Csc Lazio, alla ricerca della sostenibilità in campo

Il progetto con l’università della Tuscia per migliorare resa e ambiente

Csc Lazio, alla ricerca della sostenibilità in campo

La sostenibilità dei processi produttivi, intesa come riduzione dell’impatto ambientale, miglioramento della qualità del prodotto e della reddittività dei sistemi produttivi, è l’obiettivo del progetto day-by-day sviluppato da Csc Lazio in collaborazione con l’Università della Tuscia. Il progetto comprende un focus su tre ambiti e un lavoro portato avanti in contemporanea su cinque aziende pilota con il supporto dei tecnici del gruppo Csc Lazio. 

Ci ha raccontato del progetto Giuseppe Colla, professore in orticoltura dell’Università della Tuscia, che coordina i lavori. Colla ha evidenziato come l’iniziativa preveda focus sulla messa a punto di sistemi di difesa da stress biotici a basso impatto ambientale, l’ottimizzazione degli apporti irrigui e l’uso di biostimolanti su pomodoro, core business dell’Aop Csc Lazio.

“Per il controllo dei patogeni e dei parassiti – spiega Colla - testiamo strategie di difesa integrata a basso impatto. Abbiamo avviato anche sperimentazioni per l’utilizzo di tecnologie digitali, come il monitoraggio dei parametri microclimatici in serra e dei modelli previsionali di allerta su attacco dei funghi patogeni, sia per la parte area che per i nematodi”.

Il monitoraggio avviene tramite sensori collegati a software che forniscono alert in tempo reale, oltre che tramite kit da campo per identificare precocemente gli agenti causali delle malattie.
“Evidenziare le criticità ci permette di iniziare ad attuare sistemi di controllo con prodotti a basso impatto ambientale, privilegiando anche mezzi agronomici per prevenire parassiti e patogeni, ad esempio, tramite l’innesto”, specifica il professore. E continua: “La scelta di tecniche agronomiche appropriate può contribuire a prevenire significativamente lo sviluppo di agenti patogeni. Se invece notiamo la presenza di problematiche fitosanitarie, interveniamo preferibilmente con prodotti a base di sostanze naturali e/o microrganismi, al fine di minimizzare i rischi per l’operatore e massimizzare i benefici per l’ambiente e la salubrità del prodotto”.

Il secondo focus, è quello della gestione irrigua. “Abbiamo scelto questa tematica perché spesso l’irrigazione è gestita in modo empirico - fa il punto Colla - mentre abbiamo la necessità di ottimizzare i rapporti idrici e, per farlo, possiamo avvalerci di tecnologie avanzate, basate sul concetto della precision farming”.
In questa parte del progetto vengono utilizzate sonde wireless posizionate a diverse profondità nel terreno (15, 30, 45 centimetri) per monitorare il contenuto idrico in prossimità dell’apparato radicale.

“Il monitoraggio del contenuto idrico del suolo permette di identificare con precisione il momento per l'intervento irriguo, riducendo i rischi di stress per la coltura e massimizzando l’efficienza irrigua”, illustra Colla. E aggiunge: “Il sistema che stiamo calibrando si potrà programmare anche a distanza. Inoltre, abbiamo collegato all’app le misure dei flussi idrici e possiamo verificare in tempo reale l’acqua erogata nel tempo. In questo modo riusciamo a fare anche un paragone tra una gestione irrigua empirica e quella pilotata dalle sonde wireless: già i primi risultati ci indicano un risparmio idrico significativo, per cui ci sono grandi margini di miglioramento della gestione irrigua”.

L’ultimo focus è quello relativo all’uso di biostimolanti per migliorare le performance agronomiche della coltura. “In queste aziende realizziamo trattamenti con biostimolanti microbici e non microbici per migliorare l’efficienza d’uso dei nutrienti e la resistenza agli stress termici. Anche qui utilizziamo tools innovativi per il monitoraggio in azienda del contenuto di elementi nutritivi nei piccioli delle foglie. Questi strumenti consentono di fare un check sullo stato nutrizionale della pianta, per esempio per capire se la concentrazione di azoto nei tessuti fogliari è sufficiente per garantire elevati standard quali-quantitativi della produzione”.

I valori forniti da questi strumenti sono anche utili per capire se l’apporto di biostimolante ha migliorato l’assorbimento radicale dei concimi apportati. "Stiamo verificando le potenzialità di impiego di questi strumenti in azienda, come sistemi di supporto decisionale per pianificare gli apporti fertilizzanti e stiamo inoltre testando dei microrganismi per potenziare l’attività di assorbimento radicale”, commenta il coordinatore.

Venendo alle tempistiche, Colla commenta: “Le attività sperimentali avviate nel primo anno hanno interessato un ciclo anticipato e posticipato di pomodoro con lo scopo di valutare le innovazioni proposte nelle diverse condizioni colturali tipiche dell’areale di produzione”
Il progetto della AOP CSC Lazio e l’Università della Tuscia avviato in questa annualità, continuerà nei prossimi anni al fine di acquisire una base di dati utili per calcolare gli indici di impatto ambientale e, quindi, di efficienza del sistema. “Applicheremo l’Lca (Life Cycle Assessment ovvero Valutazione del Ciclo di Vita, ndr) come metodologia che permette di quantificare le emissioni di gas serra associato alla produzione di 1 chilogrammo di pomodoro”.
“Implementando queste tecniche posso operare su dati specifici e promuovere sempre più un sistema a basso impatto ambientale che può tradursi in vantaggi economici per l’azienda e a politiche di marketing orientate al green consumption (consumo verde correlato al comportamento sostenibile dei consumatori, cdr); in fondo è il consumatore stesso che, tramite la Gdo, chiede innovazione”. 

Al progetto partecipano anche l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio (Arsial), il Laboratorio fitopatologico del Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (CeRSAA), la Toro Ag,  lo spin-off dell’Università della Tuscia ‘Arcadia srl’ e la Pessl Instruments GmbH.