Il boom delle angurie senza semi cambia il mercato europeo

Export mondiale quasi triplicato in vent’anni grazie alle varietà seedless

Il boom delle angurie senza semi cambia il mercato europeo

Nella sfida tra meloni e angurie, queste ultime sembrano aver preso il sopravvento. Un’affermazione che potrebbe apparire azzardata, soprattutto alla luce delle difficoltà registrate nella seconda parte della campagna di quest’anno, quando i prezzi – in particolare delle angurie tradizionali – sono crollati. Tuttavia, le strategie si valutano sui dati di medio-lungo periodo e i numeri parlano chiaro: a livello globale l’anguria corre molto più del melone, come evidenziano le statistiche del commercio internazionale.
All’inizio degli anni Duemila, secondo i dati FAO, le esportazioni mondiali di meloni (1,51 milioni di tonnellate) e di angurie (1,48 milioni) erano sostanzialmente appaiate. Nel 2023, ultimo anno con dati disponibili, i meloni hanno raggiunto 2,06 milioni di tonnellate (+36,5%), mentre le angurie hanno toccato quota 4,39 milioni, con un balzo del +188,3%.

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Uno scenario simile si riscontra all’interno dell’Unione Europea. Qui i meloni mostrano un sostanziale ristagno: il commercio intracomunitario non registra variazioni significative e resta dominato dalla Spagna (374 mila tonnellate esportate), seguita da Paesi Bassi e Italia. Sulle importazioni extra-UE si osserva una crescita, trainata soprattutto dal Brasile, che consolida la leadership grazie all’offerta di prodotto in contro-stagione, mentre il Marocco perde terreno. Nel complesso, però, la crescita del 22% appare modesta se confrontata con l’aumento delle importazioni ortofrutticole in generale.

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Le angurie, al contrario, hanno visto un’espansione tumultuosa: dal 2011 al 2024 il commercio intraeuropeo è quasi raddoppiato (+85%). Spagna, Italia, Grecia e Ungheria restano i principali produttori, ma con andamenti molto diversi. Madrid e Roma hanno guidato il cambiamento puntando con decisione sulle nuove varietà seedless, che hanno incontrato i gusti dei consumatori europei. Grecia e Ungheria, legate al cocomero tradizionale – grande e con semi – sono rimaste indietro, pagando la scelta di non innovare.

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Ancora più evidente la dinamica delle importazioni da Paesi terzi: +183% dal 2011. Marocco, Brasile, Costa Rica, Mauritania e Senegal hanno puntato fortemente su angurie seedless, midi o mini, (oltre ad essere aiutati da un clima più mite che li ha favoriti ad inizio campagna) mentre la Turchia e altri fornitori hanno continuato a esportare cocomeri tradizionali, basando la competitività sul prezzo.
Il motore di questa trasformazione va ricercato nell’introduzione delle angurie senza semi, comparse a fine anni Settanta. La prima varietà di successo fu la “Reina de Corazones”, lanciata dal gruppo cooperativo spagnolo Anecoop con il programma Bouquet e diffusa in tutta Europa dagli anni Novanta. Da allora le principali aziende sementiere hanno investito sul segmento seedless, che sono state lanciate con grande abilità da alcuni produttori che hanno colto l’occasione creando progetti di marca di successo, come insegna in Italia Perla Nera. 

Parallelamente, i prezzi hanno seguito percorsi diversi: tra il 2011 e il 2024 i meloni sono passati da 0,77 €/kg a 1,07 €/kg (+39%), mentre le angurie da 0,41 €/kg a 0,66 €/kg (+61%). Considerando che il cocomero tradizionale mantiene ancora volumi rilevanti, l’incremento medio nasconde valori ben più alti per le nuove tipologie senza semi, che hanno guadagnato spazio e valore sugli scaffali.
La lezione è chiara: innovazione e capacità di interpretare i consumi restano la chiave del successo. Come già accaduto per uva e clementine, il concetto “senza semi” ha cambiato la storia di una categoria. Ora spetta ai produttori consolidare i risultati e governare l’offerta con intelligenza. (bf)