Dal campo
Diradanti: l’ambiente è limitante nel melo, critico nel pesco
Agrion ha fatto il punto su una pratica molto importante per queste colture
,Evitare il diradamento manuale del melo è fattibile, mentre nel pesco è ancora una chimera (soprattutto da quando è tornato il rischio delle gelate tardive). Di certo non si può prescindere da questa tecnica per raggiungere una produzione dalla qualità adeguata, per calibro e sapore, su queste due colture. Un concetto ribadito nell’evento organizzato dalla Fondazione Agrion, relativo alla ricerca e innovazione in Frutticoltura nell’annata 2023, dove si è fatto il punto sulle strategie di diradamento negli areali Piemontesi, con focus sulle nuove prospettive per la regolazione del carico produttivo di melo e pesco.
“Il diradamento manuale del melo, o ripasso a mano, è una operazione onerosa, che per una varietà come Gala incide mediamente sui 3 centesimi al chilo, che possono anche raddoppiare nelle annate più sfortunate; quindi, per eliminare o quantomeno minimizzare questa pratica dobbiamo essere bravi con le tecniche di diradamento chimico o meccanico”, specifica Luca Nari, ricercatore dell’area frutticola della Fondazione Agrion.
“Innanzitutto, è fondamentale effettuare una potatura corretta che equilibri il numero di gemme del nostro frutteto. Poi, nel melo, già nella fase di fioritura possiamo applicare dei fitoregolatori come l’ammonio tiosolfato e l’Etephon che sono interessanti soprattutto per quelle cultivar che tendono ad andare in alternanza di produzione, come Fuji. Infatti, prima si effettua il diradamento e prima si riesce a contenere (non a risolvere) questa problematica. Purtroppo, la finestra utile per il trattamento è piuttosto breve ed il risultato e le condizioni ambientali (temperature e umidità) sono fortemente limitanti. Se si fallisce con il fiorale si può tentare con i diradanti efficaci sui frutticini come: NAD (è punto di riferimento per la Golden), NAA, Benziladenina e Metamitron (Brevis). Per ognuno di essi vanno controllati con cura diversi parametri: diametro frutticini, temperatura e intensità di radiazione. Infatti, a seconda di come evolvono questi parametri, avremo un effetto diradante più o meno accentuato".
“Inoltre – prosegue il ricercatore – da alcuni anni utilizziamo dei modelli previsionali per capire il momento migliore per trattare con una determinata sostanza e questo aspetto sarà oggetto di ricerca per cercare di essere il più tempestivi e precisi possibili".
“In alternativa al diradamento chimico c’è quello meccanico (con 'spazzola rotante' che sfoltisce i fiori) per il quale sono state fatte innumerevoli prove, ed è chiaro come il primo fattore limitante sia la forma d’allevamento: in parete il risultato è buono, diversamente si rischia di ‘spazzolare’ solo le branche più esterne. Su pesco i risultati sono stati positivi, solo che negli ultimi anni il rischio gelate ne ha pregiudicato l’utilizzo. Chiaramente il diradamento manuale resta l’ultima spiaggia, da adottare solo se in precedenza non siamo riusciti ad arrivare al carico produttivo ideale (circa 90-100 frutti per pianta)”.
“In conclusione, nel melo attualmente gli strumenti a disposizione per il diradamento sono sufficienti, ma non sempre garantiscono una costanza di risultato soprattutto in annate così imprevedibili come le ultime”.
La parola è poi passata al Prof. Guglielmo Costa dell’Università di Bologna, ritenuto fra i massimi esperti in materia: “Nel melo l’efficacia dei diradanti chimici è favorita dalla gerarchia fiorale. Infatti, all’interno del corimbo, c’è un fiore centrale (king flower) che domina sui laterali che sono maggiormente colpiti dall’azione della sostanza diradante o dalle diverse cascole naturali. Il problema è quando i laterali hanno lo stesso sviluppo del centrale e questo determina se una varietà si presta o meno al diradamento chimico. È evidente che le nuove varietà vanno studiate anche sotto questo aspetto".
“Nel pesco, invece, non c’è una gerarchia fra i fiori, e, difatti, tutti i diradanti chimici testati nel corso degli anni non hanno mai ottenuto risultati interessanti. Di certo sappiamo che ogni tipologia ha necessità diverse: per esempio le percoche devono essere poco diradate, a differenze delle pesche piatte”.
“Negli ultimi anni - prosegue Costa - sono state introdotte tre nuove molecole diradanti: Brevis, ABA (acido abscissico) e ACC (Acido amminociclopropan-1-carbossilico). Il Brevis è efficace nel melo, ma inutile nel pesco. Sull’ABA e ACC le sperimentazioni stanno procedendo e si notano risultanti interessanti soprattutto per il melo; nel pesco l’ACC deve essere applicato troppo precocemente (bottone fiorale) quindi è rischioso nel caso di gelate tardive, mentre sull’ABA mancano dati solidi”.
“Un altro tema particolarmente attenzionato dai ricercatori è lo sviluppo del diradamento chimico di precisione. In pratica, gli ugelli dell’atomizzatore distribuiscono il diradante in funzione del carico fiorale presente, grazie all’adozione di telecamere specifiche o previa costituzione di mappe fiorali del frutteto tramite l’utilizzo di droni”.
“Inoltre, non dimentichiamo come ci stiamo approcciando anche al diradamento del ciliegio, causato dall’introduzione di nuove varietà estremamente produttive. Questo, per evidenziare come la ricerca in questo ambito deve progredire e deve essere sostenuta senza se e senza ma, soprattutto nelle drupacee, dove siamo a corto di munizioni a differenza del melo”.
Foto in apertura: il diradamento mele prima (a sinistra) dopo (a destra); fonte Wikipedia By Victor M. Vicente Selvas - Own work, Public Domain, commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=14924004
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