Mille quintali di susine ad ettaro! La qualità? Un optional

Convegno Crpv: la produttività ad ogni costo tradisce il patto con il consumatore

Mille quintali di susine ad ettaro! La qualità? Un optional
1.000 quintali, ovvero 100 mila kg, 100 milioni di grammi quindi 2 milioni di frutti da 50 grammi. Quelli appena presentati sono i numeri che può produrre un ettaro di susine Angeleno.
Produzione abbondante? No, decisamente esagerata. Ed a confermarlo ci sono alcuni dati oggettivi che sono emersi nel corso del convegno "Sostenibilità dei nuovi sistemi di impianto in frutticoltura: risultati della sperimentazione in Emilia Romagna" organizzato dal CRPV e già illustrati in un recente articolo.

In quella sede si sono analizzati diversi impianti in relazione alla forma di allevamento, e si è evinto come la produzione fosse generalmente alta mentre in un caso superava i 1.000 quintali ad ettaro, più del doppio di una produzione già consistente.
Per sanare i dubbi sulla qualità del la produzione è stato effettuato un Panel test, che ha evidenziato come i frutti avessero un sapore al limite della sufficienza.

A questo punto è lecito porsi un paio di domande: come è possibile vendere una produzione così elevata e di così bassa qualità? E soprattutto, come è possibile mangiare una susina che non sa di niente?  Per la prima domanda è abbastanza facile, la si vende a prezzi molto bassi, preferibilmente all'estero dove, a quanto pare, piace anche la frutta cattiva (sarà poi così vero?). Per la seconda sinceramente non sapremmo.

Logicamente, a queste condizioni viene a mancare il requisito fondamentale per il famoso "patto col consumatore", ovvero la qualità organolettica. Chi è il colpevole? Il produttore? Le strutture organizzate? La distribuzione?

Apparentemente, in questo caso, la colpa sarebbe da attribuire al frutticoltore che favorisce la produttività alla qualità. In parte è vero, ma occorre sottolineare come nel caso di campagne commerciali drammatiche ci sia un livellamento verso il basso delle quotazioni fra prodotto di prima e seconda qualità, che obbliga il produttore a "spingere" sulla produzione  per salvaguardare la PLV. Ad esempio, se il prezzo medio di liquidazione è 20 cent/kg, e lo moltiplico per 1.000 quintali ottengo una PLV di 20 mila euro/ha, valore tutto sommato soddisfacente.

Alternative? Espiantare gli impianti come è accaduto negli ultimi anni con il pesco nelle regioni del Nord Italia, in quanto attualmente il sistema produttivo italiano non è in grado di creare un "circolo vizioso positivo", dove grazie a ad un offerta controllata, di qualità e garantita si possa creare soddisfazione nel consumatore e remunerazione nel produttore. Come fare? Abbiamo scritto parecchio in tal senso, ma non si sono ancora viste operazioni atte a concretizzare o per lo meno discutere tali proposte...

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