Uva biologica? Ai Buyer italiani non interessa

Marilena Daugenti (Gruppo Tarulli O.P.): «Il nostro settore sopravvive solo grazie all’esportazioni»

Uva biologica? Ai Buyer italiani non interessa

L’articolo uscito recentemente sulla nostra testata, relativo alla poca importanza che viene data al bio in Italia, a firma del nostro Retail expert Giampaolo Ferri (clicca qui per approfondire) ha suscitato la reazione di diversi produttori che ci hanno scritto concordando con la tesi espressa all’interno dell’articolo, ovvero che si percepisce sempre minor interesse da parte delle catene distributive nazionali sul biologico.

In particolare, abbiamo raccolto la testimonianza di Marilena Daugenti Tarulli, Sales manager del Gruppo Tarulli O.P.: “Siamo specializzati nella produzione e commercializzazione dell’uva da tavola biologica con una superficie pari a 400 ettari, che ci rendono, di fatto, il principale operatore biologico di uva da tavola a livello europeo. Un percorso che è nato praticamente dal nulla quasi 30 anni fa e che adesso ci vede fornitori delle principali catene europee, a partire dalla Germania, per finire ai Paesi scandinavi, solo per citare i principali. Quest’anno la campagna prenderà il via fra la settimana 27 e 28 (fra inizio e metà luglio) e ci sono tutti i presupposti per un’ottima stagione”.

Fonte: pagina Instagram Gruppo Tarulli O.P.

“Tuttavia, mi duole constatare come la crescita sia dipesa esclusivamente dalle esportazioni, mentre il mercato interno latita. Anzi, negli ultimi anni i pochi acquisti da parte dei buyer italiani sono ulteriormente diminuiti, e dire che ogni volta che vendiamo le nostre uve in Italia, riceviamo sempre grandi apprezzamenti da parte dei consumatori”.

Come giustifica questo disinteresse? “Gli elementi da prendere in considerazione sono molteplici. In Italia essendo un grande paese produttore c’è maggior attenzione al concetto di localismo – difatti in forte crescita – invece che al Biologico, a differenza dei Paesi del Nord Europa che, al contrario, sono molto attenti alla sostenibilità ambientale dei prodotti importati. Così l’ortofrutta Bio, in alcune catene viene snobbata dedicandogli poco spazio. Parimenti, le insegne che puntano al biologico tendono a favorire i fornitori multiprodotto (a parte casi particolari come le mele) in modo da facilitare gli ordini, anche se questo può andare a discapito della qualità, perché è chiaro che il livello garantito da uno specialista di prodotto è decisamente superiore”.

Fonte: pagina Instagram Gruppo Tarulli O.P.

“In sostanza – conclude la manager pugliese – senza il commercio estero il settore dell’ortofrutta Bio non si reggerebbe in piedi e ciò che più ci rammarica è notare l’atteggiamento totalmente refrattario da parte di alcuni buyer che precludono lo sviluppo di importanti categorie come l’uva da tavola biologica. Un atteggiamento che danneggia l’interno comparto dell’ortofrutta biologica in Italia”.

Fonte immagine in apertura: pagina Instagram Gruppo Tarulli O.P.
(gc)

Clicca qui per iscriverti alla Newsletter quotidiana di IFN