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Meat sounding: cosa ne pensa il consumatore?
Le diciture sono chiare ma il confine è labile. L'approfondimento del Monitor Ortofrutta
Gli alimenti a base vegetale non sono più di nicchia e vengono consumati oggigiorno da milioni di italiani. Basta osservare con attenzione l'assortimento dei supermercati per notare quanto, negli ultimi anni, sia aumentata la gamma dei prodotti a base vegetale. Non a caso, le diverse insegne della grande distribuzione stanno dedicando nuovi spazi espositivi ai cosiddetti prodotti plant based per vegani e vegetariani, ma anche per i presunti flexitariani, ovvero coloro che desiderano fare scelte più sostenibili per l'ambiente e attente alla salute, contendendo così i consumi di carne, formaggio, uova e pesce. Il risultato è un’offerta sempre più ampia e profonda che si fa largo negli scaffali dei negozi, tanto da essere referenziata nelle posizioni di massima visibilità.
Tuttavia la dicitura con la quale vengono identificati i prodotti plant based può risultare fuorviante, in quanto si fa riferimento a preparazioni che vengono generalmente realizzate con carni. Pertanto, abbiamo chiesto al nostro panel di responsabili acquisti nazionali, attraverso una delle consuete ricerche del Monitor Ortofrutta di Agroter in partnership con Toluna, se evidenziazioni come “salsiccia di ceci”, “burger vegetali” o “altre preparazioni e tagli prodotti a base vegetale” generino confusione e inducano in errore chi acquista, oppure se il significato è chiaro e posto in maniera trasparente. Ne è risultato come più della metà degli italiani (53%) ritiene che le diciture alimentari sulle preparazioni a base vegetale siano chiare e trasparenti, anche se coloro che dichiarano che le evidenziazioni dei prodotti plant based generino confusione sono ben il 47% del campione.
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Venendo all’analisi per sesso, è fondamentale portare all’attenzione la forte spaccatura che vi è fra uomini e donne. Il 54% degli uomini infatti è maggiormente convinto che le diciture sui prodotti a base vegetale generino confusione ed inducano ad un acquisto errato mentre le donne, con il 56%, sostengono la chiarezza e la trasparenza con cui questi prodotti vengono comunicati.
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Passando poi al dettaglio per fasce d’età, emerge qualche differenza lampante. Si può notare, infatti, come fra i giovani vi sia una maggiore convinzione che i prodotti a base vegetale siano comunicati nel modo corretto e senza generare incomprensioni (62%), un risultato figlio probabilmente anche della maggiore tendenza al plant based fra le nuove generazioni. Discorso inverso vale, invece, per gli over 55, dove la percentuale scende al 50%.
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Passando infine alla distinzione per fasce di reddito, la percentuale di coloro che attestano che il significato delle diciture alimentari sulle preparazioni a base vegetale è chiaro e trasparente tocca il 67% fra le persone più abbienti, il che dimostra come la polarizzazione del reddito possa incidere sulle percezioni del responsabile acquisto italiano, specialmente sui prodotti non convenzionali.
Pertanto, abbiamo visto, seppur con qualche differenza, come sia labile il confine fra chi sostiene che le diciture sui prodotti a base di proteine vegetali siano chiare e chi invece ritiene che generino confusione. Urge quindi trovare una soluzione al cosiddetto “meat sounding”, a oggi le prescrizioni sono contenute nel provvedimento relativo al divieto di produzione e vendita di cibi prodotti con la carne sintetica, anche se siamo ancora in attesa della lista di parole che non potranno più essere utilizzate nelle etichette.