Frutti africani dal potenziale inesplorato, lo studio dall'Università di Johannesburg

La ricerca dimostra una presenza significativa di nutrienti e amminoacidi essenziali

Frutti africani dal potenziale inesplorato, lo studio dall'Università di Johannesburg

Alcuni frutti di origine africana potrebbero diventare nuove coltivazioni, dato il loro potenziale inesplorato; alcuni frutti, finora conosciuti solo in ambito locale, potrebbero integrare diete sbilanciate e prevenire così carenze nutrizionali. A dirlo uno studio dell’Università di Johannesburg in Sud Africa che ha scoperto una presenza significativa di nutrienti e amminoacidi essenziali contenuti in 14 specie di frutta presenti in Africa. 
Come sottolinea il magazine innaturale.com, approfondire queste coltivazioni attraverso ricerche e studi potrebbe essere d’aiuto per aumentare la biodiversità e migliorare regimi alimentari carenti. 
I ricercatori dell’Università Sudafricana hanno analizzato i nutrienti di diverse tipologie di piante locali, alcune studiate per la prima volta, scoprendo che sono fonti di nutrienti interessanti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Plants, ha permesso di esplorare nuovi “superfood”, come ad esempio il frutto della Pappea Capensis, albero originario dell’Africa meridionale, chiamato Jacket Plum; quest’ultimo è risultato ricco di lisina, un amminoacido essenziale utile per la fissazione del calcio nelle ossa. La quantità presente raggiunge 0,77g per ogni 100g di frutto, dato interessante visto che la dose giornaliera raccomandata si attesta attorno ai 12 mg per ogni chilogrammo di peso corporeo e, dunque, per un adulto di 70 kg risulterebbe di 0,84g. 
Il secondo frutto menzionato nello studio prende il nome di Manilkara Mochisia, conosciuto anche col nome di Lowveld Milkberry ed è degno di nota per il suo contenuto di carboidrati: una porzione da 100 g contiene 40 calorie e fino al 37% di carboidrati, rappresentando una valida integrazione alle diete povere di zuccheri. 
Infine, l’oliva bianca, così come è chiamato comunemente il frutto dell’albero Halleria Lucida, vista la sua forma piccola e ovale, contiene una notevole concentrazione di istidina (1,56 mg per 100 g), un amminoacido essenziale che contribuisce alla formazione di carnosina, molecola che tra le altre funzioni previene ossidazione e invecchiamento delle cellule, supportando la capacità antinfiammatoria dell’organismo.

Oliva Bianca - Fonte: Wikipedia, Abu Shawka, Public domain, via Wikimedia Commons

“L’obiettivo per il futuro è studiare più approfonditamente questi frutti, in modo da determinare il loro potenziale”, evidenza la professoressa Anna Moteetee, responsabile della ricerca. I prossimi step della squadra di ricercatori saranno quelli di eseguire analisi più complete per studiare in quale misura possono essere assimilati dal organismo.

Immagine in apertura: Jacket Plum, da pagina facebook Fruits N Flowers