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Ciliegie scadenti a prezzi alti, di chi è la colpa?
Il nostro test sui primi frutti venduti in Gdo
“Una ciliegia tira l’altra”, dice un vecchio adagio, ma dopo l’acquisto che abbiamo fatto pochi giorni fa in un supermercato romagnolo verrebbe da dire “tutte le ciliegie le tiro nell’organico”. Scusate il gioco di parole ma l’esperienza vissuta da normali acquirenti di un negozio della GDO è stata talmente deludente che è meglio scherzarci sopra, anche se ad essere seri non ci sarebbe nulla da ridere per nessun attore della filiera coinvolto.
Ma andiamo con ordine. Pochi giorni fa abbiamo deciso di acquistare due confezioni da 300 grammi di ciliegie pugliesi, varietà Bigarreau, per capire il livello qualitativo dei primi frutti posti sui banchi del reparto ortofrutta. Per cercare di essere oggettivi abbiamo misurato il grado brix tramite rifrattometro digitale su circa il 20% del campione. I risultati sono impietosi: si passa da frutti totalmente acerbi con 8° brix a ciliegie mature di 15°brix (poche per la verità), con un valore medio di poco superiore a 10°brix.
Una eterogeneità notevole, che era già immaginabile a colpo d’occhio poiché alcuni frutti erano rosa pallido ed altri rosso scuro. Di uniforme c’è il prezzo che è stato pari a 3,98 euro per confezione, equivalente a poco più di 13 euro/chilo. Da consumatore, l’esperienza è stata totalmente negativa: sapore insufficiente, troppa eterogeneità fra una ciliegia e l’altra, aggravata dall’aspetto inaccettabile di alcuni frutti (per giunta marci). Infine, prezzo sproporzionato per la qualità proposta.
Chi è il colpevole? Il produttore che propone una referenza di questo tipo, o il distributore che lo mette in vendita sui banchi? Probabilmente è un concorso di colpa nei confronti dell’unica vittima accertata: il consumatore.