La banana è l'unica soluzione per il binomio ortofrutta e qualità?

Le considerazioni del professor Bassi sul tema più spinoso per il comparto

La banana è l'unica soluzione per il binomio ortofrutta e qualità?

Il nostro articolo “Ciliegie scadenti a prezzi alti, di chi è la colpa?” relativo al nostro test sui primi frutti venduti in Gdo ha scatenato un dibattito ‘a caldo’ tra i nostri lettori.
Tra coloro che ci hanno scritto, vi riportiamo il commento del professore Daniele Bassi dell’università di Milano

Gent.mo,
ma che la frutta non venga valorizzata per la qualità è ancora una notizia? 
Il concorso di colpa è evidente, ma sappiamo che non c'è soluzione. Finché la maggior parte dei produttori non si renderà conto di cosa voglia dire:
1. produrre frutta, seguendo protocolli di qualità reale;
2. venderla in maniera remunerativa (quindi unendo gli uffici vendita);
Tutto il resto sono solo chiacchere che non servono a nulla.
Questo è il destino di noi consumatori: mangiar banane, l'unica frutta garantita per la costanza della sua qualità!

Buon lavoro!
Saluti
Daniele Bassi 
 

Caro Prof. Bassi,
sono lieto che l’articolo che ho scritto la settimana scorsa l’abbia spinta a inviarci le Sue stimolanti considerazioni in merito, che mi spingono a ulteriori riflessioni, spero utili al dibattito.
Innanzitutto, esco subito allo scoperto, in quanto sono un consumatore abituale di banane che è effettivamente fra i frutti più costanti a livello qualitativo e più comodi da mangiare, per esempio, sul luogo di lavoro. Senza dimenticare come il prezzo sia costante durante tutto l’anno.
Un discorso simile lo possiamo fare per le mele, dove va dato atto ai produttori italiani di garantire un prodotto che ha pochi eguali al mondo. E potremmo allargare il discorso anche al kiwi e altre filiere che non cito solo per non dilungarmi troppo, a dimostrazione di come i nostri produttori siano capaci di produrre frutta di qualità, soprattutto se ben remunerata.
A mio avviso, i problemi giungono soprattutto ad inizio stagione di ogni campagna frutticola, drupacee in primis, per le quali trovare un frutto commestibile è alquanto complicato, nonostante i prezzi da oreficeria, proprio come è emerso dalla nostra piccola analisi. Poi, con l’avanzare della stagione produttiva, il livello si alza e scommetto che quando andremo ad assaggiare alcune linee premium a marca del distributore troveremo la giusta qualità, magari a prezzi più bassi. È questo a mio avviso il vero paradosso che confonde il consumatore e che rischia di bloccare i consumi. Ed è anche inutile nascondersi dietro un dito affermando che “è normale che le prime varietà non siano buone da mangiare” come mi capita di sentir dire spesso fra i produttori, perché è altrettanto normale che il consumatore compri qualsiasi altra cosa lo soddisfi. 
Probabilmente ci vorrebbe il coraggio - come stanno facendo altre filiere, anche dei freschi - di sforzarsi a mettere in commercio solo  prodotti che abbiano un livello qualitativo elevato, per ottenerlo almeno accettabile nella pratica.