Pomodori e melanzane XXL: la chiave è nei geni

Una ricerca USA svela i geni che regolano forma e dimensione dei frutti

Pomodori e melanzane XXL: la chiave è nei geni

Pomodori e melanzane più grandi e gustosi: è la promessa di una nuova scoperta scientifica che potrebbe cambiare il volto dell’orticoltura mondiale. Un team di ricercatori della Johns Hopkins University e del Cold Spring Harbor Laboratory, negli Stati Uniti, ha individuato i geni responsabili delle dimensioni dei frutti in alcune delle colture più importanti del genere Solanaceae. I risultati, pubblicati su Nature, aprono la strada allo sviluppo di varietà orticole più adatte alla produzione su larga scala e più vicine ai gusti dei consumatori. 

La ricerca si inserisce all’interno di un più ampio progetto internazionale – come si legge su Valenciafruits.com - che mira a mappare i genomi di 22 colture del genere Solanaceae, tra cui pomodori, melanzane e peperoni. Grazie a tecnologie di analisi genomica avanzate e al sistema di editing genetico CRISPR-Cas9, gli scienziati hanno potuto identificare e modificare i cosiddetti paraloghi, ovvero geni duplicati nel corso dell’evoluzione che influenzano tratti agronomici fondamentali come dimensioni, forma, e numero di loculi nei frutti. «Abbiamo osservato che più loculi ha un pomodoro, maggiore sarà la sua dimensione», spiega il genetista Michael Schatz della Johns Hopkins. «Modificando questi geni, siamo riusciti a coltivare frutti significativamente più grandi».

Un potenziale per le varietà locali
La portata di questa scoperta va ben oltre l’aspetto dimensionale. Nella melanzana africana (Solanum aethiopicum), coltivata in diversi Paesi africani e in Brasile, è stato individuato un gene che controlla il numero di cavità seminali. Intervenendo su questo gene, è possibile sviluppare varietà più produttive senza alterarne le caratteristiche organolettiche o culturali, rendendole più appetibili anche per i mercati internazionali.

«Una volta ottenuto un seme modificato, con le dovute autorizzazioni può essere diffuso ovunque ce ne sia bisogno», sottolinea Schatz. «Il potenziale per l’agricoltura globale è enorme: si aprono mercati, si ottimizzano le produzioni, si valorizzano varietà antiche finora escluse dalla Grande distribuzione organizzata». Uno degli aspetti più affascinanti dello studio è l’approccio cosiddetto “pangenetico”, che prevede l’analisi congiunta del patrimonio genetico di più specie. Questo metodo ha permesso ai ricercatori di trasferire rapidamente le conoscenze acquisite sul pomodoro alla melanzana africana, e viceversa. In questo scambio virtuoso sono stati scoperti nuovi geni in entrambe le colture, con potenziali applicazioni su tutta la famiglia delle Solanaceae.

«Studiare più specie insieme ci ha permesso di fare un balzo in avanti nella comprensione genetica delle piante», afferma Schatz. «E soprattutto di portare nuovi frutti, nuovi sapori e nuove opportunità sulle tavole di tutto il mondo». In un settore dove l’innovazione spesso si scontra con la necessità di preservare la biodiversità, questa ricerca suggerisce che non solo è possibile un equilibrio, ma che può diventare il motore della prossima rivoluzione agricola.