Dal campo
La nocicoltura italiana verso l'espianto?
Sciannimanica (OP Il Noceto) si interroga sul futuro del settore
È giunta al termine la raccolta di noci per la campagna 2023 de Il Noceto, l’Organizzazione di 14 produttori del Veneto e del Friuli, che ha portato a sfiorare le 1.000 tonnellate di secco, con una perdita rispetto al previsto di circa il 30% di prodotto, dovuta alle condizioni climatiche. Oltre a questo, le noci rimaste sono state attaccate da funghi e batteri e questo ha comportato la riduzione di un ulteriore 40%. A comunicarlo a IFN Michele Sciannimanica, direttore generale della OP, che ci ha fornito una panoramica di ciò che sta affrontando il comparto.
“Abbiamo provveduto alla vendita di quasi tutte le nostre noci e siamo alle battute finali per quanto riguarda le prenotazioni per le feste di Natale. Questo, nonostante il clima caldo fino a ottobre che non ha permesso il tradizionale aumento dei consumi, che si verifica generalmente da metà ottobre fino a dicembre aggravato dalla crisi economica delle famiglie che ne ha ridotto il potere di acquisto”, dichiara Sciannimanica. “Purtroppo, però, nonostante il prodotto di origine italiana fosse fortemente in deficit sui banchi dei mercati, il prezzo, tranne per qualche settimana, ha iniziato ad abbassarsi appena si sono aperte le trattative per le noci dalla California, vista la maggiore disponibilità di noli per i container rispetto agli anni precedenti”.
Una conferma arriva dalle statistiche sui volumi di noci importate dagli Stati Uniti che hanno fatto registrare un +14% da settembre a fine ottobre. Mentre, fino all’anno scorso, la tendenza portava il consumatore, e di conseguenza i commercianti, ad avvicinarsi al prodotto a km zero o comunque di origine nazionale, in questi mesi i buyer, per ragioni di continuità di approvvigionamento e di prezzo, hanno preferito offrire prodotti da oltre oceano a prezzi più bassi nella speranza di incentivare l’acquisto. Ma dover fare i conti con il prezzo dei prodotti importati è una pratica che accomuna tendenzialmente tutte le categorie dell’ortofrutta.
Le normative europee tese alla salvaguardia dell’ambiente, giuste sotto il profilo ecologico, rischiano di portare fuori mercato le aziende, che per costi maggiori e rese produttive inferiori, non possono più competere con il prodotto proveniente da paesi extra UE. A tal proposito Sciannimanica commenta: “Per dare un’idea della diversità di gestione della coltura al di fuori dell'UE, nelle linee tecniche di coltivazione delle noci pubblicato dall'Università della California, vengono consigliati ben 17 prodotti fungicidi mentre in Italia sono permessi o registrati solo 4. Inoltre, sono 7 i prodotti con efficacia battericida/batteriostatica consentiti nella lotta biologica, mentre noi abbiamo a disposizione solo il Rame. Ma attenzione, ne possiamo usare solo 4 chilogrammi all’anno per ettaro contro i 25 chilogrammi utilizzabili in California, il che ne azzera l’efficacia. Ricordiamo poi che negli USA come battericida è addirittura consentito sul noce l’uso di un antibiotico, la Kasugamicina”.
La OP Il Noceto investe da 20 anni in ricerca, in collaborazione con vari istituti come il CREA Roma, il DAFNE di Padova, la FEM di San Michele all’Adige. Inoltre, partecipa a gruppi spontanei di produttori che uniscono le loro forze per limitare le perdite di prodotto nei campi, investendo ogni anno dai 20 ai 60mila euro. Oltre a ciò, è previsto un budget di 150mila euro per l’assistenza tecnica alle aziende socie.
“Tutto questo però non basta a trovare nuove soluzioni per le problematiche di batteriosi, funghi e insetti che si stanno presentando continuamente a causa della limitazione dei principi attivi e per effetto del cambiamento climatico. È vero che il consumatore medio finora era disposto a pagare di più per una noce di qualità e di origine italiana, ma ora - in una situazione di crisi - le domande che ci dobbiamo porre sono: oggi, quanto sono disposti a pagare in più i consumatori italiani per una noce di origine italiana rispetto a una proveniente da mercati extra UE? Quanto aumenterebbe questo gap nel caso il consumatore sapesse riconoscerne anche le migliori qualità organolettiche? Quanto aumenterebbe inoltre questa forbice nel caso il consumatore sapesse anche che proviene da stati che non rispettano gli stessi standard ambientali dell’Europa? Quanto sono aumentati i costi per effetto del cambiamento climatico e delle limitazioni nei prodotti fitosanitari?"
"Non esiste una sola risposta ma molteplici e dipendono dalla prospettiva in cui ci si pone; innegabile però che i costi siano in aumento e la marginalità in diminuzione. Una cosa è certa, continuando così molti saranno costretti ad espiantare mentre alcuni lo hanno già fatto o lo stanno facendo”, conclude Sciannimanica.
In apertura foto di noceti espiantati fornita da Sciannimanica