Attualità
Dalla Frigo tax alla Charity tax per risollevare il settore
Tanto gli Italiani sono abituati alla vessazione in tema di imposte e balzelli
Ha fatto clamore la notizia, uscita recentemente su diverse testate della stampa nazionale, sulla cosiddetta “frigo tax”, attualmente in voga nei supermercati della capitale.
In pratica, per le bevande esposte nel banco frigo viene applicato un balzello forfettario di 20 centesimi a bottiglia, determinato, a detta delle catene, dall’aumento dei costi energetici. Ovviamente sui social non si contano le proteste di consumatori indignati, che “provano” il misfatto con le foto degli scontrini (oramai un classico in questa annata di rincari). I più bravi in matematica hanno evidenziato come giornalmente ogni frigorifero può sviluppare un “gettito” di almeno 10 euro, quindi trecento euro al mese, che dovrebbero ammortizzare abbondantemente i rincari in atto.
Potrebbe essere un escamotage al quale ispirarsi per alzare i prezzi delle insalate di IV gamma, da tempo in estrema sofferenza? Gli economisti scuoteranno la testa, visto e considerato che il prodotto per legge deve stare al di sotto di 8°C (quindi la refrigerazione non è un servizio aggiuntivo come nel caso della bibita).
Piuttosto, sarebbe interessante verificare cosa accadrebbe in negozio se al consumatore si spiegasse che per 20 centesimi in più a busta, l’insalata potrebbe essere decisamente più buona. Non è nelle corde del nostro settore lavorare in questo modo, mentre di solito si punta a vendere a 20 centesimi in meno sperando di rubare clienti alla concorrenza.
In linea di principio, se al produttore venissero riconosciuti 20 centesimi in più ogni volta che è costretto ad aggiungere una certificazione (Global Gap e via discorrendo) farebbe le budella d’oro, invece sono diventate dei simpatici “pre-requisiti”, senza i quali non puoi sederti al tavolo da gioco.
A questo punto, vedendo la miseria che piangono gli orto-frutticoltori italiani, perché non istituire la charity tax? In pratica per ogni chilo di ortofrutta venduta, 10 centesimi aggiuntivi sono destinati al produttore per non farlo fallire (per alcune filiere ne servirebbero almeno il doppio, ma è meglio partire lentamente per far breccia nel cuore dei connazionali). Potrebbe essere una soluzione per dare respiro agli agricoltori, oppure anche questa manovra si potrebbe trasformare la cosain pre-requisito, lasciandola poi in pancia ai distributori? Vedendo l’aria che tira non è detto che “lo scopriremo solo vivendo”.