Dal campo
Melone Mantovano IGP: tre giorni tra campo e ricerca per il melone del futuro
Al primo simposio Bayer Crop Science, BASF | Nunhems, Rijk Zwaan, HM Clause e Syngenta insieme per mostrare l’innovazione di domani

Buyer, produttori e tecnici hanno affollato per tre giorni il campo prove sperimentale allestito in occasione del primo Simposio del Melone Mantovano IGP, che si è concluso ieri. Un evento che ha segnato un momento di confronto e aggiornamento tecnico senza precedenti per il comparto melonicolo del Nord Italia, reso possibile dalla sinergia di cinque colossi della ricerca sementiera internazionale: Bayer Crop Science, BASF | Nunhems, Rijk Zwaan, HM Clause e Syngenta.
Le cinque aziende hanno messo a disposizione know-how, genetica d’avanguardia e tecnologie per offrire ai partecipanti una panoramica completa sull’evoluzione varietale del melone. Una vetrina a cielo aperto dove toccare con mano le innovazioni più recenti: meloni retati, Charentais, Gialletti, Piel de Sapo, Galia, Harper e una vasta selezione di angurie – dalle mini seedless alle nere, fino alle nuove Crimson – sono stati i protagonisti delle visite guidate dai breeder e dai tecnici.

Il focus si è concentrato su resistenze genetiche, adattabilità climatica e qualità dei frutti, aspetti cruciali in un contesto produttivo sempre più esigente e condizionato dai cambiamenti ambientali. Il Simposio ha dimostrato come la ricerca possa tradursi in soluzioni concrete per la filiera, rafforzando il ruolo strategico dell’IGP Melone Mantovano nel panorama ortofrutticolo italiano.

L’area sperimentale, allestita a Lentigione di Brescello (RE) presso l’azienda agricola Don Camillo, si è sviluppata su circa due ettari di campo prova, dove erano coltivate oltre cento varietà tra meloni e angurie. Un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, affiancato da una struttura climatizzata pensata come vetrina espositiva delle principali novità proposte da ciascuna casa sementiera, con spazi dedicati al networking e alla condivisione di idee davanti a un caffè o una bibita fresca.

Una modalità di ingaggio più unica che rara e particolarmente efficace: non è frequente (per non dire impossibile), infatti, vedere i principali breeder internazionali confrontarsi sul campo con trasparenza e completezza, mettendo in mostra tutte le proprie soluzioni genetiche a produttori e buyer. Un’occasione preziosa per i professionisti della filiera, che in poche ore hanno potuto farsi un’idea chiara e concreta di quali saranno le varietà che domineranno il mercato nei prossimi anni.
Guidati dagli esperti delle aziende sementiere, i visitatori hanno potuto cogliere con immediatezza i trend emergenti: dal miglioramento delle resistenze genetiche alla crescente attenzione per l’adattabilità climatica, fino alle nuove esigenze del consumatore in termini di gusto, conservabilità e sostenibilità.
Infatti, nel giro di poche ore, grazie alle spiegazioni dettagliate fornite dai breeder sulle direttrici di ricerca varietale, è stato possibile farsi un’idea precisa dei meloni che vedremo nei campi – e sulle tavole – nei prossimi anni. Ogni tipologia ha naturalmente le proprie specificità, ma alcuni elementi chiave emergono come tendenze trasversali. Il primo, imprescindibile, è il gusto: la dolcezza resta il parametro di riferimento e si traduce nella misurazione del grado Brix, che idealmente dovrebbe attestarsi almeno sopra i 13-14°. A questo si aggiungono sfumature aromatiche sempre più ricercate, che contribuiscono a definire il profilo sensoriale di ciascuna varietà, rendendola unica.

Dal punto di vista delle dimensioni, si nota una spinta verso pezzature più contenute, con grammature comprese tra 0,8 e 1,5 chili, anche per le tipologie tradizionalmente più generose come il Piel de Sapo. Sul piano estetico, soprattutto per i meloni retati, si privilegia una buccia ben disegnata, con retatura fitta e regolare, mentre la fetta deve presentare una suddivisione uniforme e una colorazione verde brillante. La polpa cerca un equilibrio tra consistenza fondente e croccante: si evitano gli eccessi, sia verso la morbidezza che verso la durezza, puntando su texture gradevoli al palato e, al contempo, resistenti in fase di distribuzione. Un altro elemento sempre più apprezzato è la riduzione della cavità placentare, a vantaggio della resa effettiva del frutto.

Non meno importanti gli aspetti agronomici. Si lavora su piante vigorose, capaci di coprire bene il terreno e resistere agli stress ambientali, a partire dalle ondate di calore sempre più frequenti. Il pacchetto di resistenze genetiche è ormai un prerequisito: oidio in primis, ma anche virosi e afidi, nemici temuti in campo. Il tutto in un’ottica di sostenibilità, con varietà sempre più “resilienti” che rispondano alla crescente riduzione di principi attivi e alle richieste di un’agricoltura a basso impatto ambientale.
Il Simposio del Melone Mantovano IGP ha dunque offerto molto più di una semplice esposizione varietale: è stato un vero modello di divulgazione tecnica applicata, capace di unire campo, ricerca e confronto diretto tra tutti gli attori della filiera. Una formula vincente, che ha trasformato l’evento in un’esperienza immersiva, concreta e altamente formativa, lasciando il segno su chi lavora ogni giorno per costruire il futuro del melone italiano.
