prodotto ritirato dal mercato allo scopo di stabilizzare l’offerta".

Limitatamente alla vendita al dettaglio di uve confezionate, tra gennaio e agosto 2022, queste sono diminuite dello 0,4% su base annua in termini di quantità mentre la spesa è cresciuta del 13% grazie all’incremento del prezzo medio del 14% circa. Tale dato conferma il fenomeno in atto ormai da qualche anno e, che è stato rafforzato dalla crisi sanitaria per il Covid, che ha determinato un forte investimento da parte dei produttori italiani per adeguare le linee di lavorazione alle richieste della domanda nazionale ed estera che predilige il prodotto confezionato a quello sfuso.