Il meglio di IFN
Morìa del kiwi: la prevenzione passa da una corretta irrigazione
Pierpaoli (Jingold): «C’è la tendenza a eccedere, occorre maggiore precisione»
Una irrigazione scrupolosa ed una regimazione delle acque in eccesso altrettanto oculata sono alla base della strategia di difesa atta a contrastare l’insorgere della Morìa del kiwi. Queste evidenze sono recentemente emerse durante uno degli eventi del Gruppo di lavoro sull'actinidia della Società di ortoflorofrutticoltura (SOI), coordinato dal Prof. Cristos Xiloyannis, dedicati a questa fisiopatia, che si è tenuto in Calabria, dove si è fatto il punto della situazione, partendo dall’analisi di alcuni casi studio significativi, che hanno permesso di dibattere su cause e rimedi da adottare in campagna.
L’evento ha visto la partecipazione di primarie aziende del comparto del kiwi, come Jingold, che hanno illustrato la loro esperienza in merito. “È fondamentale sensibilizzare i produttori e i tecnici che si occupano di kiwi su come affrontare questa fisiopatia multifattoriale particolarmente pericolosa – spiega a IFN Cristina Fabbroni, responsabile tecnico di Jingold – perché solo così sarà possibile contenere la diffusione della Morìa, considerando che fino ad ora ha provocato l’espianto di migliaia di ettari lungo tutto la Penisola, in particolare in Veneto, Piemonte e Lazio”.
A oltre 10 anni dalla sua comparsa, fra i ricercatori c’è oramai una convergenza sulle cause che provocano la Morìa del kiwi, come ci racconta Emanuele Pierpaoli, Agronomo dell’azienda cesenate: “Analizzando nel dettaglio gli impianti colpiti da questa fisiopatia emerge una irrigazione in eccesso rispetto alle reali esigenze della pianta che, alla lunga, provoca una destrutturazione del terreno (soprattutto se lo sgrondo delle acque non è efficace) e, quindi, una situazione di asfissia cronica che, da un lato, provoca la morte delle radici per mancanza di ossigeno, e, dall’altro lato, favorisce l’insorgere di tutti quei patogeni che vivono in ambiente anaerobico come i funghi del genere Cylindrocarpon”.
“Spesso si tende a sottovalutare il drenaggio delle acque in eccesso, solo perché non si notano accumuli d’acqua in superficie, ma effettuando dei carotaggi negli impianti più colpiti, fra 1-1,5 metri di profondità, si osserva un terreno asfittico e destrutturato dove le radici non possono fare altro che deperire.”
Questo fenomeno è stato ben spiegato durante l’evento da uno dei ricercatori presenti, ovvero il professore Bartolomeo Dichio, docente dell’Università della Basilicata, che ha illustrato una prova sperimentale, che prevedeva, all’interno di un filare gravemente affetto da moria, lo scavo di una trincea all’interno della quale è stato eliminato il terreno “destrutturato” sostituito con altro ben strutturato contenente una buona dotazione di matrice organica. Contestualmente è stato effettuato un drenaggio delle acque della falda ipodermica ed applicata una irrigazione di precisione riducendo in modo significativo i volumi di irrigazione. “Dopo questo intervento – ha spiegato il Prof. Dichio - le piante di quel filare di actinidia si sono riprese a differenza delle restanti che sono deperite”.
“Chiaramente – prosegue Pierpaoli – questa appena illustrata è una tecnica applicabile su piccole porzioni, ma spiega perfettamente cosa provoca la Morìa del kiwi e quali correttivi andrebbero applicati per risolvere la situazione. In pratica si deve eliminare l’acqua in eccesso e ristabilire la struttura del terreno che è un processo complesso e laborioso quindi è fondamentale cercare di prevenire l’insorgenza della Morìa”.
E aggiunge: “In prima battuta bisogna calibrare l’irrigazione in funzione del reale fabbisogno della pianta, che varia in relazione della fase fenologica e del periodo stagionale, conoscendo, da una parte, di quanta acqua al giorno ha bisogno il nostro frutteto e, dall’altra, misurando la quantità che effettivamente viene distribuita ad ogni intervento irriguo. Per esempio, già un contalitri, che ha un costo irrisorio, può essere di grande aiuto per essere più precisi e consapevoli dei volumi distribuiti, senza dimenticare tutta la sensoristica per monitorare il contenuto idrico del suolo e lo stato idrico della pianta che, nel campo dell’irrigazione, si sta evolvendo di anno in anno”.
“Oltre all’irrigazione – specifica - è fondamentale la gestione agronomica del terreno. In funzione della tessitura si devono adottare tutte le tecniche necessarie a regimare le acque, a partire dalla baulatura. L’altro obiettivo è mantenere un contenuto adeguato di sostanza organica, che è un nostro alleato sia per la fertilità complessiva sia per mantenere una struttura corretta del suolo. A tal proposito, la semina nell’interfila di essenze con differenti apparati radicali, che esplorano il suolo a diverse profondità, è molto utile a migliorare la porosità del terreno”.
“In conclusione – chiosa Pierpaoli – stiamo venendo a capo della Morìa del kiwi, sia in termini di comprensione degli elementi predisponenti il fenomeno della moria che di strategia di contrasto, ma per debellarla definitivamente occorre sensibilizzare ulteriormente i produttori sulle buone pratiche agronomiche da adottare, a partire dall’irrigazione”.(gc)