«Ecco come ci distinguiamo con i nostri pomodori fuori suolo»

L'azienda agricola Anzola è stata tra le prime in Italia ad abbracciare questa tecnica

«Ecco come ci distinguiamo con i nostri pomodori fuori suolo»

Tra le prime aziende ad aver sperimentato la produzione fuori suolo in Italia c’è Agricola Anzola di Boretto, in provincia di Reggio Emilia. L’azienda ha iniziato nel 1999 a coltivare pomodoro fuori suolo, in particolare Cuore di Bue, a cui negli ultimi anni hanno aggiunto anche una piccola serra di Datterino, sempre rigorosamente fuori suolo, per un totale di 2 ettari di superficie dedicata al pomodoro sui 15 ettari complessivi dell’azienda che si occupa anche della coltivazione di fagiolini e zucchine.

“L’idea venne 24 anni fa a mio nonno e mio padre quando in Italia ancora si sentiva parlare molto poco di questa tecnica”, spiega a IFN Marco Anzola, socio titolare dell’azienda insieme al padre Achille. “Non solo fummo i primi nella nostra zona, ma anche tra i primi del Paese perché nessun tecnico era in grado di supportarci in questo cammino e quindi chi ci ha seguito all’inizio si è formato insieme a mio padre, che era andato in Olanda per imparare. Una volta partita la produzione abbiamo fatto da cavia. In tanti sono venuti a trovarci per vedere quello che facevamo”.

Da allora le tecnologie sono cambiate e l’azienda si è modernizzata. “Abbiamo iniziato con il substrato di perlite, mentre oggi utilizziamo la fibra di cocco. Inoltre, abbiamo cambiato la tecnologia che controlla il clima in serra e l’irrigazione del substrato, calibrando i frutti della pianta in base alle richieste del mercato. In pratica l’unica cosa che è rimasta invariata è il fatto che non coltiviamo sul terreno”.  

Da sinistra Marco e il padre Achille Anzola

Fino allo scorso anno l’azienda Anzola ha lavorato sul ciclo lungo per quanto riguarda il Cuore di Bue nella varietà Albenga, mentre da quest’anno ha deciso di cambiare e provare con tre cicli brevi. “Il primo ciclo è quello che sta terminando ora e prevede il trapianto dal 15 febbraio. Il secondo vede il trapianto a inizio maggio con raccolta che finisce ad agosto e, infine, il terzo ciclo che consente di raccogliere il prodotto fino ad ottobre o anche novembre, dipende dalla quantità di luce che riesce ad entrare nella serra”.

I vantaggi sono molteplici a detta del giovane Anzola. “Attraverso il fuori suolo riusciamo a risparmiare sulle risorse idriche attraverso un macchinario che ci dice la quantità di acqua che la pianta trattiene e quella che non assorbe. Abbiamo inoltre pezzature più omogenee e la shelf-life è maggiore. Per non parlare del gusto, che dipende sia dalla luce del sole che dalle sostanze nutritive apportate alla pianta. In più, questo metodo di coltivazione ci consente di ottenere prezzi accettabili anche nelle fasi come questa dove c’è più offerta che richiesta”. 

Una volta raccolto il prodotto l’azienda si occupa anche della lavorazione in magazzino e della distribuzione nei mercati del nord Italia fino a Rimini e Firenze. 

Clicca qui per iscriverti alla Newsletter quotidiana di IFN