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Forficula: danni anche su ciliegio e primi avvistamenti su melo
Pettiti (Agrion): gli inverni miti stanno favorendo questo insetto. La difesa parte da chiome arieggiate e lavorazioni del terreno
Resta alta nel Nord Italia l’attenzione nei confronti della Forficula auricularia, divenuta in pochi anni uno degli insetti chiave nella difesa di pesco e albicocco, ma che sta estendendo il raggio d’azione anche su ciliegio e melo, come è emerso durante l’Incontro tecnico su ciliegio, albicocco e mandorlo che si è tenuto recentemente presso la Fondazione Agrion, Centro di ricerca e innovazione del Piemonte, noto a livello nazionale.
“Quest’anno su ciliegio abbiamo rilevato danni significativi sia a carico dei frutti che delle foglie – ha spiegato Francesca Pettiti di Agrion – dove forma rosure di diversa gravità che agevolano l’infezione di altre patogeni, a partire dai fughi che formano i marciumi sul frutto. Nel melo è ancora presto per parlare di danni, ma dal monitoraggio emerge una popolazione stanziale su questa coltura, quindi, sarà importante prestare particolare attenzione all’evolversi degli eventi durante i prossimi mesi”.
Aumenta, quindi, la pericolosità di questo insetto che fino a pochi anni fa era del tutto innocuo, anzi, era ritenuto un alleato dei frutticoltori, in quanto predatore di diversi parassitoidi. Tanto per cambiare questa improvvisa aggressività è da ascriversi al cambiamento climatico: “la forficula compie una generazione all’anno e l’adulto sverna nel terreno, all’interno di tane a 10-20 cm di profondità. La mancanza, negli ultimi anni, di temperature rigide, e quindi di gelate, ha impedito l’abbattimento della popolazione, che si è così diffusa ed è andata alla ricerca di cibo, attaccando i frutteti, a partire da pesco e albicocco”.
Durante il suo intervento la ricercatrice ha spiegato come sia stato istituito un gruppo di lavoro che coinvolge Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, che ha provveduto a inserire la forficula tra le avversità all’interno dei disciplinari di produzione integrata, e che coordina la ricerca e lo scambio di informazioni.
A livello di difesa alcuni punti sono piuttosto chiari: “E' fondamentale arieggiare le chiome aumentando la penetrazione della luce, perché la forficula cerca riparo nell’ombra essendo un insetto notturno. La lavorazione del terreno si sta rilevando una pratica interessante, in quanto dalle nostre sperimentazioni è in grado di limitarne la diffusione, a patto che venga condotta seguendo determinati criteri: effettuare un paio di lavorazioni, una in autunno e l’altra in primavera, con il terreno in tempera; l’importante è che non sia ancora presente la forficula durante le lavorazioni. Venendo alla difesa chimica, le prove che stiamo conducendo con la colla entomologica – che sarebbe meglio definire repellente – applicata sulla base dei tronchi con un attrezzo meccanico portato dal trattore, non sta fornendo risultati apprezzabili su pesco, mentre nel melo si nota un effetto abbattente statisticamente significativo. Questo è dovuto alla conformazione del tronco del melo che, essendo liscio e di diametro inferiore al pesco, garantisce una miglior performance al trattamento. Infine, dall’anno scorso è possibile intervenire con un insetticida a base di Lambda-cialotrina, dove si consiglia l’applicazione dopo il tramonto quando le Forficule sono in attività”.
“Ovviamente – ha concluso la ricercatrice – è necessario monitorare con estrema attenzione l’evoluzione della popolazione all’interno del frutteto e, se possibile, effettuare una cattura massale, che è dispendiosa ma efficace”.