Peperoni in serra: con i nuovi trapianti, torna l’allarme mosca bianca

Il TYLCV resta la minaccia più grave trasmessa dall’insetto vettore

Peperoni in serra: con i nuovi trapianti, torna l’allarme mosca bianca

Con l’inizio dei nuovi cicli di trapianto del peperone in serra, torna d’attualità una delle minacce più temute dagli orticoltori: la mosca bianca delle serre, Trialeurodes vaporariorum. Invisibile a prima vista ma capace di causare danni rilevanti, questo piccolo insetto rappresenta una sfida costante per chi coltiva in ambienti protetti. La sua presenza, infatti, è favorita proprio dalle condizioni stabili di temperatura e umidità tipiche delle serre, che ne permettono la sopravvivenza e la riproduzione durante tutto l’anno. Come spiegano Nancy Vitta P. e Virginia Aguilar G. dell’INIA La Platina, in Cile – dove la mosca bianca è diffusa dal nord fino all’estremo sud, Isola di Pasqua inclusa – il problema è particolarmente sentito nella coltivazione del peperone, una delle specie più colpite. Le prime infestazioni tendono a manifestarsi già nei germogli più giovani: è qui che le femmine depongono le uova, avviando un ciclo biologico rapidissimo, che può completarsi in meno di un mese. Da ogni femmina possono nascere fino a 350 uova, un potenziale moltiplicatore che spiega l’estrema velocità con cui le popolazioni aumentano.

I danni provocati non si limitano all’assorbimento della linfa, che indebolisce le piante e ne riduce la resa. Le mosche bianche rilasciano una sostanza zuccherina, la melata, che ricopre le foglie e favorisce lo sviluppo della fumaggine, un fungo nero che ostacola la fotosintesi e compromette l’aspetto commerciale dei frutti. Ancora più insidioso è il loro ruolo come vettori di virus, in particolare il Tomato Yellow Leaf Curl Virus (TYLCV), noto per provocare gravi danni economici, fino alla completa perdita del raccolto in varietà sensibili.

Il controllo di questo parassita non è semplice, perché si tratta di una specie molto adattabile, capace di sviluppare resistenze ai principali insetticidi. Per questo, sottolineano le ricercatrici dell’INIA, è indispensabile adottare un approccio integrato. Fondamentale è il monitoraggio attento sin dalle prime fasi colturali, osservando con regolarità la pagina inferiore delle foglie dove si insediano uova e ninfe. Anche la gestione delle infestanti gioca un ruolo importante: erbe spontanee come la malva e il ñilhue possono fungere da serbatoi, rendendo necessario il loro contenimento sia dentro che attorno alle serre.

Accanto ai metodi chimici – da usare in modo selettivo per evitare lo sviluppo di resistenze – oggi si affiancano tecniche sostenibili, come l’impiego di insetti utili, tra cui Encarsia formosa, un piccolo imenottero che parassitizza le larve della mosca bianca. Anche strumenti semplici ma efficaci, come le trappole cromotropiche gialle, posizionate in modo strategico nella serra, possono aiutare a tenere sotto controllo le popolazioni adulte. Infine, un’attenzione particolare va riservata alla pulizia dell’ambiente serra: i residui colturali, se lasciati in campo, possono fungere da rifugio per nuovi focolai. La loro rimozione tempestiva e il corretto smaltimento sono passaggi fondamentali in un percorso di prevenzione. Nel pieno della nuova stagione del peperone, la consapevolezza del rischio legato alla mosca bianca deve tradursi in un’agricoltura attenta, preparata e capace di integrare conoscenza tecnica e pratiche sostenibili. Solo così sarà possibile proteggere le colture e garantire produzioni di qualità, anche nei periodi più critici.