«Albicocche, il gelo ha bruciato fino all’80% dei frutticini»

Franceschelli (La Vallata): «È doveroso ragionare sulle conseguenze del cambiamento climatico»

«Albicocche, il gelo ha bruciato fino all’80% dei frutticini»

Nelle notti scorse il gelo si è fatto sentire sulle produzioni ortofrutticole emiliano-romagnole. Come avevamo anticipato nel nostro articolo (clicca qui per approfondire) tra le colture più colpite ci sono le albicocche e le drupacee in generale. Per un aggiornamento sulla situazione abbiamo intervistato Gabriele Franceschelli, agricoltore e contitolare dell’azienda La Vallata a Casalfiumanese (Bologna), azienda specializzata nelle colture di albicocche, pesche, nettarine, prugne e castagne.

Gabriele Franceschelli

“I danni maggiori li abbiamo registrati principalmente per le albicocche – spiega a IFN – considerato che le temperature sono scese di -4,9/-5 gradi centigradi nelle ultime notti bruciando la maggior parte dei frutticini. Per quanto riguarda le piante del fondo valle (che si collocano al massimo a 100/150 metri di altezza), i danni sono stati pari all’80/90% della produzione e solo in alcuni casi isolati del 100%. Sulle zone collinari invece abbiamo avuto meno problemi”.
La Vallata può contare su una protezione assicurativa contro il gelo ma non coprirà del tutto i danni: “Al termine di valutazioni e conteggi, credo che verremo risarciti di circa il 40/45% del totale della produzione”.
I danni sono stati ingenti anche su pesche e prugne ma è ancora presto per valutare gli effetti del gelo su queste colture: “Ne sapremo qualcosa di più entro il fine settimana, quando procederemo con le valutazioni sulle piante ma la situazione appare comunque grave”.

Sulle piante non rimangono che i frutticini completamente neri, bruciati dal gelo e destinati a cadere nell’arco di una settimana. “Su alcune piante rimangono solo le foglie e spesso neanche quelle – commenta il produttore –, si tratta di problemi causati dal cambiamento climatico che determina queste gelate tardive e improvvise”.
La sostituzione delle colture non appare per La Vallata tra le soluzioni possibili: “Lavoriamo con varietà innovative e, considerati gli investimenti fatti, abbiamo dei costi di ammortamento gestibili in un orizzonte di circa un decennio – dice Franceschelli – per questo non possiamo sostituire le nostre piante. In più, siamo conosciuti sul mercato per determinati prodotti e non possiamo cambiare il nostro orientamento aziendale da un giorno all’altro”. L’azienda non può contare nemmeno su metodi preventivi: “Non possiamo considerare i sistemi antibrina per proteggerci per due motivi", specifica Franceschelli. "In primis siamo vicini ad una strada statale dove queste applicazioni sono vietate, inoltre non è possibile utilizzare questi metodi in caso di dislivello dei terreni come si verifica da noi”.
Tra le soluzioni ipotizzate dal produttore c’è un cambio delle politiche interne: “Non possiamo affidarci solo alle assicurazioni perché a breve probabilmente non ci vorrà assicurare più nessuno e noi non possiamo fare impresa senza assicurazione. Dobbiamo pensare a dei cambiamenti strutturali a livello aziendale anche perché il cambiamento climatico non si arresterà a breve e neanche le problematiche collegate”.

E aggiunge: “È necessario che continuiamo a lottare per difendere produzioni, come appunto le albicocche, che ci hanno resi famosi sul mercato della grande distribuzione estera. Nonostante la nostra azienda sia economicamente sana, ci troviamo in un momento di profondo sconforto perché non riusciamo a vedere i frutti del nostro lavoro. Certo è la passione a motivarci sempre ma il cambiamento climatico incombe sul nostro settore ormai da quattro anni e dobbiamo pensare a come reagire. Finché le gelate avvengono nella fase della fioritura non ci sono problemi ma sui frutticini è tutta un’altra storia e il rischio è quello di perdere intere stagioni produttive”. 

La Vallata si ritrova a dover riorganizzare anche la sua gestione interna: “Possiamo contare su 20 dipendenti fissi ma ora le loro attività sono tutte da riorganizzare – specifica il contitolare -, è come se fossimo già a luglio e dobbiamo spostare avanti il lavoro nei campi. In questi giorni avremmo dovuto iniziare con il diradamento ma ora ovviamente non è più necessario”.
Va riorganizzata anche la commercializzazione aziendale – aggiunge – considerato che la produzione è carente quest’anno, per ‘salvare’ la stagione ci toccherà acquistare prodotto da altre aziende e investire sulla lavorazione in magazzino per la Gdo. Questo passaggio però non compenserà il gap produttivo che abbiamo quest’anno e credo sarà necessario accontentarsi del pagamento delle spese di lavorazione”.