Il meglio di IFN
L’agricoltura in trincea sotto il fuoco del riarmo
Rischio tagli ai fondi PAC fino al 20% e perdita di valore reale degli aiuti al 54% entro il 2034

Un’Europa più armata, un’agricoltura più povera. È questo lo scenario che si profila all’orizzonte dopo il vertice NATO che ha ufficializzato l’impegno degli Stati membri a portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035. Per l’Italia significherebbe un aumento delle spese per la difesa dagli attuali 33,4 miliardi di euro l’anno a oltre 100 miliardi. Un salto che rischia di lasciare sul terreno vittime eccellenti: sanità, scuola e, soprattutto, agricoltura.
A preoccupare il comparto agroalimentare, già alle prese con un debito pubblico nazionale record (oltre 3.060 miliardi di euro ad aprile 2025) e con i danni sempre più gravi causati dai cambiamenti climatici, è la prospettiva che le risorse destinate alla Politica Agricola Comune (PAC) possano essere ridotte per finanziare le spese militari. Secondo alcuni studi, come quelli condotti da Farm Europe, senza un aumento del bilancio complessivo dell’UE, i fondi PAC potrebbero subire un taglio fino al 20%. Ma il danno reale potrebbe essere ancora maggiore: se la PAC non verrà adeguata all’inflazione, il valore effettivo del sostegno agricolo potrà perdere oltre il 54% entro il 2034 rispetto al 2020.
A lanciare l’allarme sono le principali organizzazioni agricole italiane. «Siamo davanti a una deriva bellicista che rischia di sacrificare l’agricoltura per finanziare il riarmo europeo», denuncia Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale CIA. Sicolo critica con forza la proposta della Commissione europea di concentrare le risorse in un fondo unico che accorpi agricoltura, energia, ricerca e difesa, mettendo settori così diversi in concorrenza tra loro per accedere ai finanziamenti. «L’agricoltura ha rappresentato la base del progetto europeo e ora rischia di diventare la vittima di una strategia miope e pericolosa», aggiunge.
Dello stesso avviso Ettore Prandini, presidente della Coldiretti: «Non possiamo pensare di rafforzare la difesa tagliando servizi essenziali come sanità, welfare e agricoltura. Se crolla il tessuto produttivo, la crisi diventa sociale e si innesca un effetto domino che danneggia l’occupazione, i consumi e la coesione stessa del Paese». Anche il segretario generale di Coldiretti Vincenzo Gesmundo, evidenzai criticità. “Esprimiamo forte preoccupazione per l’ipotesi di un fondo unico che accorpi le politiche europee, comprese le risorse della PAC e siamo pronti a una mobilitazione. La Presidente Von der Leyen sta proponendo di annacquare in un fondo unico le varie politiche europee, compresa la politica agricola comune. Si tratta di una proposta pericolosa che di fatto annullerebbe quell’eccezionalismo agricolo che ha garantito all’Europa di non avere crisi alimentari. E aprirebbe le porte alle importazioni di cibi che non rispettano i nostri standard ambientali, sociali e di tutela della salute. Il disegno è chiaro quando guardiamo ad alcuni accordi di libero scambio. Non siamo contrari al commercio – precisa – ma serve una rigorosa applicazione del principio di reciprocità: le stesse regole imposte ai produttori europei devono valere per tutti”.
Preoccupazioni condivise anche da Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, che sottolinea come le risorse destinate all’agricoltura rischino di finire per finanziare l’acquisto di armamenti, proprio mentre il comparto affronta una crisi senza precedenti. «Il clima sta devastando le nostre campagne: siccità, grandinate, eventi estremi stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura italiana. E ora rischiamo anche di perdere i fondi vitali della PAC», avverte Giansanti.
Il mondo agricolo chiede a gran voce un cambio di rotta: protezione del bilancio PAC, con risorse minime garantite e adeguate all’inflazione, e il riconoscimento della sicurezza alimentare come elemento fondamentale della sicurezza europea. «Non si può sacrificare la produzione di cibo per finanziare armi e carri armati», è il messaggio unanime. Il rischio, altrimenti, è di compromettere la capacità dell’Europa di garantire cibo sano e sicuro ai propri cittadini, proprio nel momento in cui le sfide globali – dai cambiamenti climatici alle tensioni geopolitiche – rendono più urgente che mai un’agricoltura forte e resiliente.



















