Dal campo
Joinfruit, coltivare la sostenibilità con l’Agricoltura Simbiotica
Il progetto di ricerca per un suolo più sano e un mirtillo di qualità
Il mirtillo, coltura rappresentativa della frutticultura cuneese, è stato il protagonista del convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Macfrut per presentare i risultati del progetto di ricerca di Agricoltura Simbiotica dell’Op Joinfruit di Verzuolo (CN) in collaborazione con l’Università di Torino, avviato nell’ambito del Programma Operativo 2021-2023 e tutt’ora in corso.
A due anni dall’inizio del progetto “Un suolo più sano e una produzione più virtuosa con l’Agricoltura Simbiotica nel comparto frutticolo”, Joinfruit e il gruppo di ricerca in interazioni piante-microrganismi presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, hanno condiviso i risultati sul mirtillo di questo approccio innovativo all’agricoltura sostenibile, che affonda le sue radici nell’interazione benefica tra piante e microrganismi del suolo.
“La sostenibilità ambientale in agricoltura – sottolinea Bruno Sacchi, Direttore di Joinfruit – non può prescindere da un suolo sano, che oltre a favorire la produzione agricola nel lungo termine, è in grado di mantenere un ciclo equilibrato dei nutrienti essenziali per preservare l’equilibrio ecologico e minimizzare l’uso di fertilizzanti chimici, garantisce una buona capacità di assorbimento dell’acqua riducendo il rischio di erosione e migliorando la gestione delle risorse idriche e preserva la biodiversità".
Il suolo è una matrice estremamente complessa, che racchiude un’enorme diversità microbica. È stato ampiamente dimostrato che le comunità microbiche della rizosfera (la porzione del suolo a stretto contatto con la radice) contribuiscono alla difesa delle piante dagli stress, migliorando l’acquisizione di nutrienti e acqua e influenzando la resa e la qualità del raccolto. Tuttavia, anche i microrganismi della rizosfera risentono dei cambiamenti ambientali, e sono influenzati negativamente dall’impiego di pratiche agronomiche impattanti, quali l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti e prodotti fitosanitari.
“La nostra collaborazione con Joinfruit - racconta la Prof.ssa Alessandra Salvioli di Fossalunga del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino - è partita dall’implementazione del disciplinare di produzione di Agricoltura Simbiotica (creato e sviluppato da Sergio Capaldo, fondatore de La Granda e del consorzio eco-simbiotico Società Consortile Ecosì) per andare oltre, esplorando le fondamenta della simbiosi tra piante e microrganismi del terreno. Abbiamo analizzato in profondità la biodiversità associata alle radici della pianta del mirtillo, mappando un totale di 450.000 differenti microrganismi tra funghi e batteri, e confermando la presenza tra questi di specie già note per la loro capacità di promuovere la salute del mirtillo. Lo scopo finale di queste attività, è quello di arrivare alla formulazione di biostimolanti a base microbica specifici per la coltura di mirtillo, ed eventualmente di commercializzare piantine già fornite di un biota microbico benefico al momento dell’impianto in campo".
Dopo aver isolato direttamente dai mirtilleti del cuneese ceppi di microrganismi benefici (in particolare di funghi micorrizici ericoidi), il gruppo di ricerca sta attualmente testando il loro potenziale nel promuovere la salute e lo sviluppo delle piante, grazie alla collaborazione con il vivaio Battistini, leader nella produzione e commercializzazione di piante fruttifere.
Ricordiamo che l’area pedemontana cuneese è vocata alla coltivazione dei mirtilli: l’escursione termica notturna dona ai frutti intensità di colore, dolcezza e succosità, mentre il terreno naturalmente acido delle zone collinari vicine ai boschi costituisce un habitat ideale per questi piccoli frutti. Inoltre, il mirtillo sta assumendo una crescente importanza nell’ambito dell’Op Joinfruit, con prospettive di ulteriore sviluppo: dai circa 40 ettari coltivati, l’obiettivo per i prossimi tre anni è di aumentare le superfici del 30%.
Infine, per il futuro sviluppo della ricerca è risultato fondamentale l’intervento di Ccpb Srl (organismo di certificazione e controllo di prodotti biologici ed eco-sostenibili agroalimentari e non) come attore di questo nuovo approccio agronomico, “perché – conclude Sacchi – l’obiettivo che ci poniamo come OP, è la messa a terra dei risultati ottenuti con azione organizzata e strategica sulle aziende socie, con il fine ultimo di far beneficiare i nostri produttori del lavoro fatto.”(gc)
Fonte: Ufficio Stampa Joinfruit