Dal campo
Melicoltura altoatesina del futuro: apparati radicali profondi e sensori idrici
«A causa del cambiamento climatico non potremo più contare sull'acqua dei ghiacciai»
![Melicoltura altoatesina del futuro: apparati radicali profondi e sensori idrici](/upload/FOTO IFN/meleto-melicoltura-1200x600-pixabay.jpg)
Il 2023 è stato l’anno in cui le conseguenze del cambiamento climatico hanno portato il mondo agricolo a porsi con convinzione domande per affrontare un futuro sempre più ostico. Anche in Alto-Adige le temperature estreme e la carenza di risorse idriche stanno sollecitando la ricerca a trovare delle soluzioni da attuare in campo.
Massimo Tagliavini, professore della Facoltà di Scienze agrarie, ambientali e alimentari (unibz) e il biologo Georg Niedrist (Eurac Research) provano a prevedere quelli che potrebbe essere gli scenari per l’areale altoatesino – come riporta il magazine del centro di ricerca Eurac. Come spiega Tagliavini il fattore più critico è sicuramente l’aumento della temperatura: “nonostante il clima non sia mai stato uguale di stagione in stagione però c’era una media e una variabilità minima; adesso, la variabilità è aumentata e gli eventi catastrofali sono diventati una costante con abbassamenti termici improvvisi e molto severi o ondate di calore che si verificano con maggiore frequenza”.
“Queste oscillazioni repentine di temperatura – spiega Niedrist – per le mele sono nefaste in termini di quantità e qualità del raccolto. La carenza d’acqua è un problema cruciale; in inverno c’è sempre meno neve e l’evaporazione aumenta del 5-15% a causa proprio delle temperature più alte. Le riserve idriche, che abbiamo utilizzato per l'irrigazione e la produzione di energia elettrica negli ultimi 50-60 anni, non saranno più disponibili nella stessa misura. Tra qualche decennio l'agricoltura altoatesina non potrà più contare sull'acqua dei ghiacciai”.
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“Il melo ha portinnesti con radici superficiali e questo aumenta la dipendenza della pianta all’irrigazione o alla pioggia. Dunque, in futuro dovremmo valutare piante con apparati radicali più profondi", precisa Tagliavini. Il Centro di Sperimentazione Laimburg sta già conducendo ricerche in questa direzione e assumono maggiore importanza contro la siccità anche le reti antigrandine, in quanto riducono l'evaporazione di circa il 20%.
Ma la domanda che si pongono i ricercatori è individuare quale sia il limite di stress idrico da non oltrepassare per non inficiare la qualità delle mele. Per definire questo limite si potrebbero utilizzare sensori atti a definire con esattezza il momento in cui l’irrigazione diventa necessaria.
Tutte queste ipotesi ancora non sono attuabili perché l’areale altoatesino è troppo legato ad un’irrigazione intensiva forse dettata anche da un costo minimo dell’acqua.
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“Non dimentichiamoci che le crisi hanno attivato il progresso – puntualizza Tagliavini – per questo dobbiamo affidarci alla ricerca: la genetica avrà un ruolo fondamentale per sviluppare soluzioni innovative. Oppure si possono adottare anche tecniche agronomiche passate: per le scottature solari del frutto potremmo adottare alberi con chiome più dense per aumentare l’ombreggiamento. Basti pensare che, se la temperatura dell'aria è di circa 40 gradi, il frutto può raggiungerne anche i 50. Io credo che l’asso nella manica sarà il miglioramento genetico per ottenere dei frutti con tutte le caratteristiche desiderate dalla filiera”.
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“Infine, consideriamo che adottare nuove tecniche ha costi elevati che vanno a ripercuotersi sul costo prodotto finale. E nella frutticoltura già adesso abbiamo il grande problema che i margini di profitto si riducono sempre di più. Attualmente, però, dobbiamo fornire risposte di rapida applicazione anche se la scienza ha anche il compito di guardare a un orizzonte temporale diverso proiettandosi nel futuro”, conclude Niedrist.
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