Uva da tavola “d’oro”: ora la sfida è governarne il futuro

Molti i temi al centro della diretta IFN in programma giovedì 25 settembre alle ore 12.00

Uva da tavola “d’oro”: ora la sfida è governarne il futuro

Le ultime campagne dell’uva da tavola italiana hanno messo in fila risultati di rilievo, come evidenzia il Monitor Ortofrutta di Agroter. Nel 2024 l’export ha superato i 900 milioni di euro, un record storico per il comparto, mentre i consumi nazionali a valore sono cresciuti di quasi il 30% nell’ultimo biennio e i prezzi medi hanno registrato un incremento vicino al 50%.
A fronte di queste performance, la contrazione dei volumi – circa il 10% – appare marginale e non tale da intaccare il bilancio economico complessivo. A trainare la crescita è soprattutto l’uva senza semi che, negli ultimi cinque anni, ha visto una progressione costante e particolarmente incisiva nel canale iper + super, come dimostra l’exploit del prodotto confezionato: +130% a volume e +230% a valore. Una crescita che sembra non conoscere ostacoli, ma che dovrà essere gestita con equilibrio per evitare gli eccessi di offerta già sperimentati in altre filiere.

Di questi aspetti – e di molte altre sfide – si parlerà nella diretta IFN di giovedì 25 settembre sui nostri canali social. Al confronto prenderanno parte voci autorevoli della produzione e della distribuzione che presenteremo nei prossimi giorni. 

Produzione: calo dei raccolti, ma export da record
Un quadro aggiornato e realistico dell’uva da tavola italiana arriva dal catasto produttivo realizzato dalla Commissione Uva da Tavola (CUT) in collaborazione con CSO Italy, che offre una fotografia più puntuale rispetto ai dati ISTAT. Secondo lo studio, la superficie nazionale coltivata a uva da tavola ammonta a circa 41.000 ettari, concentrati in Puglia (23.400 ettari), Sicilia (16.200) e, in misura minore, in Basilicata, Lazio e Piemonte (1.400 complessivi).
La produzione 2024 ha registrato una nuova contrazione, attestandosi intorno alle 730.000 tonnellate, pari a un -14% rispetto al 2023 e a un -26% sul 2022. La Puglia guida la classifica con l’80% del raccolto, seguita da Sicilia (16%) e Basilicata (4%).

L’analisi varietale evidenzia un panorama in rapida evoluzione: le tre cultivar più coltivate restano Italia, Vittoria e Autumncrisp®, ma cresce con forza la diffusione delle varietà apirene (seedless). Nel 2023 queste hanno raggiunto il 57% delle superfici (contro il 42,5% delle varietà con semi), con una percentuale che supera il 78% negli impianti di età compresa tra 1 e 10 anni.

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L’uva da tavola non è solo una coltura strategica a livello produttivo, ma anche una delle punte di diamante dell’export ortofrutticolo italiano. Il 2024 ha segnato un risultato da record: il valore delle esportazioni ha superato i 900 milioni di euro, con una bilancia commerciale nettamente positiva pari a 850 milioni.

Le importazioni restano marginali e stabili, tra i 40 e i 50 milioni di euro, equivalenti a circa 20 mila tonnellate: numeri che impallidiscono se confrontati con circa 400 mila tonnellate esportate mediamente ogni anno dall’Italia. L’Europa si conferma il mercato di riferimento, con la Germania al primo posto (assorbe un terzo del totale), seguita da Francia e Polonia.

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Prezzi in accelerazione dal 2022, ma i volumi tengono
Negli ultimi cinque anni il comparto dell’uva da tavola ha registrato una dinamica evidente: prezzi in crescita e consumi in lieve flessione. L’aumento delle quotazioni è stato particolarmente marcato nell’ultimo biennio, con un incremento medio del 46% nei canali di vendita: il discount ha guidato la tendenza con un +50%, mentre il dettaglio tradizionale si è fermato a +37%.

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All’aumento dei prezzi ha fatto da contraltare un calo dei volumi, comunque contenuto: -12% rispetto al quinquennio, con un recupero già visibile tra il 2023 e il 2024. La contrazione si è rivelata più pesante per il dettaglio tradizionale, che ha perso più del 30%, mentre nel discount la flessione si è limitata a un -5%.

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Il quadro complessivo porta, comunque, a una crescita di fatturato: +27% per la categoria nel suo insieme, con picchi del +44% per il discount, mentre il canale tradizionale continua a soffrire (-13%).

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Se si allarga lo sguardo all’arco temporale 2016-2024, nei canali ipermercati e supermercati si osserva una crescita regolare dei prezzi fino al 2022, seguita da un vero e proprio boom tra 2023 e 2024: oltre 40 punti in più in soli due anni, per un progressivo che segna +62%.
Ciò che colpisce, tuttavia, è l’andamento dei volumi che non sono crollati. Infatti, rispetto a dieci anni fa risultano in calo del 10-12%, ma negli ultimi anni si sono stabilizzati, nonostante l’exploit dei prezzi.

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Uva da tavola: il confezionato vola grazie alle seedless, ma anche le varietà storiche sanno sorprendere
La tenuta dei consumi si spiega con l’avanzata delle uve senza semi, che, pur avendo prezzi medi più elevati continuano a conquistare i consumatori. A fare la differenza sono anche le nuove varietà, molto più performanti rispetto alle prime introdotte sul mercato.

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L’analisi del segmento confezionato nei canali iper e super, dal 2020 a oggi, parla chiaro: negli ultimi cinque anni il confezionato è cresciuto del 20% a volume e addirittura del 90% a valore. Se si isola la performance delle seedless, i numeri sono ancora più eclatanti: +130% a volume e +230% a valore.

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Varietà tradizionali: l’Italia arretra, ma la Pizzutella sorprende
Il confronto con le varietà con seme mostra uno scenario più sfumato. L’uva Italia confezionata fatica a tenere il passo delle seedless, con volumi quasi dimezzati. Ma non tutte le cultivar storiche sono in declino: alcune, se valorizzate correttamente, riescono ancora a imporsi. È il caso della Pizzutella, che sta vivendo una seconda giovinezza con un +55% a volume e +81% a valore. Un risultato che conferma come anche le uve tradizionali possano ritagliarsi uno spazio, soprattutto quando inserite in progetti di valorizzazione, spesso nell’ambito delle private label premium.

Sfuso in calo, ma il valore cresce
Sul fronte dello sfuso, il peso variabile continua a perdere terreno: oltre -20% a volume. A valore, però, regge, tanto che la somma di peso imposto e peso variabile porta a un saldo complessivo positivo: +34 punti a valore contro un calo del 9% a volume.

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La stagionalità: settembre resta il mese chiave
Un ultimo elemento riguarda la stagionalità delle vendite. Analizzando le campagne più recenti nel canale iper+super, emerge che i mesi decisivi sono agosto, settembre e ottobre, che da soli sviluppano circa il 70% delle vendite a volume. In particolare settembre concentra un terzo dell’intera campagna, confermandosi il mese cruciale. Giugno, luglio, novembre e dicembre hanno invece un peso marginale, oscillando tra il 3 e il 6%.
Da non trascurare, però, la presenza del prodotto di contro stagione, che garantisce la disponibilità dell’uva da tavola negli scaffali del reparto ortofrutta durante tutto l’anno. Una continuità che rappresenta un valore aggiunto, soprattutto nell’ottica di politiche di marca. (bf)