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Certificazioni: costosi pre-requisiti o nuove opportunità?
In futuro il livello richiesto si innalzerà sempre di più, tanto vale anticipare i tempi
Negli ultimi vent’anni il numero di certificazioni richieste in ambito ortofrutticolo è letteralmente esploso. Ogni fase della filiera è certificata: a livello produttivo la più nota e diffusa è il GLOBALG.A.P., nei magazzini di lavorazione le sigle ISO, IFS e BRC sono ben note agli addetti. Recentemente, c’è stata poi una spinta anche in ambito etico; quindi, Grasp, SA8000, NO cap hanno fatto la loro apparizione. Non dimentichiamo, infine, le diramazioni sulla tecnica produttiva, al di là del biologico e dell’integrato – che trova approdo nel recente SQNPI –adesso va di moda il Residuo Zero e Nichel Free. Ovviamente, non possiamo non menzionare le certificazioni sull’origine del prodotto, quali DOP e IGP. Già così il piatto sarebbe piuttosto ricco, (ma ne mancano diverse all’appello) e se aggiungiamo anche le certificazioni connesse all’Mdd di ogni gruppo distributivo come elementi aggiuntivi, è facile intuire la complessità del tema.
Ad ogni modo proveremo a ri-comporre questo puzzle “certificativo” grazie al contributo di diversi esponenti della filiera. Il settore delle certificazioni è in continua evoluzione. Igor Bombardi, auditor nelle certificazioni agroalimentari, ci aiuta a inquadrare il settore: “Il GLOBALG.A.P. può essere considerata la certificazione di “base”, perché è sicuramente la più diffusa in ambito produttivo a livello europeo. Ricordo che è nato a fine anni 90, su spinta della Gdo europea, che necessitava di uno standard produttivo unificato, al fine di garantire un livello qualitativo e di sicurezza alimentare maggiore per rispondere alle richieste dei consumatori. Questo passaggio è stato estremamente importante, perché le certificazioni nascono, fondamentalmente, come una rassicurazione nei confronti dei consumatori. In questo contesto, negli anni in cui c’è stato uno sviluppo del mondo della certificazione, il settore agricolo – inteso come produzione – ha lasciato l’iniziativa alle catene distributive, sottovalutando la possibilità di essere un interlocutore unico e capace di fornire proposte di evoluzione degli standard che avessero più rispondenza con la realtà produttiva del momento. Difatti, non riuscendo ad incidere con forza su questo aspetto, alcune idiosincrasie che si sono venute a generare si sarebbero forse potute evitare.”
“Ovviamente, a una crescente sensibilità dei confronti della sostenibilità, intesa come ambientale ed etica, sta corrispondendo un’ulteriore evoluzione delle certificazioni. Così, all’interno del GLOBALG.A.P., si sono inseriti i moduli aggiuntivi, come Spring e Biodiversity, mentre già da diversi anni è in essere, insieme a GLOBALG.A.P., il modulo GRASP per quanto riguarda gli aspetti etici del lavoro. Inoltre, periodicamente, viene rilasciato un aggiornamento dello standard e dei diversi moduli allegati, e proprio da inizio anno è già operativa la sesta release del GLOBALG.A.P., che prevede, tra i vari aggiornamenti, che il produttore mostri durante le ispezioni miglioramenti in alcuni KPI definiti.”
“Non nego che spesso mi imbatto in produttori che si lamentano per l’eccessiva scrupolosità di alcune pratiche richieste - e in parte è vero che la complessità dello standard sia elevata - ma allo stesso tempo è evidente come l’implementazione delle certificazioni abbia alzato l’asticella e la consapevolezza su tematiche di primaria importanza per il consumatore.”
Con Marco Russo, Responsabile ufficio tecnico e qualità presso A.O.P. Mantuafruit, entriamo nel dettaglio sull’impatto che hanno le certificazioni per i produttori di meloni e angurie: “La nostra è senza dubbio una realtà molto strutturata che ci porta ad avere una clientela altrettanto vasta, dalle principali catene italiane a primari player stranieri. Quindi, il “pacchetto” di certificazioni che gestiamo è rilevante, perché senza di esse non potremmo pensare di entrare in determinati mercati, in particolar modo quello europeo, dove la Gdo è particolarmente esigente in merito. In Italia, poi, la frammentazione distributiva complica ulteriormente la questione, perché ogni marca del distributore ha capitolati e controlli diversi che si sommano a quelli di “base”, come il GLOBALG.A.P.. Questo provoca un proliferare di controlli durante la campagna, che solo nella scorsa stagione, per la nostra realtà, ci ha impiegato in oltre 30 giornate. L’impegno è certamente gravoso, tant’è che in azienda siamo in quattro ad occuparci esclusivamente di questo ambito, e vorrei sottolineare come spesso ci troviamo di fronte ad una certa ripetitività delle richieste da parte degli auditor della distribuzione italiana. Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’elevato livello di competenze richiesto per gestire questa mole di informazioni: mediamente una risorsa è sufficiente formata dopo almeno 3 campagne e considerando la penuria di personale si può intuire la criticità”.
E per quanto riguarda i costi? “Di per sé ottenere le certificazioni non ha un costo rilevante se rapportato ai business sottesi, così come la loro gestione (a patto di trovare il personale adatto). Certamente è più impattante l’adeguamento delle tecniche produttive in campo o di lavorazione in magazzino rispetto ai nuovi standard. Per fare un esempio, l’introduzione del modulo Spring all’interno della certificazione GLOBALG.A.P., che prevede il calcolo dell’acqua consumata all’interno del ciclo produttivo, è stata possibile solo a fronte di un investimento importante da parte dell’azienda. È innegabile che questi “upgrade” facciano evolvere l’azienda sotto tutti i punti di vista, ma, allo stesso tempo, è chiaro che senza la giusta redditività il sistema va in crisi”.
Gdo: in futuro le certificazioni saranno sempre più strategiche
Per avere un quadro completo della situazione è fondamentale avere il parere anche di chi sta dall’altra parte della barricata, nella fattispecie la distribuzione. A tal proposito abbiamo raccolto la testimonianza di Giovanni Sansone, Responsabile acquisti Ortofrutta di Dimar: “Senza dubbio l’Mdd non può prescindere da una certificazione puntuale del processo produttivo, perché si tratta della linea che identifica il gruppo distributivo, quindi l’attenzione deve essere massima. Inoltre, guardando avanti, è facile prevedere un aumento dell’incidenza dell’Mdd all’interno del reparto, come dimostra la segmentazione in atto con l’incremento delle referenze a marca del distributore nell’alto di gamma. Detto ciò, ammetto che la materia è estremamente complessa e credo che anche per chi si occupa della parte commerciale come noi Buyer ci debba essere maggiore consapevolezza di ciò che viene richiesto a livello produttivo.”
“A mio avviso, occorre sforzarsi nell’adottare una visione sul medio-lungo periodo, evitando di giocare di rimessa, perché la sensibilità su determinate tematiche, come quelle relative alla sostenibilità, sia da parte del consumatore che del legislatore (nel caso specifico l’UE), è in rapida evoluzione. Per esempio, si prevede entro il 2030 di ridurre del 45% le emissioni di Co2 del trasporto pesante, e questo sicuramente avrà un impatto significativo, visto e considerato l’importanza del trasporto su gomma per il settore. Parimenti, il bilancio di sostenibilità redatto dai gruppi distributivi assumerà sempre di più un carattere strategico che verrà sempre più arricchito di contenuti. Quindi, il produttore che sarà in grado di anticipare i tempi avrà un vantaggio competitivo non indifferente”.
Dalle parole degli intervistati è evidente che il settore delle certificazioni in ambito ortofrutticolo non sia scevro di miglioramenti, soprattutto per quanto riguarda le sovrapposizioni fra standard pressoché identici. Tuttavia, è innegabile come l’impiego delle certificazioni abbia innalzato il livello, sotto tutti i punti di vista, della produzione, e in ottica futura è facile prevedere un ulteriore innalzamento dell’asticella, che deve essere vissuta da parte delle aziende come una opportunità per valorizzare ulteriormente le proprie produzioni e non come una vessazione calata dall’alto.
Il commento di BASF
BASF, nella logica di miglioramento e valorizzazione delle produzioni, ha posto grande attenzione alle certificazioni. BASF si impegna concretamente a supportare i propri produttori e partner, offrendo yousustain.net, uno strumento che aiuta l’agricoltore a misurare il livello di sostenibilità del proprio processo produttivo. Yousustain.net è stato sviluppato da Horta, azienda leader nello sviluppo di Sistemi di Supporto alle Decisioni agronomiche (dall’inglese Decision Support Systems, DSS). Questo strumento fornisce una panoramica completa delle prestazioni ambientali, consentendo agli agricoltori di prendere decisioni informate per migliorare la sostenibilità in campo e valorizzare i propri impegni a ridurre gli impatti ambientali.
Grazie all'utilizzo di yousustain.net, gli agricoltori possono valutare l'impatto ambientale delle proprie pratiche agricole, identificare eventuali aree di miglioramento e scegliere le pratiche più efficaci per essere più sostenibili. Gli indicatori chiave di sostenibilità, calcolati da yousustain.net, possono essere utilizzati per accedere a importanti certificazioni internazionali relative all'analisi del ciclo di vita di prodotti e processi secondo norme ISO 14040 - ISO 14067 e PEF (Product Environmental Footprint). In questo modo gli agricoltori possono godere di un vantaggio competitivo sul mercato e far crescere la credibilità e la fiducia del consumatore nei confronti dei prodotti agricoli sostenibili.
Questo articolo è stato lanciato in anteprima sul servizio di aggiornamento settimanale su WhatsApp di Nunhems dedicato a melone e anguria (clicca qui per sapere come effettuare l'iscrizione).