Dalla distribuzione
L’ortofrutta “povera” domina il 2023 con prezzi stellari
I casi più eclatanti: iceberg, patate, cipolle e angurie
Siamo nel pieno della campagna estiva e, ormai, tutte le referenze cardine della stagione hanno fatto il loro esordio; questi ultimi mesi ci hanno presentato il conto dei cambiamenti climatici; infatti, abbiamo assistito a eventi catastrofali che hanno messo in ginocchio alcuni comparti del settore. I meloni, ad esempio, hanno subito la mazzata delle piogge interminabili di maggio, le ciliegie hanno fatto i conti con le violente grandinate, le drupacee, per diversi fattori, non si sono prese la scena e l’uva sta per fare il suo ingresso in campo per cercare il riscatto dopo un 2022 da incubo… In tutto questo gli ortaggi hanno goduto, invece, di quotazioni “monstre” per il periodo.
Soffermandoci, infatti, sull’andamento dei primi sei mesi del 2023, si può constatare che sinora è stato l’anno della ribalta delle referenze “povere”: lattughe, patate, cipolle e angurie hanno stravolto i paradigmi del mercato con quotazioni record. Ovviamente, i fattori che hanno condizionato i prezzi, sono perlopiù, determinati dall’andamento climatico e, in verità, poco altro, per cui c'è da gioire con moderazione.
Ad esempio, patate e cipolle, a causa della siccità dei primi mesi dell’anno, hanno subito un’impennata dei prezzi di 50 centesimi rispetto il 2022. Ma a tutt’oggi con le patate la situazione non è diversa; infatti, sino a qualche mese fa parlavano del nuovo oro dell’ingrosso (approfondisci articolo), dove nei mercati le patate novelle venivano vendute dagli 80 centesimi fino a 1,10 al kg. Ma anche nelle ultime giornate di vendite, i tuberi difficilmente sono scesi sotto 1 euro al chilo. Questo andamento del prodotto proveniente soprattutto dal sud è condizionato dalla scarsità di merce in arrivo dagli areali vocati, come l’Emilia-Romagna, che hanno ritardato l'ingresso sul mercato a causa dell’alluvione.
Anche le cipolle hanno vissuto dei frangenti unici, soprattutto nei primi scampoli di anno, quando l’Europa reclamava cipolle e i prezzi erano inarrivabili. La siccità aveva compromesso le produzioni e l’unico Paese esportatore era l’Olanda; contingenza che ha fatto esplodere i prezzi, toccando picchi anche di 1,50 euro al chilo. Le insalate hanno avuto prezzi non prevedibili. Una su tutte, l’iceberg, che a febbraio ha fatto registrare picchi di 5 euro al chilo (approfondisci), grazie al calo termico repentino nel periodo che ha spinto le richieste mentre i volumi erano esigui.
Addirittura, per le arance, i calibri piccoli sono stati più desiderati e, in proporzione, più pagati rispetto ai calibro grandi; un vero e proprio cambio di rotta.
Le angurie, come riportavamo nell’articolo della settimana scorsa (leggi qui), hanno goduto di picchi storici, ovvero frutti venduti a 1,40 euro al chilo.
Possiamo perciò concludere che in ortofrutta gli ultimi, in termini di quotazioni, sono stati i primi… e vediamo se ci sarà un altro colpo di scena.