Attualità
Frutta "inguardabile", meglio vendere o scartare?
La flessibilità termina quando inizia l'insoddisfazione del cliente
Gentile dott. Pattuelli,
In riferimento al suo articolo (Clicca qui per leggere l'articolo) apparso in data 11 aprile su IFN, pur condividendo in parte le sue considerazioni, credo sia anche vero che i meloni da lei fotografati, pur oggettivamente brutti da vedere, possano essere ancora buoni da mangiare in tutto o in parte e la loro messa in vendita, qualora non metta a rischio la salute del consumatore, possa inserirsi nel contesto della lotta allo spreco alimentare.
Nel settore Ho.re.ca. è prassi comune utilizzare la frutta con difetti esteriori per servirla in macedonia o già porzionata.
Qual è il suo punto di vista a riguardo?
Cordialmente
Lettera firmata
Gent.mo lettore,
sono contento che l’articolo abbia destato il suo interesse tanto da indurla a scrivere le sue osservazioni, alle quali rispondo con piacere, poiché affronta un tema certo interessante, quello dello spreco alimentare che va incrociarsi con quello delle norme di commercializzazione in ambito ortofrutticolo.
Nella fattispecie, il melone fotografato, le posso assicurare che non possedeva i requisiti minimi per essere commercializzato come prodotto fresco e non penso nemmeno che fosse idoneo per farne una macedonia. Ad ogni modo, sono d’accordo con lei quando sostiene che un frutto o un ortaggio con difetti estetici, che però non ne pregiudicano le caratteristiche organolettiche, debba essere messo in vendita tale quale (magari a prezzo scontato) o “trasformato” per preparazioni culinarie. Nel dettaglio tradizionale, ad esempio, da questo punto di vista c’è estrema elasticità che spesso manca in Gdo.
Infatti, è noto come in mercato tutto, o quasi, abbia un prezzo in funzione delle qualità espressa dal prodotto. Non a caso spesso i resi della Gdo vengono dirottati dai produttori al mercato ortofrutticolo più vicino, consapevoli che in qualche modo verranno venduti e non buttati.
Invece, nella Grande distribuzione, accade che il prodotto venga spesso rispedito al mittente solo perché non rispetta alla lettera i capitolati, come può essere una percentuale di colorazione sui frutti che non rispecchia quanto pattuito, oppure, perché in una cassetta è stato trovato un frutto leggermente avvizzito. In questi casi il reso del prodotto non solo è uno spreco inaccettabile, ma va pure contro ogni principio di sostenibilità ambientale. Piuttosto meglio metterlo in vendita in offerta magari spiegando alla clientela che il prodotto è brutto ma buono, il cosiddetto Ugly Food.
Allo stesso tempo, però, andrebbero ripensate le norme di commercializzazione in ambito ortofrutticolo per stare al passo coi tempi, per evitare di sprecare prodotti inutilmente. Quelle attuali considerano quasi solo aspetti estetici - forma, calibro, colore, difetti di buccia - ma non considerano quelli gustativi e portano a prediligere frutta bella ma non necessariamente buona. Anzi vendere quella brutta ma buona è fuorilegge. Non ce lo possiamo più permettere.