Per il mango sperimentato un rivestimento per allungarne la conservazione

Si tratta di una patina commestibile di carbossimetilcellulosa

Per il mango sperimentato un rivestimento per allungarne la conservazione

Il mango conquista sempre di più i consumatori italiani, tanto che le superfici coltivate in Italia sono in aumento e c’è una vera e propria nicchia di clienti che apprezzano questo frutto tropicale per le sue caratteristiche organolettiche e per il suo valore nutrizionale. Tuttavia, essendo un frutto climaterico ha una shelf-life ridotta e la sfida della filiera è quella di aumentare la vita post-raccolta di questo frutto. Tra i problemi principali vi è la difficoltà ad esportare il mango per la bassa conservabilità dei frutti tropicali.

Tra le tecniche più utilizzate per migliorare la vita del prodotto vi è la conservazione a bassa temperatura, ma con temperature inferiori a 13° i frutti iniziano a riscontrare qualche danno, così si stanno sviluppando nuove tecniche. Tra le più avanzate vi è l’utilizzo di rivestimenti commestibili che possono essere applicati direttamente al prodotto con l’enorme vantaggio di ridurre l'uso di imballaggi non biodegradabili. 
Tra questi rivestimenti vi è la carbossimetilcellulosa (CMC), che è un derivato della cellulosa, ampiamente studiato come rivestimento commestibile e che ha un grande potenziale per formare uno strato trasparente e flessibile e così aderire alla superficie del prodotto trattato. La CMC è insapore, inodore, non è tossica ed è facilmente biodegradabile, oltre ad avere un basso costo ed essere solubile sia in acqua fredda che calda.

A livello sperimentae si è visto come l'impatto di un rivestimento al 3% di carbossimetilcellulosa sul mango durante la conservazione a 20°C per 10 giorni abbia ridotto la maturazione dei frutti, mantenendo un ottimo colore della buccia e garantendo un'acidità titolabile sostanzialmente più elevata. In conclusione, il rivestimento al 3% di CMC può essere un approccio efficace per mantenere la qualità della frutta dei manghi raccolti anche durante la conservazione a 20°C.

Fonte: Adriana Sousa e Silva Carvalho et al., Multi-Science Journal