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Stop alla plastica: un disastro da 1,5 miliardi di Euro per l’ortofrutta italiana
Il regolamento europeo sugli imballaggi rischia di far crollare le vendite di pomodori, piccoli frutti e uva da tavola

Una celebre pubblicità in onda da anni sulle principali reti televisive generaliste avverte che la scomparsa delle api minaccia importanti colture come pomodori e fragole. Tuttavia, questa narrazione appare eccessivamente allarmistica, considerando che le superfici coltivate di questi prodotti sono in costante crescita.
A rappresentare una minaccia più concreta per il comparto ortofrutticolo è piuttosto l'entrata in vigore, prevista per il 2030, del Regolamento Europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (PPWR - Packaging and Packaging Waste Regulation). Tra le misure più dibattute del regolamento spicca il divieto di confezionamento in plastica per frutta e verdura fresca sotto 1,5 kg. Un provvedimento che colpisce, per l’appunto, pomodori e fragole, tra i prodotti ortofrutticoli più frequentemente venduti in confezioni di plastica. Oltre a pomodori e fragole, anche ciliegie, uva da tavola e frutti di bosco sono tradizionalmente venduti in imballaggi plastici. La ragione è semplice: questi frutti presentano caratteristiche tali per cui l’involucro in plastica risulta ancora una soluzione ottimale per la vendita al dettaglio, garantendo protezione e conservazione.
Un rischio economico da 1,5 miliardi di euro
Per comprendere l'impatto economico di questa norma, le analisi del Monitor Ortofrutta di Agroter hanno stimato il valore dei prodotti confezionati (pomodori, ciliegie, fragole, frutti di bosco e uva da tavola) nel canale ipermercati e supermercati: 1,4 miliardi di euro, pari al 70% del totale. A questo dato va aggiunto il canale discount, che detiene una quota del 25% del mercato e un valore stimato di circa 300 milioni di euro.
Considerando anche una quota di prodotti confezionati con altri materiali, il valore complessivo dei prodotti ortofrutticoli a rischio supererebbe 1,5 miliardi di euro.
A gravare ulteriormente sulla filiera, vi sono i circa 400 milioni di euro sviluppati dalle aziende italiane produttrici di imballaggi in plastica per l’ortofrutta, tra i leader europei del settore, visto che oltre il 70% degli imballaggi per ortofrutta utilizzato in tutta Europa è prodotto da aziende italiane. "Il conto, già di per sé salato, si aggraverebbe ulteriormente se aggiungiamo i 400 milioni di euro sviluppati dalle aziende italiane che producono imballaggi in plastica per l’ortofrutta, con ricadute occupazionali drammatiche", sottolineano Mauro Salini e Roberto Zanichelli, rispettivamente Presidente e Communication Committee di Pro Food, gruppo merceologico interno alla Federazione Gomma Plastica (Confindustria), che riunisce 14 aziende italiane produttrici di contenitori in materie plastiche per alimenti e bevande.

Liste di esenzione: un rischio di frammentazione normativa
Oltre all'impatto economico diretto, un altro nodo critico riguarda le liste di esenzione previste dal regolamento, ossia l’elenco dei prodotti e delle grammature escluse dal divieto di imballaggi in plastica. Queste liste saranno redatte dai singoli Stati membri sulla base di linee guida che la Commissione Europea dovrà predisporre entro il 2027. Ciò significa che dal 2027 ogni Paese potrà determinare autonomamente le proprie liste di esenzione, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030.
Questa situazione potrebbe generare due problematiche principali:
1. Frammentazione normativa: Ogni Stato potrebbe redigere liste d’esenzione differenti, con il rischio di creare 27 liste diverse all’interno dell’Unione Europea. Questo scenario comprometterebbe la fluidità degli scambi commerciali, introducendo confusione e inefficienze senza precedenti.
2. Esclusioni rischiose: Non è garantito che ogni Paese elabori la lista, il che porterebbe automaticamente al divieto di confezionamento in plastica sotto 1,5 kg.

Il rischio di un impatto catastrofico
"Lo scenario che si sta delineando è decisamente buio", avvertono Salini e Zanichelli. "Stiamo facendo tutto il possibile per limitare i danni, partecipando a riunioni con le istituzioni europee e le principali associazioni ortofrutticole nazionali e europee". Pro Food evidenzia come ci siano preconcetti ideologici contro la plastica, nonostante le soluzioni attualmente in uso siano già tra le più riciclabili e realizzate fino all'80% con materiali riciclati. A rinforzare l'opinione Profood porta uno studio basato sul metodo Life Cycle Assessment (LCA) in cui si dimostra che il packaging in rPET offre prestazioni ambientali migliori rispetto al cartoncino teso, sia in termini di emissioni di CO₂, consumo di suolo e risorse idriche, sia per la riduzione dello spreco alimentare lungo la filiera.
"Eliminare il packaging in plastica aumenta gli sprechi e l'impronta ambientale complessiva", ribadiscono i rappresentanti di Pro Food. A influire su questa linea politica è anche la posizione della Francia, uno dei Paesi più intransigenti anche se ha già dovuto ritirare ben 2 decreti sul tema.
"Stiamo mantenendo un dialogo continuo con le istituzioni europee per evitare una catastrofe economica e commerciale per il settore ortofrutticolo italiano ed europeo", concludono i rappresentanti di Pro Food, preoccupati per le ripercussioni di un regolamento che rischia di mettere in ginocchio l'intera filiera degli imballaggi in plastica e diversi comparti ortofrutticoli. (aa)
Foto apertura, da sinistra: Mauro Salini e Roberto Zanichelli, rispettivamente Presidente e Communication Committee di Pro Food
