Economia
«Il settore vive una impasse, ecco come rinascere»
Con Falconi (direttore Italia Ortofrutta) individuiamo gli strumenti di crescita
Come può il settore ortofrutticolo recuperare la competitività persa negli anni? Prima di tutto individuando le problematiche, le stesse che lo affliggono da anni senza alcun tipo di soluzione. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta, che ha suggerito i rimedi per far rinascere il settore, o almeno per iniziare a farlo.
“Tutti parliamo dei problemi derivanti dalla pandemia e da eventi negativi come la guerra e l’inflazione ma i problemi del settore sono ben altri e sono presenti da tanti anni” spiega Falconi a IFN. “Mi riferisco ad esempio – continua – alla diminuzione dei consumi che si registra da dieci anni a questa parte, al peggioramento della bilancia commerciale, all’emergenza della manodopera e alla legge sulle pratiche sleali”.
Ma andiamo con ordine: prima di tutto, davvero il settore è uscito provato dal mix di pandemia, guerra e inflazione? Falconi sostiene che “questi fattori hanno prodotto un cambio nella percezione del nostro settore da parte dell’opinione pubblica. Anche i non addetti ai lavori hanno compreso l’importanza del settore primario, della produzione di alimenti, della loro sicurezza sia alimentare e della disponibilità stessa degli alimenti. Mi sento di dire che l’ortofrutta ha avuto più effetti positivi dalla pandemia che da tante campagne promozionali. Questo rating positivo però, va utilizzato subito e tradotto in spinta politica per risolvere una serie di criticità strutturali e problemi di fondo mai affrontati in modo risolutivo in questi anni”.
Venendo all’andamento della bilancia commerciale, il direttore di Italia Ortofrutta individua un aumento delle importazioni ortofrutticole a fronte di una diminuzione delle esportazioni: “Questo – sottolinea - è un trend che continua da una decina di anni a questa parte e comporta una perdita di competitività per le nostre imprese, anche perché tendenzialmente esportiamo a un prezzo inferiore rispetto a quello con cui importiamo”.
Tra le problematiche da risolvere anche quella della manodopera: “Abbiamo problemi di reperibilità della manodopera sia qualificata che non qualificata. E, in particolare, il costo della manodopera è difficile da coprire con le attuali remuneraizoni. Bene la programmazione dei flussi come sta facendo il Governo ma, per le grandi campagne di raccolta o per le operazioni che non necessitano di manodopera specializzata, dobbiamo prevedere una tariffa oraria in deroga a quelle attualmente in vigore”.
“È necessario ridare valore al prodotto ortofrutticolo, considerando che il valore sta nella mente di chi acquista – dice Falconi – per questo va realizzata una grande campagna di comunicazione per migliorare la percezione dei nostri prodotti. È necessario lavorare per un riequilibrio del potere negoziale lungo la filiera: per esempio alcuni aspetti del Dlgs sulle pratiche commerciali sleali devono essere rivisti: non possiamo elencare in una legge le pratiche sleali da non adottare e poi dire che diventano leali se le parti sono d’accordo!”. E aggiunge: “Serve un intervento regolatorio delle istituzioni per definire i costi di produzione al di sotto dei quali i prodotti non possono essere venduti e dobbiamo lavorare per dare visibilità alle Op ed inserire il loro nome in etichetta”.
Tra le misure da adottare, Falconi individua anche un grande piano di rinnovo varietale sia orticolo che frutticolo che stimoli la ricerca di nuove varietà ed ibridi per rispondere al meglio alle esigenze e ai gusti dei consumatori, oltre che al rinnovato clima globale.
“Infine serve un grande piano di rilancio dei consumi che non può essere Frutta nelle scuole (per cui è necessaria una profonda revisione del progetto) – specifica Falconi – ma serve pensare a prodotti competitivi, che incrocino le nuove tendenze di consumo”.
“Oggi, agli occhi dell’opinione pubblica, si sta inasprendo il conflitto lungo la filiera – conclude il direttore di Italia Ortofrutta – anche se i produttori non stanno guadagnando, sono accusati di alzare i prezzi ed erodere il potere di acquisto dei consumatori. Ma è un ragionamento inaccettabile, considerato che per 100 euro di spesa solo 3,8 euro sono destinati all’acquisto dei prodotti ortofrutticoli. E anche il fatto che la Gdo debba tenere i prezzi bassi, è un problema che va rivisto. La vera origine di questi problemi sta altrove, ovvero in tutte le difficoltà elencate finora: iniziamo a risolverle per ottenere benefici per tutta la filiera”.