Il meglio di IFN
Strategie opposte per l’ortofrutta bio in Gdo
Da 6 a 46 referenze, aree dedicate o affiancamento al convezionale ma spazio per referenza risicato

Il biologico rappresenta una categoria ormai consolidata all’interno del reparto ortofrutta della Gdo. Tuttavia, da diversi anni le vendite risultano stagnanti, con un’incidenza che fatica a superare il 2-3% del totale ortofrutta. Le cause sono molteplici, a partire dal fatto che nel tempo, si è cercato di intervenire sulla ‘sicurezza’ percepita nel reparto introducendo anche linee alternative al biologico, come il ‘residuo zero’, e affini (senza diserbanti, etc…), o rafforzando le garanzie offerte dalle Mdd e dai marchi dei fornitori sulla produzione integrata, ma anche incrementando la presenza di prodotti locali.
Sicurezza e fiducia restano elementi chiave nel processo d’acquisto: pur essendo i principali driver del consumo dell’ortofrutta biologica, non sembrano però sufficienti a determinare una crescita significativa delle vendite, almeno non in tutte le categorie. Ma, come detto, gli elementi che entrano in gioco sono molteplici e le strategie delle diverse insegne risultano molto differenti, non solo nelle numeriche o nelle scelte assortimentali e dei marchi, ma anche nelle modalità espositive e nelle fasce prezzo. Di certo, è evidente un’attribuzione di spazio medio per referenza inferiore rispetto alla media delle categorie analizzate in passato.
L’analisi che presentiamo oggi intende offrire una panoramica su questi aspetti, attraverso una fotografia basata su una rilevazione effettuata a inizio giugno presso sei punti vendita di altrettante insegne nella piazza di Reggio Emilia, in un periodo in cui gli assortimenti iniziano ad arricchirsi anche con referenze estive.

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La prima evidenza rilevante riguarda le scelte in termini di ampiezza assortimentale, che si articolano in tre strategie distinte: un assortimento ampio e profondo, come Coop, con ben 46 referenze. Altri, come Conad ed Esselunga, si collocano su un livello intermedio, con circa 20-25 referenze. Infine, insegne come Eurospar, Lidl ed Eurospin propongono un assortimento più essenziale, con meno di 10 referenze.
Analizzando la suddivisione tra frutta e verdura, emerge una leggera prevalenza delle referenze orticole, che rappresentano complessivamente il 54% dei prodotti rilevati. Questo dato varia leggermente nei punti vendita con assortimenti intermedi: ad esempio, Conad raggiunge il 60% di verdura, mentre Esselunga si attesta al 48%.
Un ulteriore aspetto significativo riguarda le modalità espositive prevalenti. Alcuni negozi raggruppano le referenze biologiche in una o due aree dedicate, nel caso di Coop con vendita assistita, mentre altri le collocano accanto ai prodotti convenzionali della stessa categoria. Anche la tipologia di struttura espositiva varia: si passa infatti da espositori a temperatura controllata (frigoriferi), per prolungare la shelf life dei prodotti, a quelli a temperatura ambiente.

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Passiamo ora ad analizzare come gli assortimenti si articolano a livello di specie o categorie, stilando una classifica basata sul numero complessivo di referenze rilevate. In testa troviamo pomodori e mele, due categorie di grande rilevanza, con i pomodori - in particolare - che beneficiano della stagionalità e risultano quelli più trattati delle insegne. Va però segnalato che da Eurospin i pomodori erano assenti, mentre Coop e Conad proponevano rispettivamente 5 e 3 referenze.
A seguire troviamo carote e limoni, che insieme alle banane rappresentano da tempo le referenze bio più consolidate. Nel caso dei limoni, la loro diffusione è legata anche alla funzione d’uso: essendo spesso consumati con la buccia, il ricorso al biologico è particolarmente apprezzato, ad esempio nella preparazione dei dolci.
Per le altre categorie, la presenza di referenze è più limitata e spesso circoscritta ai punti vendita con assortimenti più ampi.

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Per quanto riguarda i brand, nei due punti vendita più grandi – Coop e Conad – si rileva la coesistenza della Mdd (Marca del distributore) con marchi di fornitori. Nelle altre insegne, invece, l’offerta è quasi esclusivamente a marchio del distributore, con l’unica eccezione di Lidl, dove erano presenti due referenze di frutta biologica a marchio del fornitore.
Nel complesso, la Mdd domina in termini numerici, rappresentando il 63% delle referenze totali: il 29% nel comparto frutta e il 34% in quello della verdura.

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In termini di spazio espositivo assoluto, si osserva una chiara correlazione con il numero di referenze trattate: Coop presenta il picco massimo, seguita da Conad ed Esselunga con un livello intermedio, mentre gli altri tre punti vendita mostrano valori minimi. Tuttavia, se si considera lo spazio relativo (quindi quello medio per referenza), emergono dati significativamente più bassi rispetto a quelli riscontrati nella maggior parte delle altre categorie analizzate nei mesi precedenti.

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Chiudiamo con la consueta analisi dei prezzi, uno dei principali imputati sull’acquisto di ortofrutta biologica. La tecnica produttiva adottata nel bio comporta inevitabilmente un aumento del prezzo al chilo rispetto al prodotto convenzionale. Tuttavia, questi aspetti tecnici non sempre sono chiari ai responsabili acquisto, e ciò può compromettere la percezione di valore del prodotto, soprattutto quando il gusto non rappresenta un elemento distintivo.
Senza entrare nel dettaglio delle singole categorie, i dati rilevati in questa analisi mostrano un prezzo medio intorno ai 6 euro al chilo sia per frutta che per verdura. Questo valore risulta nettamente superiore rispetto alla media ponderata dei prezzi nella Gdo (ipermercati e supermercati) rilevata nella stessa settimana, che si aggira intorno ai 3 euro al chilo.
Va detto che il confronto non è statisticamente confidente, poiché si confrontano dati raccolti “one shot” su singole referenze con una media ponderata basata sulle quantità vendute. Tuttavia, il divario evidenziato offre una chiara misura della barriera percepita dal cliente al momento dell’acquisto, soprattutto in presenza di picchi di prezzo rilevanti, come nel caso di alcune referenze di frutta (fino a 20 €/kg) o di verdura (fino a 15 €/kg).
Sono stati rilevati anche casi con prezzi minimi attorno ai 2 €/kg, ma nel complesso la variabilità riscontrata è molto elevata, la più ampia mai registrata nelle nostre analisi. Questa ampia oscillazione contribuisce a generare ulteriore confusione nel consumatore, soprattutto in un contesto in cui lo shopping alimentare avviene sempre più spesso in punti vendita diversi.

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Nota: Da questa analisi abbiamo escluso mirtilli e zenzero per un euro-chilo fuori scala rispetto agli altri prodotti e una variabilità troppo elevata in un campione così piccolo. (bf)



















