Il meglio di IFN
Realizzare un nuovo pereto? Ecco cosa fare e cosa evitare
La ricerca guidata da UNAPera sta fornendo indicazioni tecniche a 360°
Di questi tempi convincere i frutticoltori del Nord Italia a impiantare un pereto – soprattutto di Abate Fétel – è un’impresa ardua. Difficile biasimarli, visto e considerato la lunga lista di avversità che hanno colpito questa coltura negli ultimi anni.
L’unico modo per invertire la rotta è trovare soluzioni, se non definitive, almeno praticabili per contenere i danni, ed è quello che sta cercando di fare UNAPera dalla sua costituzione, come è emerso nel recente evento che si è tenuto a Ferrara, dalle relazioni di Stefano Foschi, responsabile e coordinatore ricerca, sviluppo e sperimentazione di UNAPera, e di Michele Mariani, Agronomo della Fondazione per l'Agricoltura F.lli Navarra.
Probabilmente, gli esperti di frutticoltura storceranno il naso, perché solitamente occorrono diversi anni per comprendere e risolvere certe criticità di tecnica colturale. È una obiezione sacrosanta, ma nel momento in cui c’è una struttura, come UNAPera, che detta le linee guida tecniche dell’intero comparto grazie al continuo scambio di informazioni fra imprese ed enti di ricerca, è evidente che la velocità di affrontare e risolvere un problema è decisamente superiore rispetto a quando ognuno va per conto proprio.
Sicuramente, confrontandosi, è più facile capire dove si sbaglia: “in troppi pereti notiamo errori basilari che fin da subito limitano il potenziale di quell’impianto” ha evidenziato Michele Mariani. “Non dobbiamo sbagliare i fondamentali dell’arboricoltura, a partire dall’impollinazione. So benissimo che un impianto monovarietale è più facile da gestire, ma in una coltura come il pero che necessita dell’impollinazione incrociata, non si può pensare di risolvere la questione sfruttando solo la partenocarpia (formazione dei frutti senza l’atto fecondativo). Ogni 4-6 file occorrono 2 file di impollinanti che siano compatibili con la varietà principale. Questa precisazione sembra superflua, ma purtroppo non è così. Quindi, per fare due esempi concreti, l’Abate va impollinata con Conference e la Williams con Carmen e per essere ancora più efficaci è necessario inserire insetti impollinatori, ma pure in questo ambito occorrono dei distinguo: le api sono poco attratte dai fiori di pero (in particolare di Abate), meglio le osmie e i bombi”.
Le stesse sottolineature sono pervenute anche da Stefano Foschi - a dimostrazione di come su certi temi non ci siano più dubbi - che ha elencato alcuni spunti da considerare in fase di impianto: “La rete di copertura, alla luce delle continue grandinate è fortemente consigliata, al pari della difesa antibrina che va tarata in funzione della disponibilità d’acqua a livello aziendale e comprensoriale. Quindi, con una buona disponibilità idrica, si può ipotizzare un impianto sovrachioma a basso consumo; con una media dotazione d’acqua è meglio optare per l’impianto sottochioma e nel caso in cui non ci fosse acqua a sufficienza, si possono installare i ventoloni”.
“Per quanto riguarda l’irrigazione, nel caso di nuovi impianti è opportuno prevedere l’utilizzo di 2 manichette opportunamente distanziate (non meno di 60 cm), oppure lo sprinkler. Invece, negli impianti già in essere è importante aggiungere ove possibile una manichetta (sempre distanziandola e non affiancandola a quella precedente), oppure rispolverare l’utilizzo del rotolone, di modo da favorire una ripresa della colonizzazione, da parte delle radici, di nuove nicchie di suolo”.
Non poteva non mancare una indicazione sulla scelta del portinnesto, dove si nota una visione univoca per entrambi i ricercatori. Nel caso in cui la situazione pedologica non comporti fallanze da deperimento nell’impianto, si può prevedere di proseguire con il portinnesto cotogno per la varietà Abate, optando, per una combinazione vigorosa con il BA29 e l’intermedio di Butirra Hardy.
Occorre rimarcare come l’impiego del cotogno debba essere accompagnato da una estrema cura da parte del pericoltore, a partire dalla gestione dell’astone appena impiantato, dove si consiglia di “intestare” (cimare) la chioma in modo che ci sia un maggior equilibrio con l’apparato radicale. Nel caso in cui il terreno non sia adatto al cotogno, conviene puntare su portinnesti più vigorosi, e la prima scelta, sempre parlando di Abate, è l’innesto su Conference autoradicato che è la combinazione che offre il miglior compromesso tra vigoria non eccessiva, entrata in produzione non troppo posticipata, e produzione (quantità, costanza e qualità).
Il punto critico di questa soluzione è la fase successiva al trapianto, dove si nota una certa difficoltà nella prima fase di insediamento che deve essere gestita con estrema cura. Una volta passato questo momento, la pianta inizia a vegetare con una certa vigoria che le consente di affrontare con minore difficoltà le problematiche fitopatologiche o ambientali che si presentano.
Per particolari situazioni, ove il tecnico e l’azienda hanno pregresse esperienze, si può consigliare l’utilizzo di Autoradicato Abate diretto o il portinnesto Franco Farold 40. Da notare, come a partire da questa annata inizierà la sperimentazione su nuovi portinnesti provenienti dalla Germania, come la serie BAY e Refia®.
Per quanto riguarda la forma d’allevamento ci si sta orientando verso una forma in parete molto libera con l’obiettivo di riempire gli spazi disponibili in modo da massimizzare la resa produttiva.
In conclusione, è difficile prevedere se queste prime indicazioni stimoleranno i frutticoltori a investire in nuovi pereti, ma è innegabile che per ripartire, la pericoltura necessita di certezze, che finalmente stanno prendendo forma. (gc)