Il meglio di IFN
Meloni e angurie devastate dalle nutrie: “Perdite del 70%, è un incubo”
Senza risarcimenti, gli agricoltori soli contro l’invasione dei roditori

Campi devastati, serre violate, raccolti distrutti. È un grido d’allarme quello che arriva dalla Bassa emiliana, dove le nutrie stanno mettendo in ginocchio intere produzioni ortofrutticole, colpendo in particolare coltivazioni di meloni e angurie.
«Nel primo stacco in serra ho perso circa il 70% della produzione. E i danni continuano ogni notte, senza sosta», denuncia Nicola Vadala, titolare con il fratello dell’azienda agricola Vadas, che coltiva circa 7 ettari tra meloni e angurie a Campegine, tra Parma e Reggio Emilia. Una situazione che – secondo il produttore – si trascina da anni, ma che nel 2025 ha raggiunto livelli insostenibili: «Quest’anno le nutrie attaccano già dai primi frutti acerbi, su tutta la superficie aziendale, mentre in passato i danni erano limitati alle zone adiacenti al canale».

Non bastano più neppure le recinzioni. «Abbiamo recintato per centinaia di metri, ma trovano sempre il modo di entrare. Non c’è barriera che le fermi». I roditori colpiscono indistintamente serre e campo aperto, compromettendo intere piante e generando danni per diverse migliaia di euro.
«Noi produciamo un prodotto di alta gamma e sosteniamo costi importanti. È avvilente vedere tutto andare in fumo da un giorno all’altro», aggiunge Vadala, esasperato.

L’azienda ha chiesto aiuto alle istituzioni e alle associazioni di categoria. Alcuni interventi sono stati messi in campo: «Sono intervenuti i cacciatori, che in una giornata hanno abbattuto dieci esemplari, e sono state installate alcune trappole. Ma i raid continuano. Serve un piano di controllo sistematico, che parta mesi prima dell’avvio della campagna produttiva. Così non è più gestibile».

Sul fronte dei risarcimenti, la beffa. In Emilia-Romagna, i danni da fauna selvatica vengono gestiti da Regione e Province. Tuttavia, la nutria non è più considerata fauna selvatica risarcibile, e spetta ai singoli Comuni, su richiesta specifica, predisporre eventuali piani di contenimento.

Il caso dell’azienda Vadas è tutt’altro che isolato. In diverse zone dell’Emilia-Romagna, e non solo, i produttori agricoli lamentano crescenti difficoltà nella convivenza con una fauna selvatica sempre più presente e difficile da gestire. È evidente che serva un cambio di passo nelle politiche di gestione, per trovare un equilibrio tra tutela ambientale e sostenibilità agricola. (aa)
