Imballaggi, tutti contro la proposta della Commissione

Nel mirino c’è il divieto delle confezioni monouso in plastica per frutta e verdura sotto 1,5 kg

Imballaggi, tutti contro la proposta della Commissione

In attesa del pronunciamento in merito al regolamento europeo sugli imballaggi (Ppwr, clicca qui per approfondire ), in programma per il 15 marzo pv, la filiera ortofrutticola europea si presenta compatta con una posizione fortemente contraria e adeguatamente argomentata. Il nodo cruciale, per quanto ci riguarda direttamente, rimane la proposta europea di vietare il confezionato per i prodotti ortofrutticoli di peso inferiore a 1,5 chilogrammi. Vi riportiamo i commenti di ProFood, Freshfel e di Unionplast – Federazione Gomma Plastica.


ProFood: il nuovo regolamento sugli imballaggi non costruisce, distrugge

Basta leggere l’allegato della proposta sulle restrizioni di immissione sul mercato (leggi “divieti”), per capire che, se questo sarà l’esito finale, si tratterà di un duro colpo all’efficienza e alla capacità di penetrazione in Europa della nostra filiera ortofrutticola; di una fonte di costi per la ristorazione collettiva; di una limitazione all’accesso sicuro ed economico a consumi alimentari di massa.
Nonostante l’impegno del Governo italiano e di tanti nostri rappresentanti a Bruxelles, e rovesciando la ragionevole proposta votata dal Parlamento europeo, alla fine i bandi previsti dall’articolo 22 si sono concentrati ed inaspriti solo sugli imballaggi in plastica: e su quelli per il confezionamento di frutta e verdura si è veramente toccato il fondo.
Perché l’articolo 22 prevede la messa al bando degli imballaggi per frutta e verdura non lavorate, per quantità inferiori al kilo e mezzo; ma anche la possibilità, per ogni stato membro, di introdurre specifiche esenzioni per dimostrate necessità di salvaguardia di specifiche varietà; ma anche la possibilità, per gli stati membri, di mantenere in essere ulteriori divieti, se già previsti da leggi nazionali; ma anche la possibilità, per la Commissione Europea, di aggiungere a seguire nuovi divieti.
Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i fondamentali del commercio comunitario può valutare se tutto ciò sia sostenibile o meno. Il risultato di questa miscela è semplicemente la distruzione del comparto dei produttori di imballaggi per ortofrutta: un’eccellenza italiana a livello europeo, visto che oltre il 70 % degli imballaggi per ortofrutta utilizzati in tutta Europa è prodotto da aziende italiane.
I produttori italiani di imballaggi in plastica per ortofrutta investono da sempre in sostenibilità e sviluppano già un’economia circolare, fatta di crescenti e rilevanti quote di riciclo dei prodotti immessi sul mercato.
Offriamo al mercato imballaggi così all’avanguardia che in molti casi rispettano già oggi non solo i criteri del regolamento 2023/2486 (“Regolamento sulla Tassonomia” che dovrebbe di suo definire attività e prodotti “sostenibili”), ma anche quelli che la stessa Ppwr ha come obiettivo per il 2040 (riciclabilità associata ad un contenuto medio di riciclato pari al 70% del peso dell’oggetto). Anche grazie alla disponibilità di questi imballaggi efficaci e sostenibili cresce l’export ortofrutticolo italiano.
E anche grazie ad essi a Berlino si mangiano pomodori di Pachino ben conservati, e a prezzi sopportabili.
Non c’è nessun dato oggettivo, nemmeno nello stesso studio su cui si fonda il Ppwr, che dimostri come le alternative permesse dalla Ppwr abbiano un impatto ambientale inferiore agli imballaggi in plastica, anzi!
La grandissima capacità di conservazione degli imballaggi in plastica riduce il deterioramento del contenuto e quindi il rischio di spreco alimentare: un aspetto fondamentale e che invece il legislatore ha trascurato. 
La sostenibilità ambientale non può essere disgiunta da quella economica: gli imballaggi alternativi costano almeno il doppio di quelli in plastica, e questo extra-costo, aggiunto a quello “invisibile” di alimenti gettati perché deteriorati più velocemente, finirà per ricadere soprattutto sugli agricoltori e sui consumatori finali, generando inflazione per molti prodotti, anche di qualità, del paniere alimentare.
Oggi la presenza degli imballaggi plastici, così economici, può fare da deterrente alla crescita dei prezzi delle soluzioni di imballaggio e distribuzione alternative: cosa accadrà domani?
Occorre poi essere chiari: in molti casi, quella che viene considerata la principale e più efficace alternativa alla plastica, ovvero la “carta”, solo carta non è, ma il risultato di un accoppiamento fra carta e plastica! Questo rende il riciclo degli imballaggi in “carta” (+ plastica) più complesso, e conduce ad un degrado del materiale riciclato che non può essere utilizzato per confezionare alimenti, cosa invece in molti casi fattibile con il riciclato plastico.
Anche la sostituzione della plastica con bioplastica, per questi imballaggi, non è una strada realisticamente percorribile: le nostre aziende producono già da anni contenitori in bioplastica, ma in questo caso i limiti di disponibilità, di costo, e ancor più di funzionalità rendono l’alternativa buona solo per quote minime della domanda della filiera agricola. 
Va detto peraltro che la grande distribuzione ha già fatto di propria iniziativa una sorta di selezione di quanto debba essere venduto sfuso (oggi circa il 50% del totale del mercato) e ha già introdotto alternative alla plastica laddove realisticamente possibile.
Il Ppwr vieta anche l’utilizzo di contenitori in plastica per il settore HoReCa, a partire dai bicchieri in plastica: un radicale inasprimento della recentissima -e non ancora del tutto implementata- Direttiva sulle plastiche monouso (“Direttiva SUP”).
I bicchieri in plastica sono, guarda caso, un’altra categoria di prodotti per cui le aziende italiane sono leader europee: smarcati dalla direttiva ma subito proibiti dal regolamento, dopo che le aziende produttrici hanno investito centinaia di migliaia di euro per adeguare gli impianti di produzione alle astruse richieste della Direttiva in termini di marcatura obbligatoria (il famoso logo della tartaruga).
E tutto questo a fronte di quali benefici ambientali?
È dimostrato che i benefici ambientali che il Ppwr dovrebbe portare, sono stati calcolati male e in modo parziale ed arbitrario, e ciononostante quel che ne risulta è irrisorio: in termini di emissioni di anidride carbonica, ben meno dell’1% di quanto prodotto ogni anno nella Comunità Europea.
Il Ppwr non porta frutti, ma è il frutto (avvelenato) di un preconcetto ideologico anti-plastica; vanifica tutti gli investimenti in sostenibilità fatti dalle nostre aziende; cancella oltre 2.000 posti di lavoro italiani, solo considerando i dipendenti diretti delle nostre aziende; ridurrà la competitività internazionale del sistema agro-alimentare italiano. Infine il Ppwr ostacolerà l’ulteriore crescita dell’industria del riciclo italiana, che i nostri prodotti contribuiscono ad alimentare: quando ben gestita, la plastica è una grande opportunità e non una minaccia, e questo modello produttivo-distributivo sarebbe da prendere ad esempio, non da condannare a morte.

Freshfel, il compromesso sulla nuova legge europea sugli imballaggi produrrà effetti gravi e senza precedenti sul funzionamento del mercato unico e danneggerà drammaticamente il consumo di prodotti freschi

Freshfel Europe ha reagito all’ultima bozza di compromesso del Ppwr con grande stupore e preoccupazione. La proposta Ppwr era un’opportunità per evitare l’imminente frammentazione dei requisiti di confezionamento negli Stati membri, armonizzando le norme a livello europeo. Il settore del fresco teme ora un mercato interno ancora più divergente e diviso.
Il delegato generale di Freshfel Europe, Philippe Binard ha commentato: “L’accordo di compromesso sul Ppwr ha snaturato il formato di regolamento della proposta che mirava a stabilire regole comuni per il mercato dell’UE. Purtroppo il compromesso sul Ppwr si sta spostando verso un approccio di “direttiva”, tollerando un alto livello di sussidiarietà che consente agli Stati membri di mantenere le loro legislazioni nazionali”.
Mentre il compromesso Ppwr consentirà eccezioni alla restrizione sugli imballaggi in plastica per i prodotti freschi, gli Stati membri avranno la competenza di redigere i propri elenchi nazionali di eccezioni, sulla base di linee guida che verranno dalla Commissione con il supporto dell’EFSA. Ciò provocherà una proliferazione di elenchi nazionali, nessun elenco sarà uguale all’altro, a causa delle differenze nelle culture alimentari, nei requisiti dei prodotti e nei modelli commerciali.
Binard, spiega che “non avendo un elenco armonizzato a livello di Unione europea di prodotti esenti che possono essere confezionati in imballaggi di plastica, avrà un impatto profondo sulla distribuzione all’interno del mercato unico dell’UE, soprattutto, ma non solo, nelle regioni di confine”. E ha aggiunto: “Quando i prodotti freschi vengono imballati, la destinazione finale è raramente nota. Di conseguenza, i prodotti freschi potrebbero dover essere disimballati e reimballati lungo la catena di approvvigionamento, causando un aumento dei rifiuti di imballaggio e mettendo a rischio la qualità del prodotto”. Freshfel Europe ritiene che questo sia un costo ambientale maggiore e non necessario che si ripercuoterà anche sui consumatori finali, aumentando il costo di una dieta sana e sostenibile.
Freshfel Europe inoltre deplora profondamente che il compromesso europeo sul Ppwr mantenga uno status discriminatorio per i prodotti ortofrutticoli freschi ovvero il concetto stabilito nella proposta della Commissione di limitare gli imballaggi per frutta e verdura fresca entro il 2030.
Joanna Nathanson, responsabile della sostenibilità e delle relazioni esterne di Freshfel Europe, ha commentato: “Il compromesso va contro la posizione del Parlamento europeo che ha deciso di eliminare questa discriminazione. Nessun’altra categoria di alimenti è soggetta a restrizioni simili. Il settore dei prodotti freschi è fortemente impegnato nella sostenibilità in tutti i suoi aspetti. Per orientare il settore dei prodotti freschi, che già punta alle migliori soluzioni ambientali, non sono necessarie regole scollegate dalla realtà imprenditoriale, garantendo al contempo qualità e freschezza per limitare i rifiuti, e le migliori soluzioni di confezionamento per un basso impatto ambientale mantenendo gli strumenti per promuovere prodotti freschi e guidare i consumatori verso diete più sane e sostenibili".
Il Presidente di Freshfel Europe Salvatore Laudani ritiene che l'imposizione di queste restrizioni solo per frutta e verdura fresca rifletta una "furia terapeutica" dei politici contro la frutta e la verdura fresca. Spiega, "La misura discriminatoria di queste restrizioni e le complicazioni aggiunte per il settore dei prodotti freschi sono infondate e senza basi scientifiche. Abbiamo ripetutamente comunicato ai legislatori il ruolo minimale del settore come utilizzatore di imballaggi e i passi già intrapresi verso le alternative più sostenibili, ma è ovvio che non siamo stati ascoltati e che i legislatori agiscono da una torre d'avorio e sono guidati da idee emotive". 
Freshfel Europe spera che i colegislatori possano condividere la loro saggezza e ritrovare l'ambizione originaria di ridurre gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio armonizzando le norme nel mercato interno. Ciò non può essere ottenuto sacrificando altri obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari e di prestazioni ambientali o stigmatizzando e discriminando un settore essenziale di prodotti freschi che fa parte delle soluzioni alle preoccupazioni della società. 

L’appello di Unionplast-Federazione Gomma Plastica a Commissione, Consiglio e Parlamento europeo a garantire norme eque e razionali

Siamo quasi vicini al rush finale, e l’industria italiana della plastica è sempre più preoccupata per l’esito del PPWR, il Regolamento su Imballaggi e Rifiuti di Imballaggi.
“L’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio europeo – sostiene Marco Bergaglio, Presidente di Unionplast-Federazione Gomma Plastica – non riesce nemmeno a sfiorare gli obiettivi iniziali di difesa dell’ambiente. In particolare, le norme speciali per la plastica sono ambientalmente e giuridicamente infondate. È evidente che aumenteranno i rifiuti da imballaggio e i rifiuti di prodotti imballati, alimenti soprattutto, così come crescerà l’ammontare di imballaggi meno riciclabili e si perpetuerà una irragionevole incertezza giuridica. Le dichiarazioni di grande soddisfazione successive all’accordo del 4 marzo 2024 sono agli antipodi dall’equilibrio che l’ambiente e il diritto europeo meriterebbero. Noi trasformatori di plastica siamo basiti dalle numerose regole speciali per gli imballaggi in plastica e le eccezioni lasciate passare per imballaggi realizzati con altri materiali. Perché questo provvedimento che doveva salvare l’Europa dall’eccesso di imballaggi in senso lato si è trasformato in una nuova SUP (la Direttiva del 2019 sulla plastica monouso), una sciagura addirittura priva di una adeguata valutazione d’impatto come la stessa Commissione ha ammesso e come studi che abbiamo commissionato a enti di ricerca hanno ampiamente confermato”.
La dura e delusa reazione del Presidente Bergaglio prosegue sottolineando che “molte delle previsioni normative sui divieti, sulle quote riutilizzabili, sui requisiti di riciclaggio e sul contenuto di materiali riciclati si applicano solo agli imballaggi in plastica o prevedono eccezioni per altri materiali di imballaggio: l’obiettivo, dunque, forse non era ridurre e prevenire i rifiuti da imballaggio, dal momento che si ammette che l’imballaggio è irrinunciabile purché non sia di plastica, in violazione di qualunque principio di neutralità che dovrebbe guidare la normativa e, soprattutto, in direzione contraria alle tante evidenze scientifiche che indicano come l’imballaggio in plastica sia spesso la soluzione più sostenibile. Unionplast-Federazione gomma Plastica invita pertanto la Commissione, il Consiglio e il Parlamento a garantire ai cittadini europei un diritto certo e razionale in una logica di politica industriale che può e deve coesistere con giuste regole da rispettare a tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile”.  (am)
 

Fonte: FreshFel, ProFood, ufficio stampa Unionplast