Economia
Borras: agrumi, ecco perché assistiamo al crollo dei consumi
Un’analisi a tutto tondo su numeri e problematiche del settore
Negli ultimi dieci anni i consumi degli agrumi registrano un notevole calo sia in Spagna che a livello europeo. I dati – riportati dalla testata interempresas.net - sono quelli diffusi dal ministero spagnolo all’agricoltura, che ha individuato anche i singoli trend di prodotto nella penisola iberica.
I limoni sembrano essere gli unici a crescere segnando un +3,84% (2021/2012). I mandarini sono calati dell’11,53% anche se il loro consumo potrebbe essere facilitato dalla comodità di servizio (sono infatti tra i frutti più facili da sbucciare). Il calo è ancora più significativo se consideriamo che negli ultimi tempi sono state introdotte nuove varietà (Nadorcott, Tango e Orri) in grado di allungare la stagione.
Per quanto riguarda le arance, in 10 anni hanno perso 5 kg pro capite di consumi. A causare il calo dei consumi è la modalità di consumo dei frutti, che non rientrano tra i più facili da sbucciare. Allo stesso tempo, il calo continua nonostante l’ampia presenza di distributori per succhi nei supermercati.
Per capire perché i consumi di questi prodotti sono così in sofferenza, vale la pena analizzare le categorie singolarmente, come ha fatto per noi il nostro corrispondente Paco Borras.
Esistono tre tipologie di agrumi: gli agrumi ‘frutta’ (arance e mandarini) che vengono consumati come dolci o snack tra i pasti; i pompelmi che normalmente si consumano come succo; infine i limoni che sono un additivo e il cui uso è direzionato alla preparazione di alcuni piatti oppure per il the o il GinTonic. Di questo ultimo prodotto le persone non guardano più di tanto al prezzo, considerato che è un prodotto da avere sempre in casa.
I consumi si stanno abbassando in prevalenza per arance, mandarini e pompelmi. Arance e mandarini condividono dei fattori che giustificano questo calo come il fatto di essere dei prodotti storici senza alcun aspetto di novità e perché manca una reale promozione del prodotto, come avviene invece per mele e banane. Infine il consumo di arance è fortemente condizionato anche dalla modalità di utilizzo, considerato che non sono un frutto facile da sbucciare.
Gli agrumicoltori europei stanno perdendo il loro mercato principale a causa della mancanza di una promozione coordinata di tutti gli attori, in particolare per la mancanza di azione della Spagna, per l’apatia di Italia e Grecia.
Guardando ai programmi di promozione europei, si nota come l’importo totale di oltre 1.850 milioni di euro non includa programmi di promozione per arance e mandarini. Una corretta promozione viene invece sviluppata per i limoni, unico prodotto che non sta registrando un calo dei consumi: a inizio secolo rappresentava il 15% del volume e valore delle vendite degli agrumi spagnoli e in questo momento rappresenta il 20% a volume e il 25% a valore.
In conclusione, se i produttori di arance e mandarini non faranno niente per migliorare la promozione di questi prodotti, avranno la loro parte di responsabilità sul calo dei consumi di questi prodotti dall’alto valore nutritivo e salutare.
Al di fuori degli agrumi, anche per gli altri prodotti i consumi rimangono in sofferenza.
In particolare per le mele si registra un declino simile alle arance, nonostante i frutti siano di qualità e la promozione portata avanti in particolare dai prodotti a marchio. Per quanto riguarda i meloni, il loro consumo diminuisce nonostante sia aumentata l’offerta, mentre le angurie rimangono in positivo anche grazie al trend delle senza semi.
Per le uve, prevalgono le seedless e le importazioni dal Cile e Perù mantengono un andamento lineare. Registra una notevole crescita l’avocado (aguacate) nonostante il prezzo elevato e anche i mirtilli (nonostante non appaiano ancora nei dati del ministero) si stanno affermando tra i prodotti più consumati nonostante i prezzi alti. Tra i prodotti vincitori della classifica ci sono le banane: cresce il numero dei frutti importati dall’estero mentre diminuiscono quelle locali delle Canarie. Questo rappresenta un pericolo per la produzione locale, che dovrà sforzarsi a valorizzare il prodotto e migliorare la produttività.